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Bene, Basher Assad se ‘è andato con la coda tra le gambe, ma con un discreto gruzzoletto che dovrebbe garantirgli un futuro sereno come ospite di Putin. Il condizionale è d’obbligo in quanto come è noto gli amici di oggi potrebbero, se la congiunzione astrale lo richiede, divenire avversari, nemici o magari preziosi soggetti di scambio se la contropartita assume un valore interessante. Ma stiamo parlando di futuro tutto ancora da immaginare. Certo, se effettivamente esiste una possibilità di accordo per porre fine all’invasione russa dell’Ucraina, a Putin potrebbe far comodo fare un regalino all’occidente consegnando l’ex leader siriano a un tribunale internazionale che prima o poi ne chiederà l’arresto. Ci sarebbe da chiarire un punto; Basher non è certo l’unico soggetto in giro per il mondo (in particolare nell’area mediorientale) ad essersi macchiato di crimini infami e dunque un eventuale richiesta di processo nei suoi confronti dovrebbe essere allargata di parecchio includendo molti di coloro che oggi si affrettano ad omaggiare il nuovo padrone (in realtà fittavolo) della Siria oppure quelli che senza troppi problemi se ne vanno in giro per quel Paese a bombardare quel che resta in piedi da quelle parti, senza peraltro smettere di fare a pezzi la gente di Gaza.
Detto ciò, una parola andrà pur spesa per la nuova situazione creatasi in quella parte del “Levante”, cercare di capire come si sia arrivati a questo punto e quali possano essere le sue evoluzioni. Potremmo cominciare a prendere in considerazione la figura di spicco delle formazioni che in quattro e quattr’otto sono riuscite a prendere il controllo del territorio fino a qualche settimana fa nelle mani di Assad. Al Jolani, nome di battaglia che deriva dalle sue origini nella regione del Golan, ha subito una trasformazione sorprendente nel giro di poco tempo, la sua figura di guerrigliero con tanto di barbone come uno si immagina quella di un islamista radicale (quello che è in realtà sempre stato) si è magicamente mutata. Uno che lo conosceva prima, fa un po’ fatica a riconoscere in quell’uomo dalla barba curata e dal vestiario all’occidentale il suo burrascoso passato. Non solo, ma visto che il nome con cui era conosciuto lo riportava ad un ruolo non esattamente da liberale o democratico, ha deciso di cambiarlo tornando alle origini. Al Jolani, oggi Abu Sahraa (il suo vero nome) nonostante il new look e le sue parole concilianti, rimane pur sempre un vecchio tagliagole che si è macchiato nel passato di crimini orrendi che il restyling non può certo cancellare.
Il personaggio di riferimento della nuova Siria è stato a capo di un gruppo di fanatici guerrieri dell’Islam, niente da invidiare all’Isis, che ammazzavano e torturavano tranquillamente chiunque non condividesse le loro idee. Bei tempi andati, insomma, anche se durante questi ultimi anni in cui il nostro eroe ha governato la sacca di Idlib, non lo ha certo fatto con i guanti di velluto. Le sue truppe si sono spesso scontrate violentemente con i loro vicini di casa, quelli del SNA che quanto a violenze e ammazzamenti non avevano nulla da invidiare ad HTS, anzi. I taglieggiamenti, omicidi, rapimenti, furti commessi nei confronti degli abitanti delle zone sotto il loro controllo, erano all’ordine del giorno.
Ecco, che un personaggio del genere sia ora considerato la persona a cui affidare il futuro della Siria invece che essere consegnato alle autorità competenti e adeguatamente processato, appare piuttosto bizzarro e dimostra senza troppi dubbi che la giustizia viene applicata a seconda delle convenienze e non in seguito alle nefandezze commesse. Ciò vale tato per lui e soci quanto per Netanyahu e Gallant. Vedere oggi Al Sahraa o Al Jolani che dir si voglia, in giacca e cravatta con la sua barba curata ricevere le autorità di mezzo mondo che fiutano il business della ricostruzione e delle conseguenti ingerenze nella politica della futura Siria fa un certo effetto. Sarebbe un po’, forse eccedendo nel paragone, come se dopo la seconda guerra mondiale, Mussolini e i repubblichini fossero stati riabilitati in seguito a promesse di democrazia e rispetto per i diritti d tutti.
Vedremo come andrà a finire in Rojava e nelle zone ancora gestite dalla coalizione kurdo-araba che governa il nord est siriano e dalle truppe del SDF. La Turchia è piuttosto chiara a tale proposito, non ci potranno essere territori controllate da altri soggetti autonomi se non da quelli riconosciuti rispetto al governo centrale. Se si considera che le principali risorse sono concentrate proprio in quell’area, nel NES (petrolio, acqua, terre fertili che garantiscono la possibile tenuta economica del futuro Stato), non è pensabile che vengano controllate da soggetti esterni rispetto al nuovo governo. Inoltre non è da ieri che Erdogan sostiene la necessità di una zona di cuscinetto all’interno della Siria che nel caso venisse completata farebbe definitivamente sparire i kurdi e il loro sistema di gestione democratica che, con tutti i suoi limiti, rappresenta un unicum in tutta l’area mediorientale.
Naturalmente le risorse di cui sopra e la questione kurda non sono l’unico problema da risolvere. L’economia del Paese è stata disintegrata e la maggior parte degli abitanti vivono in condizioni di povertà, la lira siriana e carta straccia anche se negli ultimi tempi pare avere arginato la deriva inflattiva di cui da anni soffriva.
Ad oggi non si capisce bene che fine faranno le basi russe nel Mediterraneo, mentre Israele continua imperterrito a bombardare tutto ciò che rimane degli armamenti, depositi e fabbriche di munizioni. Segno inequivocabile della poca fiducia di Tel Aviv nei confronti del nuovo governo. Non solo, ma approfittando della fluidità della situazione, le sue truppe hanno occupato (deve essere proprio un vizio) territori ben oltre la cosiddetta linea rossa stabilita dalle Nazioni Unite rafforzando la sua presenza nelle alture del Golan e prendendosi terreni strategici nella stessa regione. D’altra parte Trump sarà ufficialmente investito tra meno di un mese, e durante la sua passata presidenza aveva deciso unilateralmente che il Golan era israeliano. Non credo abbia cambiato idea e dunque l’accozzaglia di criminali al governo in Israele con ogni probabilità approfitterà per prendersi definitivamente anche quel territorio che attualmente ha occupato. Sempre illegalmente, ovvio; tanto infrangere le risoluzioni votate e approvate dal Consiglio di Sicurezza dell’ONU è uno sport piuttosto diffuso a Tel Aviv.
Nel frattempo, dopo l’ondata di profondo ottimismo dimostrato dalla gran parte degli Stati occidentali, qualche crepa comincia ad apparire all’interno della Siria. Niente che non ci dovesse aspettare, intendiamoci, ma fatti come quello dell’uccisione di una decina di poliziotti del nuovo regime nella regione di Latakia in cui interessi della famiglia Assad e della Russia si intrecciano, fanno capire che l’unità del Paese è ben lungi dall’essere perfino ipotizzata.
Basta spostarsi di un attimo verso est e ci si accorge che anche da quelle parti si deve fare i conti con gli interessi turchi che non coincidono con quelli Usa, almeno fino al 20 Gennaio. Poi si vedrà, ma nel frattempo le dichiarazioni di Erdogan che afferma che i kurdi o depongono le armi o verranno seppelliti assieme ai loro arsenali, non fa presagire rosei futuri per quella parte di popolazione. Intanto gli scontri tra SDF e SNA si fanno sempre più intensi e Kobane non si sa fino a quando potrà resistere all’accerchiamento da parte dei migliori alleati della Turchia; per l’appunto i fanatici del SNA.
Varrebbe la pena ricordare che se il governo dell’AANES (l’amministrazione autonoma della Siria del nord est a guida kurda) dovesse cadere, è probabile che le migliaia di ex combattenti e simpatizzanti dell’Isis, che nel sud di quella regione ha sempre avuto il suo terreno di coltura più fertile, per ora “ospiti” delle carceri (tipo Hasake ma non solo) e di molti campi profughi (tipo Al Hol ma non solo) sempre all’interno del NES, potrebbero ritrovare la libertà e la “licenza” di continuare quanto interrotto con la loro sconfitta militare (non ideologica) nel 2019.
Bene, mentre la taglia sulla testa di Al Jolani, pardon Abu Sahraa, è stata tolta e si cerca anche di rimuovere HTS dalla lista delle organizzazioni terroristiche, tutti si affrettano ad omaggiare l’ex capo di Al Qaeda scordandosi delle sue passate (ma recenti) scorribande e trasformandolo in un leader democratico simbolo del futuro della Siria. Fino a quando non è chiaro.
Auguri di buon Natale a tutti, ma soprattutto auguri alla popolazione siriana che rischia di finire dalla padella alla brace.
Docbrino