Anniversario delle atomiche sul Giappone, ma non è solo storia, quest’anno la possibilità di nuovi drammi nucleari è più concreta
Dal 6 al 9 agosto è l’anniversario delle stragi atomiche dove centinaia di migliaia di civili e due intere città vennero completamente distrutte. Parliamo di Hiroshima e Nagasaki. Da quel momento la consapevolezza dell’esistenza di armi strutturalmente genocide e più inumane delle altre, divenne certezza. Per questo ancora oggi, a 77 anni di distanza, è importante ricordare le tragedie dei bombardamenti atomici sul Giappone del 1945. Ma quest’anno le celebrazioni si svolgono in un contesto più delicato e preoccupante del solito in particolare per la drammatica guerra in corso in Ucraina e soprattutto perché la Russia di Putin e il suo regime non solo hanno deciso una criminale invasione, ma lo hanno fatto facendosi scudo proprio con la minaccia nucleare che era rimasta silente, come “deterrenza” inattiva, dalla fine della guerra fredda ad oggi, guerra fredda che viene convenzionalmente fatta coincidere con la caduta del muro di Berlino (9 novembre 1989) e la successiva dissoluzione dell’Unione Sovietica del 26 dicembre 1991. Ma è con la minaccia di Putin che si è modificato il giudizio di parte degli analisti su queste armi, che da portatrici di “sicurezza” perché nessuno può vincere, sono diventate strumenti di orribile ricatto perché le versioni “depotenziate” vengono considerate in taluni ambienti militari, plausibilmente utilizzabili. A Roma, in Piazza del Pantheon, con la regia ormai ventennale di Athos De Luca, presidente del Comitato “Terra e Pace”, è stato celebrato il 77° anniversario del disastro di Hiroshima (un giorno prima per garantire più partecipazione). Questa edizione ha attirato molti più giornalisti e fotografi, per due motivi: la guerra in Ucraina e i suoi spettri nucleari e la partecipazione del Sindaco di Roma Roberto Gualtieri che nel suo intervento ha spiegato che mai come questo anno è importante ricordare cosa la guerra può portare e ha portato con sé, in uno dei momenti più drammatici della storia dell’umanità. “L’anniversario di Hiroshima, ha detto, deve costituire un monito perenne nei confronti dell’umanità perché mai più, mai più, si utilizzino le armi nucleari e mai più la guerra venga considerata un legittimo strumento per risolvere le controversie internazionali, come dichiara la nostra Costituzione”. Discorso certamente condivisibile, ma bisogna avere la consapevolezza che il fuoco più devastante e pericoloso: quello nucleare è un fuoco distruttivo in mano a pochissime persone al mondo, usato politicamente come minaccia reale, mantenuto e perfezionato con enormi costi e sicuramente il pericolo permanente più grave per umanità e il pianeta. Rimane un vulnus pesante per la democrazia e viene da chiedersi che senso ha votare i propri rappresentanti se i capi di Stato, di Governo e i Parlamenti sono totalmente succubi di scelte e ricatti imposti dai potenti detentori delle armi nucleari e non possono accettare la volontà dei popoli, che dovunque alberghi il buon senso si esprimono contro la proprietà e la presenza del nucleare militare? Sono troppe le persone rassegnate ad accettare la situazione esistente, ma proprio per questo non bisogna rassegnarsi e chiedere che vada avanti la Conferenza di Riesame del Trattato di Non Proliferazione Nucleare (rimandata di due anni a causa della pandemia). Questa trattativa di cui si parla troppo poco è un pilastro fondamentale del percorso di eliminazione delle armi nucleari andando progressivamente al disarmo completo. La Conferenza di revisione del Trattato di Non Proliferazione Nucleare (TNP) si svolge inevitabilmente in un contesto di sicurezza internazionale in rapido deterioramento, con un aumento del rischio reale di utilizzo di armi nucleari, aggiungiamo che anche il nucleare civile non è meno problematico e appaino anacronistici e pericolosi i tentativi i atto anchein Italia di ripescare in nucleare dall’oblio dove era stato cacciato dalla volontà popolare. Le centrali nucleari restano pericolose, non solo perchè, come dimostrato dai tanti incidenti occorsi gli eventi naturali, come terremoti, tsunami e calamità climatiche non sono prevedibili nella loro entità, ma perchè è la stessa presenza di un impianto ad essere potenzialmente obiettivo di azione violente umane, terrorismo, ma anche guerre.
Basti pensare a quanto sta accadendo in queste ore in Ucraina dove uno dei reattori della centrale nucleare di Zaporizhzhia, sotto il controllo delle forze russe, ma gestito da tecnici ucraini, è stato spento dopo che un bombardamento, sul quale si rimpallano le responsabilità, ha causato un grave rischio per il funzionamento sicuro dell’impianto. A dirlo è stata la società ucraina per l’energia atomica Energoatom: “In seguito dell’attacco alla centrale nucleare di Zaporizhzhia, hanno spiegato tecnici, il sistema di protezione di emergenza è stato attivato su uno dei tre reattori funzionanti, che si è spento”. Praticamente la centrale che ha sei reattori ora è funzionante per metà, ma con rischi enormi e non solo per la popolazione di prossimità, ma come Cernobyl ci ha insegnato, per una parte dell’Europa.