Caso Open Arms: il 4 marzo a Palermo la seconda udienza istruttoria del processo a Matteo Salvini

La nebbia mediatica provocata dalla crisi Ucraina oscura tanti altri fatti importanti. Non solo il Covid che vede ancora numeri importanti se pur in progressivo calo, oggi sono 17.981 i nuovi contagi da Covid, secondo i dati del ministero della Salute, ieri erano stati 30.629. Le vittime sono invece 207 (ieri erano state 144), ma anche altre vicende che in momenti diversi avrebbero certamente posti di rilievo in cronaca. E’ il caso della seconda udienza istruttoria del processo a Matteo Salvini che si terrà venerdì 4 marzo a Palermo, presso l’aula bunker del carcere dell’Ucciardone. Come è noto l’istruttoria del processo vede imputato l’ex Ministro degli Interni Matteo Salvini, accusato di sequestro di persona e rifiuto di atti d’ufficio per i fatti relativi all’agosto del 2019, quando l’imbarcazione, Open Arms, fu costretta ad attendere 20 giorni in mare con oltre 160 persone a bordo, prima di poter garantire loro un porto di sbarco sicuro. Il processo proseguirà con i testimoni richiesti dalla Procura che, nel caso specifico dell’udienza del 4 marzo, saranno: Marc Reig Creus (Capitano Open Arms), Dott. Dario Caputo (Prefetto Agrigento), Dott.ssa Rosa Maria Iraci (Questore Agrigento), Dott. Vincenzo Asaro (Direttore sanitario ospedale Licata), Dott.ssa Cristina Camilleri (Responsabile CTA Dipartimento salute mentale di Agrigento), Dott. Alessandro Dibenedetto (Psicologo Emergency), Dott.ssa Katia Valeria Di Natale (medico in servizio presso lo staff CISOM). L’udienza sarà volta a verificare le condizioni fisiche e psicologiche dei naufraghi a bordo, nonché le condizioni igienico-sanitarie della nave dopo 20 giorni di attesa in mare, oltre che a chiarire, attraverso la testimonianza del capitano della Open Arms, le varie fasi giuridiche e operative che caratterizzarono quella missione. “Durante la missione 65, spiega il Capitano Marc Reig Creus sugli eventi di quei giorni, effettuammo 3 operazioni di soccorso, salvando un totale di 163 persone. Dopo aver esaurito tutte le possibilità legali e dovendoci proteggere dalle intemperie, ci ancorammo a 700 metri dall’isola di Lampedusa, all’interno delle acque territoriali italiane. Le condizioni delle persone soccorse peggioravano di giorno in giorno, nonostante gli enormi sforzi dell’equipaggio della Open Arms che si adoperò con ogni mezzo per prestare loro le cure necessarie. I naufraghi furono costretti ad attendere sul ponte della nostra nave subendo sofferenze inutili e gratuite. Inoltre, la disperazione e l’impotenza di fronte al rifiuto di sbarcare in un porto sicuro spinsero alcuni di loro a tuffarsi in acqua senza che sapessero nuotare, cosa che mise ulteriormente in pericolo le loro vite. Mi auguro che la legge italiana faccia giustizia stabilendo le responsabilità di quegli eventi, dimostrando che i diritti umani devono sempre andare oltre gli interessi politici.”