Una polveriera chiamata mondo: Sono 59 i conflitti in corso, quello in Ucraina è solo più vicino
Le immagini delle vittime, delle distruzioni di case ed infrastrutture civili, di fosse comuni, di bambini terrorizzati o di anziani ormai senza futuro che giungono dall’Ucraina così come da tutte le altre zone di guerra, anche quelle dimenticate, non possono lasciare indifferenti. Del resto morti e distruzioni si somigliano a qualsiasi latitudine. La guerra è una follia, la negazione dell’umanità, è il cancro della convivenza tra le nazioni. Nonostante su questo, almeno a parole, tutti si dicono d’accordo, fin dalla notte dei tempi la forza, la sopraffazione sono state l’elemento fondante della storia umana. Se ci pensiamo è con la forza che si sono da sempre affermate le leadership, si è imposto il concetto di proprietà, si sono creati regni, imperi e nazioni. Quindi nessuna meraviglia che ancora oggi il cannone non abbia mai smesso di tuonare e questo nonostante nello scorso secolo ben due guerre mondiali avrebbero dovuto convincere che il livello distruttivo delle armi moderne rischia di diventare annientamento totale. Nonostante questo di conflitti attivi, al marzo scorso, se ne possono contare ben 59, almeno secondo i dati riportati dalla Ong, Armed conflict location & event data project (Acled), che si è specializzata nella raccolta, nell’analisi e nella mappatura dei conflitti. L’elenco è lungo: una delle prime che viene in mente è la sanguinosa decennale contesa territoriale tra Israele e Palestina, senza che mai si sia riusciti ad arrivare ad una negoziazione risolutiva, al massimo solo periodi di relativa assenza di scontri. Poi l’Afghanistan dove i talebani hanno riconquistato il potere l’estate scorsa dopo il disastroso ritiro occidentale dal Paese, scatenando però la resistenza del gruppo armato clandestino Panjshi. Nella medesima area abbiamo la Siria dove dal 2011 permane una terribile guerra civile di cui non si vede la fine, nonostante le immani distruzioni operate dagli eserciti e dalle aviazioni straniere, Russia in testa, in difesa del regime del presidente Bashar al-Assad. Ma c’è anche la Nigeria dove l’ultimo fronte aperto vede in azione il gruppo terroristico di Boko Haram nel Nord-Est del Paese. Rimanendo nel continente africano, anche l’Etiopia vede un altro conflitto, dal novembre 2020. Una guerra fratricida che sta devastando una gran parte del Paese. Le due parti in campo sono, da una parte il governo federale etiope, dall’altra i ribelli della regione del Tigray che vogliono più autonomia. Abbiamo poi le ostilità in Yemen tra sciiti e sunniti che secondo l’Onu, ha causato 400mila morti. I combattimenti sono iniziati nel 2014 per poi intensificarsi nel 2015 e, ancora oggi il conflitto uccide, devasta e mutila. C’è poi il conflitto armato che coinvolge il Myanmar, la ex-Birmania, considerata “la guerra più sconosciuta del mondo”. Questo perché si tratta di un conflitto “a bassa intensità”, ovvero prolungato nel tempo con scontri non continui. In questi primi mesi del 2022 sono già più di 4.000 le vittime militari e civili perite negli scontri. Potremmo continuare l’elenco, ma in questo quadro di guerra “mondiale” a pezzi, come l’ha definita il Papa dal febbraio scorso è giunta prepotentemente l’aggressione della Russia all’Ucraina, una guerra nel cuore dell’Europa che fa molta paura perché potrebbe essere potenzialmente la scintilla per un nuovo scontro mondiale diretto fra grandi potenze. Le immagini che vediamo in questi giorni stanno mettendo sotto gli occhi di tutti, di nuovo, che cos’è l’orrore della guerra, quali siano le sue conseguenze, quale sia il prezzo che civili e intere società devono pagare. Difficile capire come fermare tutto questo, forse andrebbe ridiscusso il ruolo dell’Onu che sulla carta avrebbe tra i suoi obiettivi principali il mantenimento della pace e della sicurezza mondiale. Peccato che il meccanismo dei veti nel Consiglio di sicurezza ne infici alla base le possibilità operative rendendolo nei fatti una scatola vuota. Ma di certo non si potrà fermare nulla solo invocando la pace ma imponendola con tutti i mezzi. Ma proprio tutti.