28-30 ottobre: incarico di formare il governo italiano a Benito Mussolini: un anniversario ingombrante
I prossimi 28-30 ottobre potranno essere celebrati come il centenario dell’affidamento dell’incarico di formare il governo italiano a Benito Mussolini. Piuttosto impropriamente la stessa data viene ricordata come la “marcia su Roma”. Probabilmente non c’è alcun nesso ma può succedere che in quegli stessi giorni si completino le procedure per la formazione del nuovo governo derivato dalle elezioni del 25 settembre 2022. Salvo sorprese o magici artifizi, ogni previsione indica Giorgia Meloni.
Come sempre ci sono due punti di vista alternativi: uno positivo, finalmente una donna presidente del Consiglio, uno negativo, le reminiscenze fasciste che la sua appartenenza politica ispira. Sono da tempo convinto che cento anni di storia non sono passati invano, perlomeno in Italia, e che ormai citare le forme politiche istituzionali del 900 rischia di deviarci dalla comprensione del presente, ma certamente si deve prendere atto della crisi profonda attuale delle democrazie rappresentative e della incapacità generale di rifondarle o sostituirle con qualcosa di decente. “Autocrazie” e “democrazie illiberali” forse sono meglio delle “democrazie rappresentative a partito unico” (Cina) ma il dominio di maggioranze vere o presunte puzza sempre di dittatura. Spero non sia questa la strada che ispira la destra “dio, patria e famiglia” in procinto di governare l’Italia. La iconografia “salviniana” dell’ultimo periodo sembra più una reminiscenza nazional-popolare “anti iella” che un programma politico.
E’ tuttavia interessante notare che, non di programmi di governo si discute in questi giorni ma di come gestire le candidature di una legge elettorale in cui ogni decisione appartiene ai capipartito e che funziona non molto diversamente dalla agognata legge Acerbo che il duce potè imporre solo dopo la presa del potere. Nel 2018 il meccanismo saltò a causa dell’imprevista performance del M5S, ma oggi il Rosatellum congiunto alla riduzione del numero dei parlamentari potrà finalmente produrre un governo “come si deve”. La brama maggioritaria del PD ha vinto, salvo che l’esperimento lo farà la destra a egemonia FdI. Come dire “Taffazzi”. Ma qual è il programma politico sostanziale che la destra al procinto di andare al governo può oggi permettersi? Blandire gli anziani con vaghe promesse pensionistiche e retributive ma soprattutto assicurandoli che non arriveranno immigrati a delinquere e ledere i loro diritti, erigere un muro di contenimento nei confronti del sesso e della droga, difendere tutti fino all’estremo dal pericolo delle tasse sulla casa e sulle successioni. Difficilmente l’operazione no-Robin Hood (flat tax, pace fiscale, togliere ulteriormente ai poveri per dare ai ricchi) potrà avere successo senza una evidente distruzione dei servizi statali, salute e istruzione innanzitutto, ma la propaganda continuerà e un qualche successo potrà averlo in un paese dove la forse principale sensazione di ricchezza di massa sta nelle transazioni immobiliari. Tutto questo appartiene ancora alla scuola “berlusconiana” ed alla sua magica capacità di costruire consenso, ma qualcosa di realmente conservatore e reazionario dovrà pur mettere in campo la novità di FdI. Non credo che i suoi esponenti possano continuare a lungo a mantenere l’attuale immagine di moderati mediatori tra padroni ed operai (o meglio tra ricchi e poveri) con venature di appartenenza ad una cultura “solidarista e ambientalista”. E qui, visto che di uscire dall’euro e dalla UE non se ne può parlare, non può che emergere una riscoperta di “interessi nazionali” da salvaguardare. Alcuni di carattere industriale non mancano: per una qualche sovranità tecnologica o magari per dare una mano all’Europa. Ma andrei oltre. La politica estera è una risorsa da non trascurare. Non abbiamo alcuna Transcarpazia da riconquistare ma sicuramente un esercito da riarmare e ricostruire; non possiamo permettere che siano solo albanesi e croati a trivellare l’Adriatico alla ricerca di idrocarburi; la Libia è una sponda da cui non conviene essere assenti (peraltro ottobre 2022 coincide con gli 80 anni della sua perdita militare) e le mire della Turchia vanno represse. Tutto rigorosamente in ambito Nato, per carità, magari costerà un po’ troppo, ma quando ci vuole ci vuole. I vecchi missini “sansepolcristi” attualmente in FdI chiamano Giorgia Meloni “sora Lella” e naturalmente non amano che il maschio fascismo padano sia oggi in qualche modo rappresentato da una dinamica signora romana, perdipiù che si definisce anche “cristiana”. Ma si adatteranno alle nuove occasioni di governo e di amministrazione. Quelli del III millennio devono ancora decidere se stare con la Russia o con l’Ucraina. Meglio che rimangano in Donbass. Giorgio Cavallo