50mo di fondazione del Comune di Vajont: Emanuele Zanon in rappresentanza del Consiglio Regionale FVG

 La storia del comune di Vajont è «esempio virtuoso di ripartenza, un modello di ricostruzione e riscatto che, in un certo modo, ha anticipato di qualche anno, un altro leggendario emblema di rinascita, rappresentato dalla ricostruzione del Friuli post terremoto. L’immane tragedia che ha dato origine a questo paese non può e non deve essere dimenticata, soprattutto in quanto monito, affinché l’uomo abbia il massimo rispetto per la natura e per l’ambiente e non permetta che si ripetano simili tragedie, poiché, chi non ricorda ripete. Oggi, anche sulla base di questa esperienza, dobbiamo rivolgere il pensiero al futuro, con occhi di speranza e fiducia per affrontare una nuova difficile prova, che è la ripresa dopo la crisi sanitaria, economica e sociale che in quest’ultimo anno ha imperato a causa della pandemia da Covid» così il Consigliere Emanuele Zanon che quest’oggi ha partecipato alle commemorazioni per il 50° anniversario della fondazione del Comune di Vajont, in rappresentanza del Consiglio Regionale del Friuli Venezia Giulia su delega del suo Presidente Piero Mauro Zanin.

«La nascita di questo paese è legata in forma indissolubile all’immane tragedia causata dalla frana del Monte Toc, pernicioso evento del 9 ottobre 1963, ancora vivo e presente nella memoria collettiva dell’intera Nazione, che ha lasciato un’indelebile lacerazione nella nostra storia recente. Al dramma delle morti si aggiunse un ulteriore evento traumatizzante, quello dell’esodo e della successiva ricostruzione materiale e immateriale di questa comunità che con referendum del 6 aprile 1964 (pur in un clima di acceso confronto) optò per costruire un nuovo paese a valle in località “Ponte Giulio”, nell’area denominata “Bosco dell’Impero”, integrata alla fiorente cittadina di Maniago» ha ricordato il Consigliere regionale Zanon.

«A seguito della travagliata decisione del Consiglio comunale del 23 aprile 1971, con la legge regionale 22 del 16 giugno 1971 venne stabilito il “Riconoscimento dell’insediamento abitativo di Erto e Casso, formatosi nel territorio del Comune di Maniago, prima come isola amministrativa di Erto e Casso, e poi, con l’entrata in vigore della stessa legge, la scissione in due comuni (Erto e Casso e Vajont). Non tutti i circa 1800 cittadini di Erto e di Casso decisero di lasciare i loro vecchi abitati, così nel 1971 solo 732 persone trasferirono la loro residenza a Vajont, dando origine ad un contenuto ma significativo nucleo di abitanti. Un nuovo paese che ha dovuto pertanto costruire, insieme alle strutture materiali, anche l’insieme di tali valori intangibili, cioè l’ethnos» ha aggiunto il rappresentante del Consiglio Regionale del Fvg.

«Con lo sguardo odierno, possiamo affermare che quella sfida è stata positivamente superata, anche grazie alla funzione unificante della Chiesa, della parrocchia, dei luoghi e istituzioni civiche, delle occasioni di aggregazione sociale, anche attraverso i preziosi sodalizi del volontariato. Cinquant’anni fa, non è nato solo un nuovo paese, ma è rinata una nuova comunità, che ha saputo da un lato mantenere saldi i legami con le proprie origini e dall’altro essere aperta e inclusiva nei confronti dei nuovi abitanti, popolazione che attualmente conta circa 1800 residenti. Esempio virtuoso di ripartenza, ricostruzione e riscatto che ha anticipato di qualche anno un altro leggendario emblema di rinascita a seguito di un evento catastrofico, la ricostruzione del Friuli post terremoto. Vajont è figlio della tragedia, ci insegna che nonostante il trauma dovuto al dramma, è il valore identitario che tine unita la popolazione ciò che ci consente di ricostruire. Un insegnamento quanto mai attuale oggi alla luce delle ingenti risorse finanziarie del PNRR che in sintonia con il Green Deal europeo, ci devono guidare nelle scelte di ricostruzione europea, italiana, e per la nostra regione, con particolare attenzione ad ambiente e natura, al cambiamento climatico, alla prevenzione dai rischi idrogeologici. Ma anche ad investire sui piccoli centri, che costituiscono il grande patrimonio dell’Italia nella sua ricchissima diversità culturale, identitaria, linguistica. Da un lato perseguire l’evoluzione e il progresso tecnologico, dall’altro preservare l’ambiente valorizzando le peculiarità locali e la vivibilità dei nostri territori» ha concluso il Consigliere Emanuele Zanon.