Un 25 aprile orfano delle piazze ma nel quale Mario Draghi ha demolito la stucchevole ipocrisia di una narrazione con l’assenza di colpevoli
E’ stato un altro 25 aprile orfano di pubblico in piazza solo cerimonie “povere” che hanno lasciato comunque il significato della ricorrenza intatto. Insomma anche quest’anno come nel 2020, in seguito alle restrizioni anti contagio, le cerimonie istituzionali si sono svolte in forma ristretta.
Eppure una novità c’è stata ed è la dichiarazione del premier Mario Draghi che uscendo dalla ormai solita e stucchevole narrazione degli ultimi anni alla ricerca di una finta concordia nazionale, con una frase ha giustamente demolito quel castello di ipocrisie che hanno accompagnato la ricorrenza del 25 aprile nel tentativo di svuotarne il significato storico in favore di una interpretazione stucchevolmente addolcita fino a farne una commemorazione slegata dalla realtà dei fatti storici sotto l’ombrello auto-assolutorio di “italiani brava gente”. Ebbene Draghi ricorda che non tutti gli italiani furono “brava gente” e che non scegliere oggi come allora è immorale. Insomma, Draghi nelle sue parole non nasconde che in Italia ci fu una guerra civile, drammatica quanto giustificata da una dittatura sanguinaria e non solo dalla presenza dello “straniero”. In Italia la storia che non può essere piegata alle bisogna del momento, ci dice che dopo l’8 settembre del 1943 ci fu una guerra civile e che come spesso, se non sempre, accade nelle guerre civili c’è chi stava dalla parte giusta e chi stava dalla parte sbagliata. Il giudizio su questo deve essere netto perché gli italiani che hanno combattuto per la Repubblica di Salò lo hanno fatto per difendere un doppio regime dittatoriale, quello di Mussolini e quello di Hitler. Come si fa quindi a non esprimere un giudizio morale. Come sarebbe sbagliato negare che vi furono errori e orrori anche dall’altra parte, ma la bilancia della storia ha già espresso le sue sentenze, oggettivamente e non sol perchè la storia la scrivono i vincitori. Però sarebbe altrettanto sbagliato arruolare Mario Draghi a sinistra, la sua storia personale, il suo essere uomo di finanza e capitale, lo rende poco credibile da questo punto di vista. Resta però una persona con onestà intellettuale, perfino superiore a molti uomini di presunta sinistra che in nome dell’unità nazionale non si sono fatti scrupolo per interessi politici del momento, di mortificare la storia e con essa i martiri della resistenza. Probabilmente Mario Draghi vede le questioni con l’oggettività di uno studioso, prevalentemente di economia nel suo caso, ma che come tecnico utilizza giustamente gli strumenti della conoscenza e non si lascia infinocchiare dalle esigenze politiche del momento o dalle influenze di quelli che l’hanno preceduto. La sensazione del momento è invece che Draghi, mettendo questo punto chiaro sul 25 aprile, abbia cercato di dire parole di palese verità e nel contempo dare un segnale preciso a Matteo Salvini e Giorgia Meloni ed in generale alla destra italiana perchè non solo rompa definitivamente ogni legame con lo sciagurato passato evitando l’ignobile tentativo di bilanciare stragi con stragi, pezzi di storia con pezzi di storia. Una richiesta che quindi va oltre la ricorrenza e chiede serietà anche sulle attuali sfide. Temiamo purtroppo che il tentativo fallirà perchè purtroppo l’idea che nasca in Italia una destra anche forte e solida nelle sue rivendicazioni cozza non solo con lo stile dei sopracitati personaggi ma proprio con il fatto che non sono stati fatti davvero i conti con il passato mantenendo intonso stile e ideologia, con tanto di strizzate d’occhio ai neofascisti in odore di razzismo, ma soprattutto con una propensione alla populistica rincorsa del consenso a colpi di becera propaganda. Una mancanza di crescita autenticamente democratica di gran parte della destra che ha costretto oggi un leader moderatissimo come Draghi a spiegare l’ovvio.
Fabio Folisi