Autista di Arriva Udine aggredito da due minorenni che aveva rimproverato perché fumavano
Ennesimo episodio di violenza gratuita ai danni di un autista del Trasporto pubblico locale. Secondo una ricostruzione sulla base dei racconti dei testimoni ma ancora al vaglio degli investigatori, durante la corsa Grado Udine partita nella prima mattina di domenica scorsa il conducente aveva ripreso due giovani che nonostante il divieto già alla partenza del bus avevano iniziato a fumare sigarette elettroniche. Le contestazioni dell’autista sarebbero proseguite lungo il viaggio. Ma sarebbe stato all’arrivo nella stazione autocorriere di Udine che la situazione sarebbe degenerata. L’autista per l’ennesima volta avrebbe contestato il comportamento irregiolare dei due giovani e nella fase di discesa dal bus l’alterco verbale si è trasformato in violenza con i minorenni che hanno aggredito fisicamente l’uomo colpendolo con due pugni al volto ed alcuni calci. L’uomo, a causa dei colpi ricevuti, è caduto al suolo. Il vocio ha richiamato l’attenzione dei militari dell’esercito e degli agenti della Questura, che presidiano la zona, che hanno fermato i giovani che sono stati identificati e in quanto minorenni consegnati ai genitori in attesa dei provvedimenti della Procura per i minorenni di Trieste. I due fermati avrebbero motivato la violenza proprio con il rimprovero subito. L’autista soccorso dai sanitari e stato trasportao in ambulanza all’ospedale di Udine. L’uomo ha riportato diverse ferite giudicate lievi. Sull’episodio che non è il primo in regione è scattata la solidarietà all’aggredito e la richiesta di maggiore sicurezza che, bisogna dire, è fondamentale ma non risolutiva del problema a meno di non militarizzare ulteriormente territorio.
Uscendo dal singolo episodio, certamente grave perchè quando si passa da una contestazione verbale, per di più immotivata perchè l’autista ha l’obbligo di far rispettare regolamenti come quello antifumo e che per questo venga aggredito, bisogna ricondurre le cose alla realtà dei fatti, cosa che spetterà alla magistratura, in questo caso minorile. Bisogna tuttavia dire che quando si parla di violenza giovanile questa è utilizzata in maniera imprecisa e c’è una gran voglia da parte dei media di alzare il livello dell’allarme, finendo per favorire un clima di insicurezza facilmente strumentalizzabile. Termini come «violenza fisica», «aggressività» o «contegno sconveniente» definiscono realtà completamente diverse che vanno debitamente distinte. Utilizzarli indiscriminatamente significa rischiare di dare un quadro alterato o troppo fosco della situazione. La violenza giovanile infatti comprende tutta una gamma di azioni aggressive ma di diverso grado. Sono tutti atti violenti ma con rischi e possibili conseguenze diverse, agitare sempre il nodo scorsoio potrebbe essere controproducente e non certo funzionale ad arginare la problematica. Intendiamoci si tratta sempre di azioni sbagliate ma che vanno inquadrate sempre nella loro specificità, del resto i reati penali sono sempre riconducibili alle azioni dei singoli, anche all’interno di gruppi. Del resto esistono violenze diverse, dalla quella psichica o verbale, alla violenza fisica o a quella sessuale. In questa gradazione degli orrori si può giungere a forme gravissime di aggressione e persino all’omicidio preterintenzionale e all‘assassinio volontario. Quindi ricondurre tutto ad un termine è sbagliato. Volendo entrare nell’argomento, anche se inevitabilmente in maniera superficiale, si può dire che la violenza, soprattutto se relativa ai givani, non ha una sola causa, ma è il risultato di una complessa interazione tra numerose concause di diversa origine e natura. Vi sono quindi fattori di rischio e fattori di mancata protezione. Letteratura scientifica ci dice che l’importanza dei diversi fattori di rischio e di protezione non è costante ma si può dire che la sfera individuale si amplia progressivamente e i livelli d’influenza e le occasioni
d’interazione si moltiplicano e sovrappongono quando alla famiglia, primo nucleo educativo, si aggiungono la scuola e le relazioni con i coetanei e più in generale con il contesto sociale. Interessante, in estrema sintesi, il decalogo sui fattori di rischio sul quale bisognerebbe aprire più che un dibattito al livello politico o almeno degli approfondimenti.
I fattori di rischio individuati in via generale come particolarmente gravi sono innanzitutto la carenza o problematicità dell’attività educativa dei genitori: negligenza, omissione di sorveglianza quando non abusi o violenze in famiglia. C’è poi l’adozione di modelli di comportamento fondati sulla violenza e l’appartenenza a un giro di amicizie malavitoso o incline alla violenza, una sistema scolastico che che educa sempre meno ma vuole sostanzialmente essere solo di avvio al lavoro e infine l’assenza di strutture per le attività del tempo libero. I fattori di rischio possono cumularsi e interagire, aggravandosi vicendevolmente.
Detto questo è evidente che il rischio violenza è circoscritto (sempre in via esemplificativa) a gruppi di persone caratterizzate da molteplici problemi, una strategia di prevenzione efficace dovrebbe agire simultaneamente su più fattori di rischio e rafforzare al contempo gli eventuali fattori di protezione. In sostanza agire solo in termini repressivi, pur necessario per evitare conseguenze gravi, non è sufficiente. Bisogna aggiungere che per fortuna la maggioranza dei giovani non è violenta, ricerche sociologiche hanno stimato che una netta maggioranza, oltre l’80% dei giovani, non mostra problemi comportamentali e solo una parte del 20 per cento potenzialmente a rischio, risulta poi effettivamente compiere attivamente atti di violenza. Il problema è semmai che la percentuale che rischia di “scivolare” con conseguenze serie è in aumento e su questo sarà bene ragionare seriamente.