Autonomia differenziata è sinonimo certo di diseguaglianze, ma in realtà è merce di scambio costituzionale con il “Premierato”
Questa mattina il “Salone del popolo” di palazzo d’Aronco sede comunale di Udine ha ospitato il convegno sull’Autonomia differenziata con relatori d’eccezione: Marina Boscaino, Portavoce Nazionale dei Comitati organizzatori contro ogni autonomia, Alessandra Algostino, Docente Ordinaria di Diritto Costituzionale UNITorino, Santo Gioffrè, Medico e già Assessore Prov. Reggio Calabria. Introduzione come da copione da parte di Andrea Di Lenardo, Capogruppo Alleanza Verdi Sinistra Possibile nel Consiglio Comunale di Udine, dibattito e conclusioni di Daniele Dovenna, del Comitato organizzatore. Gli echi del dibattito e degli interventi delle varie “presenze politiche” si sono perse nel rumore di fondo di una sorta di unanimismo, nel senso vero della parola, data la pessima acustica della sala, prestigiosa quanto rimbombante. Tutte le parole, frasi e discorsi, si sono focalizzati sulla questione che potremmo sintetizzare con una inequivocabile affermazione: Con l’Autonomia differenziata “Aumenteranno le diseguaglianze”. A dirlo non solo i relatori del convegno, ma gli stessi fatti e le prese di posizione che in questi giorni arrivano da tutte le parti. Ambienti politici nazionali, anche in forma trasversale, economici, ma soprattutto tecnico-giuridici. Citiamo l’Ufficio parlamentare di Bilancio, la Banca d’Italia, la Corte dei Conti e perfino la Commissione Europea tutti si dicono preoccupati del Ddl Calderoli sul quale piovono cori di critiche. Viene “quasi” unanimamente detto che se venisse attuato produrrebbe nel Paese incolmabili disparità amministrative, sanitarie, economiche e sociali. Detto questo però il rischio che la maggioranza “bulgara” in mano alla Meloni possa consentire lo scempio è comunque alto, perché, anche se si vocifera di uno slittamento dell’approvazione alla camera del Ddl Calderoli, al dopo il voto delle Europee, sullo sfondo c’è sempre lo scambio politico tra i partiti della maggioranza: Premierato in cambio dell’Autonomia differenziata. In sostanza è questo il mercimonio politico tra Lega e Fratelli d’Italia al quale aggiungere, la tanto cara (a Forza Italia in memoria di Silvio Berlusconi) questione giustizia con la separazione delle carriere dei magistrati e tutto il corollario di vessazioni punitive verso i magistrati, non ultima la ridicola vicenda dei test psicologici per valutare l’equilibrio mentale. Ad essere intellettualmente onesti però, bisognerebbe aggiungere anche un: “chi è causa del suo mal pianga se stesso” indirizzato alle opposizioni, Pd e M5s in testa. Forze politiche colpevoli di aver consentito si arrivasse a questo punto a furia di inseguire prima il “federalismo”, introducendo quella tragedia delle modifiche al titolo V, e poi, più recentemente, seguendo le follie grilline, la riduzione della rappresentanza parlamentare. Tutti fatti, che uniti alle varie riforme elettorali “sartoriali” in punta di “governabilità”, alla fine, stanno mettendo per davvero in crisi la democrazia e la Costituzione. Così se dovesse passare il disegno della destra al governo c’è il concreto rischio che potremmo vedere archiviato lo spirito costituzionale – unitario e non di parte – che nel 1948 portò all’approvazione della Carta. Per dirlo ancora più chiaramente, il disegno è eversivo, si vuole, attraverso quella riforma costituzionale ma anche attraverso una serie di leggi ordinarie, superare la Costituzione uscita dalla resistenza. Del resto la logica sottesa è quella che si può vedere già nelle posizioni del Movimento Sociale di Almirante, erede diretto della repubblica di Salò e del fascismo e se vogliamo anche del cosiddetto “Schema R” della P2 di Licio Gelli – dove R stava per Rinascita. Progetto eversivo che spiegava come trasformare lo Stato in una repubblica presidenziale – attraverso appunto il “Piano di Rinascita Democratica” che illustrava, con dovizia di particolari, come prendere il comando attraverso l’infiltrazione di uomini fidati nei media e nei nodi vitali di economia, giustizia, cultura e società, così da guidare e manipolare l’opinione pubblica. Vi ricorda qualcosa questo progetto se attualizzato? La differenza che neppure il lucido Gelli poteva prevedere che gli infiltrati si autocandidassero non per mazzette, ma per carrierismo pernicioso. La volontà di fondo però è sempre la stessa: la verticalizzazione della democrazia del capo, al posto della democrazia della partecipazione e della rappresentanza. È esattamente questo il punto, anche l’Autonomia differenziata che fa parte della retorica “autonomista” che cerca di tranquillizzarci e che sottende al vecchio progetto secessionista della Lega come garanzia e contro altare allo Stato centralista, in realtà diventerebbe funzionale alla nuova autocrazia. In fondo, ci viene detto, la riforma del premierato tocca soltanto quattro articoli della Carta. Non si modificano, questa la narrazione meloniana, i poteri del capo dello Stato né si riducono quelli del nostro Parlamento che ad autoridursi per numero ed efficienza (in sintesi “tafazziana) ci ha pensato da solo nella scorsa legislatura . La verità è completamente diversa, il cocktail tossico “Autonomia differenziata più Premierato” non solo squilibra tutti i poteri, ma nasconde la vera posta in gioco: il tentativo di passare dalla democrazia pluralista a una democrazia del capo. Una autocrazia con l’elezione diretta di un leader solo al comando, un illuminato capo o illuminata capa, che porta a sbilanciare radicalmente il già precario equilibrio del nostro sistema democratico facendolo diventare uno spezzatino ingovernabile secondo il principio che alla fine, per il neo dux solo al comando, meglio avere 20 piccoli “governatorati” che delle autorità costituzionali di controllo. Così, almeno in una prima fase, si possono accettare le “autonomie” anche su temi delicati come energia, scuola, sanità e perfino sicurezza, tanto con il futuro disastroso che provocheranno, sarà poi facile tornare ad una regia nazionale con la scusa di limitare le disuguaglianze, garantire i diritti dei cittadini e assicurare un’economia efficace e competitiva e mantenere in piedi la “nazione”. Del resto è palese che c’è bisogno di una politica economica nazionale, con meno burocrazia e più semplificazione, mentre l’autonomia differenziata va in direzione opposta, ma oggi è utile darla come perle ai porci per ottenere la posta più alta, l’elezione diretta del premier. Insomma per dirla in maniera “colta” “mala tempora currunt sed peiora parantur”: “corrono brutti tempi ma se ne preparano di peggiori”, dato che, le opposizioni, anziché fermare e denunciare i disegni eversivi sono impegnate nel rubarsi ininfluenti pacchetti di voti per garantirsi una leadership d’opposizione che alla fine, chiunque la guiderà, sarà destinata al non governo. Sarà sempre tardi quando ci si renderà conto che questa è una infantile regressione da vecchia politica perché, in fin dei conti, il “premierato” piacerebbe anche a Conte e perfino ad una parte della diaspora Pd. Servirebbe invece contrastare quel modello dando vita a una coalizione programmatica sociale e culturale per attuare i princìpi costituzionali, altro che la corsa di Conte contro Schlein per prendere la leadership dell’opposizione, continuando così, al massimo potranno diventare Gran Mogol delle Giovani Marmotte, quelle di disneyana memoria. Lasciando pianure sconfinate alla destra italiana, che ricordiamolo, finge di essere democratica.
Fabio Folisi