Alla riconquista dell’Impero… speriamo di no

Il novello conquistatore

Nel gennaio 2019 sono andato in Etiopia sulle orme di mio padre che aveva partecipato alla conquista dell’Impero dal 1935 al 1937. Mi aveva lasciato due stupendi album di fotografie in bianco e nero e non potevo mancare al richiamo dell’Africa e alla sua riconquista sulla potente spinta sovranista di Capitan Salvini. In venti giorni non puoi capire un paese, anche se le letture aiutano molto. Vi propongo alcuni scorci.
L’Etiopia si presenta come un paese povero, ma non misero, con una storia millenaria a partire dall’antico testamento e, dal 300 d.c. , su un cristianesimo ortodosso, in origine copto. Il rito è quello di Costantinopoli, congelato è immutato da 1700 anni. Il cemento che ha tenuto unita l’Etiopia è rappresentato dalla religione e dalla religiosità della popolazione. Re Salomone e la regina di Saba sono un mito fondante. Nella parte centrale delle numerose chiese, alcune molto belle costruite nella roccia, è conservata copia dell’Arca, delle tavole della Legge. Dopo l’attentato a Graziani nel 1937, Mussolini ordinò la repressione indiscriminata della popolazione ed una mirata nei confronti dei vertici della chiesa. Furono impiccati o fucilati un migliaio di religiosi considerati gli intellettuali e la forza dello Stato. Negli anni dell’occupazione il fascismo italiano utilizzò per la repressione le tribù Galla di fede mussulmana. Guarda un po’ come va la vita. Oggi i preti sono 2.000.000 su una popolazione di 105.000.000, un peso difficilmente sopportabile in uno stato moderno.
Al ritorno la domanda più frequente che mi son sentito rivolgere è: come siamo accolti noi italiani. E’ sottinteso: come siamo accolti noi che abbiamo occupato il loro paese, che abbiamo utilizzato in gran quantità l’iprite sul fronte Sud (Graziani) e sul fronte Nord (Badoglio)? Però abbiamo fatto le strade e molti edifici nei centri delle poche città dell’Etiopia. Ci accolgono bene. Il Negus, appena rientrato in patria nel 1941, con lungimiranza aveva dato ordine di non toccare gli italiani residenti perché erano indispensabili sia per le infrastrutture, sia per controbilanciare l’invadente presenza Britannica.
Il Paese, dopo anni di guerra con la Somalia e l’Eritrea,e dopo 17 anni di feroce dittatura del Negus rosso Menghistu, sta cercando con fatica di uscire dalla povertà guardando all’Europa. Cerca di non farsi stritolare dall’abbraccio cinese e da quello mortale dell’Arabia Saudita che costruisce moschee e distribuisce elemosine per diffondere il suo credo wahabita estremista.

Abitazioni nelle campagne: eucalipto, fango e paglia, sterco, lamiera cinese;

Gran parte delle abitazioni sono capanne costruite con pali di eucalipto, smaltati con fango e paglia, lisciati con sterco. La copertura è moderna: lamiera cinese prodotta in Etiopia. Niente acqua, luce, servizi igienici e camini. Si cucina su un braciere che affumica i polmoni. Si ara la terra, ogni angolo di terra, con l’aratro di legno con una piccola punta di ferro, trainato da uomini ma anche da buoi. Rispetto all’età Omerica il cambiamento è segnato da una parabola satellitare che apre una finestra su un mondo da favola. Uno su 10.000 cerca di andarsene, di rischiare la vita è di venire in Europa. Vi sembrano troppi? Cosa farei io, cosa fareste voi? Raccoglierei un po’ di denaro nella mia famiglia allargata e… via come il vento per necessità economica con l’impegno di aiutare quanti rimangono.
Ogni tanto una parabola; quanto basta perché uno su diecimila decida di andarsene in Europa

Qualche parabola ricorda che siamo nel terzo millennio

 

Adua. A fine febbraio del 1896 Crispi inviò l’ordine perentorio di attaccare le truppe etiopiche del Negus. Il generale Baratieri, invece di attestarsi in una solida difesa, eroicamente obbedì all’ordine folle e diede il via all’attacco. Morirono un migliaio di soldati e quasi tutti gli ufficiali, mentre il generale Baratieri si diede alla fuga.

Monumento ai caduti nella battaglia di Adua nel 1896

Adua fu la conseguenza dell’avventurismo, dell’improvvisazione e delle velleità di chi cercava, con un’impresa coloniale, di tacitare i propri fallimenti in politica economica e sociale. Come sempre, a rimetterci furono i ragazzotti in divisa, che nonostante la disfatta si batterono eroicamente. A ricordo c’è una stele abbandonata in un recinto sporco. L’abbiamo pulito e lasciato 300 Bir (10 euro) ad una persona con la speranza che lo curi nelle prossime settimane. Caro Ministro e caro Ambasciatore con 1.500 Bir si può mantener pulito il monumento tutto l’anno. La Patria, che sbandierate tanto, lo deve a quelle giovani vite.
L’impresa italiana, “Aiutiamoli a casa loro” dice Salvini. Chi non è d’accordo? Nelle foto il risultato dell’aiuto fornito dal Governo italiano a guida FI e Lega Nord (Salvini, Salvini …) nel 2003. La risistemazione, si fa per dire, della linea ferroviaria da Gibuti ad Addis Abeba è stata eseguita dal Consorzio d’imprese Consta di Padova (area Comunione e Liberazione) con un finanziamento europeo di € 90 milioni dal governo FI e Lega Nord (ah Salvini mio!), ha impiegato oltre 8 anni dal 2003 per NON ristrutturare la vecchia linea.

In attesa del treno italiano che non passerà mai… si cammina sulle acque.

Il treno purtroppo non vuol saperne di passare sulle rotaie in ammollo. Geologo, progettista, Amministratore delegato e politici di governo sono a piede libero, ricercati dal leone etiope. Forza leone. I cinesi hanno realizzato la ferrovia Gibuti-Addis Ababa in 5 anni e dal 2016 il treno sfreccia veloce su rotaie a scartamento ordinario trasportando passeggeri e merci cinesi.

I cinesi nel frattempo sfrecciano con il loro treno