Alla ricerca dei razzisti perduti…. Capri espiatori cercasi disperatamente

La brutta vicenda di sabato scorso allo stadio  di Udine durante la partita di calcio disputata tra Udinese e Milan, sta mettendo in primo piano l’enorme ipocrisia che ruota intorno al mondo del calcio e non solo in Friuli Venezia Giulia. Ovviamente, dopo la vampata mediatica, è arrivato il momento di buttare acqua sul fuoco e di leccarsi le ferite. Negare, negare anche davanti l’evidenza. Minimizzare è l’imperativo categorico, non erano cori, ma semplici intemperanze di un gruppetto, anzi di uno solo… E’ stato un complotto gridano alcuni.  Insomma l’omicidio c’è stato ma non con 30 coltellate ma solo una o due, mentre il fatto che tutto si è svolto fra sorrisetti divertiti e senza che nessuno sugli spalti si indignasse, sembra un fatto trascurabile. Cosa c’è di meglio quindi che trovare uno o più capri espiatori, le mele marce nel cesto enorme di frutti sani, da eliminare con il verme del razzismo che li dilania dall’interno. Tutto si spiegherebbe, tutti contenti.  Fosse davvero così, sarebbe una bella favola a lieto fine nel solco di “tutti vissero felici e contenti”. Ma guarda caso questa è la soluzione comoda che assolve tutti, i “tifosi” rei solo di correa “indifferenza”, le società sportive che danno un colpo al cerchio e uno alla botte, le istituzioni e la politica che i problemi del mondo del calcio non li vogliono affrontare se non nella logica degli affari e come bacino elettorale. E invece che razzismo è violenza siano di casa negli stadi, compreso quello di Udine, è una realtà che solo chi è in malafede non vuol vedere. Che poi in Friuli il germe del razzismo e dell’ignoranza siano merce facilmente riscontrabile nel tessuto sociale, è realtà, scomoda, ma palese. Negarlo agitando lo stereotipo “friulani: sani onesti e lavoratori” è come agitare lo slogan Dio, Patria e famiglia, solo becera e insopportabile propaganda. Basta fare un giro per bar e osterie del Friuli, per sentire costantemente dai discorsi che quel germe malefico contro i diversi è ben presente. Certo questo non vuol dire che un intera città o territorio siano “malati”, che vi sia una maggioranza assoluta di razzisti seriali. Ma minimizzare il fenomeno negandolo sarebbe altrettanto colpevole e idiota. E’ certo invece che esista una diffusa incapacità di indignarsi, indifferenza che, bisogna ricordarlo, è storicamente stata il brodo di coltura favorevole perché certi fenomeni prendessero piede. Basta pensare alle leggi razziali, macchia ancora indelebile e mai cancellata del tutto nella responsabilità dell’Italia nei confronti del mondo civile. Insomma il fenomeno esiste e trova ampia rappresentanza anche nel voto elettorale e in qualche allucinante successo editoriale. Per questa ragione abbiamo deciso di non fare da grancassa mediatica a nessuno dei tanti comunicati della politica, perché l’ipocrisia non ci piace e la riteniamo fattore bipartisan insopportabile. Un giornale può permettersi di stare semplicemente sulla notizia e di commentare la cronaca, la politica dovrebbe trovare soluzioni e non fare mera propaganda. L’episodio di sabato scorso è in realtà balzato più di altri all’evidenza della cronaca perché è avvenuto in diretta televisiva con eco globale, ma in realtà non solo non è caso isolato, ma addirittura esistono dati precisi già raccolti dalle autorità sportive e di pubblica sicurezza. Nello scorso campionato erano stati segnalati numerosi “casi” di razzismo ed esistono percentuali dalle quali si evidenziava che i calciatori di colore sono il primo bersaglio dei casi di razzismo (39%), seguiti da quelli dei Balcani (11%) e dell’America Latina (8%). A questi si aggiungono episodi di insulti e violenza che riguardano gli arbitri con almeno 151 casi subiti dall’inizio della scorsa stagione e non solo nelle serie maggiori. Quindi che la politica “cada dal pero” è inaccettabile, esistono addirittura due osservatori dei fenomeni sono l’ONMS, Osservatorio Nazionale sulle Manifestazioni Sportive e l’Osservatorio contro gli Atti di Discriminazione Razziale (OSCAD) che ha avviato già nel 2022 una mirata attività di rilevazione del fenomeno degli atti discriminatori in occasione delle manifestazioni sportive, con particolare riferimento ai comportamenti riconducibili al razzismo. Ambedue gli osservatori sono presso la Direzione Centrale della Polizia di Prevenzione del Dipartimento della Pubblica Sicurezza del Ministero degli interni. Insomma i dati esistono, ma viene il dubbio che vengano rispolverati solo di volta in volta quando avvengono fatti eclatanti. Quindi scoprire oggi che negli stadi il germe malefico del razzismo e quello della violenza più cieca e becera siano di casa, è come scoprire l’acqua calda. La situazione andrebbe analizzata in tutta la sua portata sociologica e politica, perchè è innegabile vi siano contatti fra tifoserie e forze partitiche che strizzano l’occhio agli ultras ritenendo quei soggetti utili, magari utili idioti, ma comunque utili al bisogno. Ma basta questo per spiegare la scarsa propensione nel cercare soluzioni? In realtà chi dovrebbe fare non fa e chi dovrebbe trovare soluzioni neanche ci prova, perché, diciamolo chiaro, mettere anche solo un cacciavite nel mondo del calcio, è affare elettoralmente delicato e nessuno vuole prendersi la responsabilità di agire sul serio perché la cura dovrebbe essere davvero impegnativa e impopolare. Quindi, ancora una volta, esaurito il clamore sul caso Maignan tutto rientrerà nell’alveo dell’indifferenza, magari dopo aver agitato come trofeo la testa di qualche demente da stadio che più degli altri si esposto. Insomma trovato uno o più capri espiatori, comminati gli inutili Daspo e additate le “mele marce” al pubblico ludibrio, si tornerà al tran tran quotidiano, fino al prossimo episodio quando la giostra milionaria tornerà a girare. Non c’è da sperare che vengano evidenziate le responsabilità dei club nel mantenere inconfessabili rapporti con tifoserie violente o la trattazione del fenomeno da parte dello Stato in maniera blandamente repressiva, perchè il manganello è più facile e politicamente utile usarlo contro chi manifesta per il lavoro o la salvaguardia dell’ambiente, che contro le tifoserie razziste. Così adesso, passati i giorni  dove abbiamo assistito ad ogni tipo di commenti e giudizi, alcuni di ipocrita incredulità, altri tesi a minimizzare, altri a agitare clava e manette, aspettiamo che la notizia scemi per uscire definitivamente dalle pagine di cronaca. Non siamo ipocriti…prima sarà, meglio sarà.