Tutti emozionati per la orrenda fine di Satnam Singh. Ma temiamo che presto tutto tornerà alla normalità di ordinario sfruttamento e schiavitù
Periodicamente l’Italia scopre di non essere popolata solo da brava gente, ma la consapevolezza dura il tempo che le notizie di cronaca hanno nell’uscire dalla stretta attualità scalzate da quelle successive magari ancora più orribili. E’ così per i femminicidi, è cosi per stragi sul lavoro. Poi passato il clamore dell’orrore tutto rientra nella normalità e ci si dimentica dei 1000 morti e 600mila infortuni all’anno frutto in molti casi di sfruttamento e quasi sempre del mancato rispetto delle norme di sicurezza. Insomma come polvere da mettere sotto il tappeto istituzioni, politica e purtroppo anche i grandi media che avrebbero strumenti per mantenere costante un riflettore su quelle notizie diventano presto smemorati. Temiamo sarà così anche per la vicenda di Satnam Singh resa ancora più dolorosa dalle modalità inumane co le quali il “padrone” ha cercato di scaricare e nascondere le responsabilità di quanto accaduto provocando alla fine la morte del giovane che se soccorso in tempo si poteva salvare. Oggi si è svolta in piazza della Libertà a Latina, la manifestazione di Cgil e Flai, la categoria dei lavoratori agricoli che assieme ad altre sigle denuncia, spesso inascoltata, una situazione di incredibile sfruttamento, alla manifestazione partecipa anche la segretaria del Partito Democratico Elly Schlein, era presente in piazza anche Nicola Fratoianni, leader di Alleanza Verdi e Sinistra. La Cgil chiede dignità, rispetto per la salute e la sicurezza dei lavoratori e l’impegno di tutte le istituzioni, le forze politiche e sociali nel contrastare lo sfruttamento, il caporalato e le condizioni disumane, spesso avvallate da norme che alimentano la clandestinità, in cui sono costrette a lavorare le persone nel settore agricolo. Cgil e Flai di Latina hanno deciso di promuovere una raccolta fondi per sostenere e non lasciare sola la famiglia di Singh. Tutto corretto, tutto come sempre. Così dopo l’orribile omicidio di Satnam Singh morto dopo aver perso il braccio in un macchinario abbandonato senza soccorso si “scopre” che l’uomo non aveva un contratto e che questa è praticamente la norma per molti altri lavoratori nell’agro pontino, dove l’agricoltura si regge sullo sfruttamento delle persone. Ma ovviamente non è quella l’unica zona dell’italica nazione dove lo sfruttamento ai limiti dello schiavismo è di casa: Nei campi italiani vengono sfruttate almeno 230mila persone certificano studi e denunce sindacali che stimano che un quarto di tutti i braccianti impiegati nell’agricoltura lavori senza un contratto regolare e in condizioni molto dure per una manciata di euro l’ora. Il più recente rapporto Agromafie e caporalato, pubblicato nel 2022 dall’osservatorio Placido Rizzotto del sindacato CGIL, stima che nei campi italiani vengano sfruttate centinaia di migliaia di persone, un quarto di tutti i braccianti. Da anni l’osservatorio studia il fenomeno dello sfruttamento in agricoltura, del caporalato e delle infiltrazioni mafiose con un prezioso lavoro di raccolta di segnalazioni e denunce. Dallo studio emerge che il lavoro irregolare ha un’incidenza elevata soprattutto in Puglia, Sicilia, Campania, Calabria e Lazio, dove si stima che oltre il 40 per cento dei lavoratori abbia un contratto irregolare oppure non abbia proprio un contratto. In molte regioni del Nord il tasso di irregolarità è solo leggermente più basso, tra il 20 e il 30 per cento. Ma anche il Friuli, aggiungiamo oi non è esente dal fenomeno. Sempre lo studio cgil ci dice che la componente femminile è rilevante. Sarebbero circa 55mila le donne che lavorano in condizioni di irregolarità e sottoposte a un triplice sfruttamento: lavorativo, retributivo – perché anche tra gli sfruttati la paga delle donne è inferiore a quella degli uomini – e infine sessuale e fisico. Non si può fingere di non sapere, già nel 2017 un’inchiesta giornalistica del Guardian e prima ancora un analogo lavoro del settimanale l’Espresso denunciarono le violenze sessuali a cui erano sottoposte le donne, soprattutto rumene, nella cosiddetta Fascia trasformata, un territorio coltivato lunga 80 chilometri tra le province di Siracusa, Ragusa e Caltanissetta, sulla costa sudoccidentale della Sicilia. All’epoca, secondo la cooperativa sociale Proxima che assiste le famiglie della zona il 20 per cento degli aborti segnalati in provincia di Ragusa veniva chiesto da donne rumene, che rappresentavano il 4 per cento della popolazione femminile. Insomma un orrore infinito. Sempre l’osservatorio Placido Rizzotto ha censito tutte le inchieste per sfruttamento lavorativo avviate dalle procure italiane nel quinquennio tra il 2017 e il 2021: su un totale di 438 casi 212, quasi la metà, hanno riguardato l’agricoltura. La maggior parte è stata aperta dalle procure del Sud, probabilmente anche per via della specializzazione dei magistrati su questo tema. Giovanni Mininni, segretario della FLAI CGIL, ha chiesto al governo di intervenire sul meccanismo del “decreto flussi”, la legge annuale che permette l’ingresso in Italia ad alcune categorie di lavoratori stranieri. L’ultimo provvedimento preso dal governo è del 27 settembre 2023, e ha fissato le quote d’ingresso per i prossimi tre anni: 136mila per il 2023, 151mila per il 2024 e 165mila per il 2025. Le quote d’ingresso sono state alzate per rispondere alle richieste delle categorie produttive che chiedevano un numero sempre maggiore di persone occupabili (nel precedente triennio le quote erano significativamente più basse: 30.850 per il 2020, 69.700 per il 2021 e 82.705 per il 2022). Questi ingressi regolari avvengono tramite il cosiddetto click day, cioè una prenotazione telematica su un portale del ministero dell’Interno. La CGIL ha chiesto un aumento ulteriore degli ingressi. «Oggi solo il 20 per cento di chi viene chiamato in Italia vede trasformare il proprio contratto a tempo determinato, tutti gli altri finiscono per rimanere nelle maglie del sommerso», ha dichiarato Mininni al Sole 24 Ore.