Benvenuti al mattatoio
Siamo abituati da ormai troppo tempo a spettacoli decisamente hard, e non mi riferisco al porno. Le immagini che, per chi se le vuole cercare ma anche per chi è più pigro, ci vengono trasmesse dalla Palestina intera ma particolarmente da Gaza, sono di una tale violenza che solo perché questo mondo sbagliato ci ha abituato ad un peggio che non ha fine, riusciamo a digerire. Mi è capitato spesso di trovarmi in mezzo a situazioni di guerra, alcune volte mentre la si stava combattendo, altre in cui i combattimenti erano appena terminati e ne rimanevano le macerie, ma posso garantire che ciò che i media ci mostrano sono di una tale ferocia e brutalità a cui mai avevo assistito. Un simile accanimento nel distruggere vite, case, ospedali, scuole, il tutto senza la minima distinzione ha un che di nuovo, di maggiormente determinato e spietato, almeno per me. Probabilmente nella storia, anche in quella per noi recente, scene del genere si sono ripetute in altre occasioni (il bombardamento di Dresda, l’incendio di Tokio, le atomiche su Hiroshima e Nagasaki…) ma si sperava che il genere umano avesse fatto propria l’esperienza per cui questi scannamenti non venissero riproposti. Invece nulla; sembra di essere tornati indietro nel tempo, alla mattanza indiscriminata. Uccidere per terrorizzare per sterminare, per dimostrare ancora che la ragione è quella del più forte e prepotente, come se dietro a questa dimostrazione di indifferenza rispetto alle sofferenze altrui si provasse una certa soddisfazione. Terrorizzare, come se ci fosse un solo modo per definire questo termine o per poterne stabilire il limite; terrorista è Hamas, e non c’è dubbio che le ultime azioni di quell’organizzazione sono di quello stampo. Me se poi chi subisce il terrore, e su questo torneremo tra un attimo, adotta gli stessi sistemi che usavano i nazisti che per ognuno di loro che veniva ucciso, ne uccidevano dieci, indipendentemente che si trattasse di soldati, partigiani o semplici civili, allora bisognerà che troviamo come altrimenti definire queste azioni se non terrorismo. Peraltro, un conto è eliminarne dieci per vendicarne uno, un altro è eliminarne diecimila avendone persi mille. La prima differenza fa nove, la seconda novemila…. Sembrano calcoli da ragioniere, ma se nel primo caso si tratta di una strage, nel secondo invece siamo di fronte ad un eccidio.
Ma torniamo un attimo indietro cercando di capire chi e sotto quale forma subisce il terrore. Pensiamo a chi vive in un luogo in cui non è libero di muoversi, dove non ha risorse disponibili se non quelle che il regime occupante permette di far entrare in quella gabbia nelle quantità e nei tempi che esso stesso decide. Quale pensiamo sia lo stato d’animo in cui vivono le persone i cui diritti sono anch’essi stabiliti dallo stesso illegale occupante che difende i coloni che abusivamente costruiscono intere città all’interno del territorio palestinese, che si appropriano delle risorse altrui, che usano tutte le violenze possibili sui legittimi proprietari di quelle risorse appoggiati e difesi dai militari occupanti? Che quando riescono con mille sforzi ad ottenere un permesso di uscire dalla loro terra, lo fanno quasi esclusivamente per andare a fare gli schiavi nelle aziende israeliane. Che se hanno bisogno di cure, spesso crepano prima di ottenere un’autorizzazione per raggiungere un ospedale. Non crediamo che anche questi vivano nel terrore e che chi questo terrore esercita possa essere definito terrorista?
Che settanta e passa anni di espulsioni collettive, di privazione delle libertà più elementari, del subire costantemente violenze e di negazione dei propri diritti più basici possano portare a reazioni che dal nostro punto di vista sono viste solo come barbarie e non, senza per questo legittimarle, come azioni di chi non ha alternativa se non cercarsi una disperata rivendicazione di esistenza? Quando le persone vivono una vita di privazioni di violenze continue, di mancanza di qualsiasi rispetto della libertà che il mondo esterno prevede per sé, ma non per loro, non pensiamo che si possano anche immaginare gesti eclatanti come quelli perpetrati da Hamas? Qui non si tratta di giustificare niente, ma solo di porsi qualche domanda. Soprattutto quando il modo intero vede come vittima il carnefice e tratta la vittima come unica causa di come poi certe situazioni possono degenerare.
Nei media mainstream, che francamente mi sforzo a guardare e leggere solo per capire come la situazione venga storpiata e letta attraverso una lente deformante, si definisce Hamas come il nuovo Isis. Solo analisti profondamente ignoranti oppure in mala fede possono tracciare simili paralleli; i due fenomeni sono profondamente diversi tra loro ed hanno in comune al massimo un certo, ma anche qui molto differente, radicalismo islamico. Ma naturalmente per capirne le diversità sarebbe indispensabile che l’informazione fosse almeno più indipendente e corretta. Siamo davvero anni luce lontani da questa ipotesi; non per nulla l’Italia non è certo ai primi posti nella lista della stampa maggiormente libera. Siamo al 58esimo posto nella speciale classifica, dietro a molti Paesi che noi consideriamo illiberali!!!
C’è inoltre qualcosa in questa mattanza che non mi convince; insisto nel pensare che l’impreparazione di Israele di fronte all’attacco di Hamas non sia dovuta solo a distrazione o al fatto che buona parte dell’esercito fosse stato spostato sulla Cisgiordania, ma ad un certo spietato calcolo. Il governo di Tel Aviv non è mai stato così spostato a destra come quello attuale e di sicuro al suo interno ci sono ministri che vorrebbero chiudere una volta per tutte la questione palestinese. Netanyahu da tempo è immerso in un fracco di guai con la giustizia e l’emergenza certamente distrae l’attenzione dai suoi personali problemi. Ormai da mesi l’aviazione israeliana bombarda senza tregua gli aeroporti di Aleppo e di Damasco, nonché i campi delle milizie sciite, in particolare di Hezbollah, legate a Teheran e dislocate in Siria. Pare accertato che i servizi egiziani avessero messo in allarme i loro colleghi (sempre che ne avessero bisogno…) israeliani. In un battibaleno ben due portaerei con tutto il codazzo di navi che fanno parte del loro gruppo di fuoco hanno fatto rotta verso il Mediterraneo orientale e gli USA hanno già provveduto a scaricare montagne di armamenti in Israele. Non una parola è stata spesa per cercare almeno un cessate il fuoco ed anzi l’unica risoluzione approvata dal Consiglio di Sicurezza dell’ONU non ne fa proprio cenno. Non è certo una novità il fatto che Israele vorrebbe risolvere la questione con l’Iran e se fino ad oggi le azioni sono state “mirate” e limitate è solo perché qualcuno gli ha messo un po’ di freno. Spero sinceramente di sbagliarmi, perché un allargamento del conflitto potrebbe avere delle conseguenze che nemmeno sono al momento immaginabili, ma certamente apocalittiche.
Nel frattempo, da Rafah sono entrati ben 20 camion e circa altrettanti dovrebbero essere pronti a passare con beni primari ma non con carburante senza il quale tutto è bloccato. Una quarantina di camion in una situazione del genere sono meno di nulla, secondo fonti locali circa lo 0,02 % di quanto immediatamente servirebbe. E i bombardamenti indiscriminati proseguono senza sosta mentre gli israeliani vorrebbero irrealisticamente spostare più di un milione di persone verso il sud di Gaza. Dove peraltro le bombe cadono senza sosta su scuole, abitazioni, ospedali in assenza di giornalisti se si escludono quelli di Al Jazeera, senza i quali la tragedia non avrebbe testimoni diretti.
La guerra è una follia, ma qui si va verso la demenza totale nella quasi indifferenza di chi distrattamente si guarda la tragedia in televisione. Nell’attesa che ci sia un qualche quiz che ne catturi l’attenzione.