Apertamente – La battaglia di Gorizia Settembre 1943
La battaglia di Gorizia fu la prima battaglia partigiana d’Italia e vide impegnati nella Brigata Proletaria circa 800 lavoratori, uomini e donne dell’Isontino, della Bassa friulana, del cormonese e del goriziano, mobilitati nel tentativo di contrastare l’occupazione tedesca della Venezia Giulia all’indomani dell’armistizio. I lavoratori che diressero la Brigata Proletaria e che ingaggiarono i combattimenti, dal 8 sino al 30 del mese, erano i comunisti attivi al Cantiere navale di Monfalcone durante tutti gli anni Trenta. Insieme a loro c’erano giovani operai e alcune donne, come Olga Camolese, Ondina Peteani, Aviana Tambarin, Giuditta Giraldi. Dalla metà degli anni Trenta l’antifascismo aveva trovato nella famiglia Fontanot di Ronchi un sicuro e competente punto di riferimento.
Negli anni del massimo consenso al regime i militanti avevano discusso all’interno degli stabilimenti, raccolto denari e generi di prima necessità per il Soccorso Rosso, assistito i reclusi nelle carceri, fatto scritte murali e lancio di manifestini per testimoniare di una diversa presenza politica nel territorio e avevano cercato di risolvere i conflitti che nascevano tra le maestranze che lavoravano in Cantiere e provenivano dall’Italia meridionale e da diverse zone della Venezia Giulia, del Carso sloveno e del Collio.
Con lo scoppio della guerra e l’occupazione della Jugoslavia i rapporti con gli antifascisti sloveni si fecero più intensi.
Nel dicembre 1941 si erano svolte a Doberdò alcune riunioni tra operai italiani e sloveni per discutere come collaborare alla lotta nazionale e sociale decisa dall’ Osvobodilna Fronta (OF).
Gli avvenimenti si rincorsero in modo inatteso e richiesero rapide decisioni.
La caduta del fascismo vide i “cantierini”, che nel 1943 tra operai e impiegati superavano le 14.000 unità, partecipare a scioperi di massa che presero di mira insegne e persone legate al fascismo. Intanto i legami con coloro che già lottavano nei paesi sloveni vicini si intensificarono.
Con l’armistizio del 8 settembre le scelte si fecero più radicali e definitive.
Nella notte tra l’8 e il 9 settembre 1943 due colonne tedesche penetrarono nella Venezia Giulia dal passo di Piedicolle e di Planina, contrastate rispettivamente dal 82° e da’81° Reggimento della Divisione “Torino” che riuscirono ad impedirne l’avanzata.
Il 12 settembre fu raggiunto un accordo tra il colonnello tedesco Krancke e il generale Licurgo Zannini, comandante del XXIV Corpo d’Armata, che ordinò ai reparti della “Torino” di consentire l’occupazione di Gorizia alle truppe tedesche.
Il 9 settembre gli operai del Cantiere navale e di altri stabilimenti di Monfalcone scesero in sciopero. Già a partire dal giorno successivo, le caserme vennero abbandonate e gli operai si impadronirono delle armi e delle munizioni.
Il giorno 10 all’interno dello stabilimento navale furono smontate le mitragliatrici degli aerei in costruzione e caricate su un camion partito alla volta di Gorizia, mentre i velivoli custoditi negli hangar dell’aeroporto di Ronchi vennero distrutti e incendiati i depositi di carburante.
Lo stesso giorno circa 800 lavoratori si riunirono presso la località di Selz di Ronchi e si avviarono verso Doberdò, dove Ferdinando Marega pronunciò un comizio davanti alla scuola elementare del paese, invitando gli operai alla lotta. In seguito le centinaia di lavoratori che disponevano di un’arma si incamminarono lungo la strada del Vallone e si diressero verso Gorizia.
Gli operai raggiunsero il paese di Villa Montevecchio, dove c’era un comando partigiano sloveno che raccoglieva i materiali e le armi e organizzava i volontari.
Nella notte tra il 10 e l’11 di settembre si tenne una riunione tra esponenti dell’OF e dirigenti comunisti italiani e si decise la costituzione della Brigata Proletaria, al comando degli sloveni. La brigata venne suddivisa in tre battaglioni.
Il 12 settembre il terzo battaglione, comandato da Vinicio Fontanot, penetrò nell’aeroporto di Merna distruggendo i velivoli, bruciando il ponte di legno che collegava il paese a Gorizia, facendo saltare un tratto di binario che collegava la città al paese di Rubbia e distruggendo alcuni ponticelli sul Vipacco.
Il primo battaglione si collocò sulle alture che costeggiavano il Vallone in modo da controllare il transito dei mezzi, mentre un reparto del secondo battaglione si recò alla stazione di Gorizia da dove fece fuggire un gruppo di tedeschi che controllava la sala dei telegrafi.
Fu impossibile invece per i partigiani del gruppo di Vinicio Fontanot prendere il controllo della stazione Montesanto, saldamente nelle mani dei tedeschi.
Il 12 settembre alla stazione Centrale ci fu un duro scontro con un reparto tedesco che sottopose la zona a bombardamenti. I partigiani dovettero abbandonare la stazione e ritirarsi. I tedeschi controllavano il centro della città mentre i partigiani italiani e sloveni erano attestati nelle colline circostanti.
Gli scontri che si verificarono nei giorni successivi lasciarono invariata la situazione militare. I partigiani impegnarono le forze tedesche attaccando i mezzi militari che passavano lungo le strade per Gorizia, i tedeschi reagirono con incendi di villaggi, come accadde a Opachiesella, Valdirose, Doberdò e fucilazioni come accadde a Marcottini, Boccavizza, Valvociana e Vertoiba
Il 22 settembre 1943 i tedeschi decisero di compiere una imponente azione per liberare la zona dai partigiani. Impiegarono un totale di nove reggimenti con 50.000 uomini al comando del generale di corpo d’armata Paul Hausser che cercò di spingere i partigiani verso la Selva di Tarnova per poi procedere ai rastrellamenti.
L’operazione durò dal 26 settembre al 30 dello stesso mese e alla fine di settembre i tedeschi furono trasferiti nella zona di Fiume.
L’attacco nazista scompaginò fortemente le formazioni partigiane e la Brigata Proletaria si sciolse di fatto alla fine del mese di settembre. In piccoli gruppi ormai e senza comando i partigiani cercarono di sfuggire alle maglie del rastrellamento.
Alla fine dell’operazione alcuni di essi raggiunsero le loro case, altri si aggregarono alle formazioni slovene, altri attraversarono l’altipiano della Bainsizza e l’Isonzo e raggiunsero sul Collio i partigiani del battaglione Mazzini, altri ancora, nei primi giorni di ottobre, si unirono, nei pressi del villaggio di Scherbina sul Carso, alla brigata Kosovel e da qui furono trasferiti ad Opachiasella.
Il 12 ottobre del 1943 i trenta uomini che si erano uniti agli sloveni diedero vita al battaglione Triestino che si insediò sul Carso monfalconese e con il tempo allargò il suo raggio d’azione anche nella valle del Vipacco e nella Selva di Tarnova. Con l’arrivo di nuove forze dalla pianura si creò la Brigata Garibaldi Trieste e successivamente la brigata “Fratelli Fontanot”.
Anna Di Giannantonio