Caso petizione Danieli: il lupo perde il pelo ma non il vizio e intanto Fedriga abbandona i cittadini al loro destino
Il prossimo 21 novembre il collegio della V sezione del Consiglio di Stato discuterà se autorizzare o meno la consegna della lista dei firmatari della petizione contro acciaieria Danieli. Non ricostruiamo l’intera vicenda perché ha tenuto banco per mesi, se non per ricordare gli ultimi atti: Poco più di un mese fa il Tar aveva dato ragione al colosso Danieli e deciso che dovevano essere consegnate le 21.974 firme e relative anagrafiche, raccolte per la petizione contro la costruzione dell’acciaieria in quel di san Giorgio di Nogaro. Alla decisione del Tar era stato presentato ricorso con conseguente sospensione dell’esecutività della sentenza da parte del presidente della V sezione del Consiglio di Stato, Paolo Giovanni Nicoló Lotti. In realtà però, a presentare il ricorso, non è stata la Regione Fvg, come ci si aspettava, ma i tre firmatari che si erano già costituiti con la loro qualifica di cointeressati. La Regione Fvg o meglio il presidente dalla giunta regionale Massimiliano Fedriga ha deciso di non decidere, abbandonando i cittadini al loro destino. In realtà la Regione avrebbe tempo fino all’udienza del 21 per costituirsi ma tutto fa sospettare che non verrà fatto. Se il Consiglio di Stato dovesse decidere di confermare l’ordine di consegna delle firme, le conseguenze potrebbero essere notevoli, dato che la Danieli aveva già dichiarato in atti, poi smentito e poi ridichiarato, che quella che in molti hanno già definito una black list, sarebbe stata utilizzata per procedere per danni nei confronti dei firmatari, rei, aggiungiamo noi, di avere disturbato i manovratori privati, ma visto l’inqualificabile comportamento della giunta regionale, anche pubblici. Appare evidente non solo da parte della Danieli la volontà di vendicarsi ma anche della politica della destra di governo di ribadire che il popolo è sovrano ma solo quando è d’accordo con le loro politiche e progetti. Detto questo, ed in attesa degli eventi, vale la pena ricordare come la Danieli mal tollera di essere disturbata e giudicata sui propri comportamenti. Una ulteriore prova la possiamo esibire direttamente.
Nell’ormai lontano 2008 in qualità di Direttore dell’allora mensile cartaceo Friulinewspaper, venni chiamato (assieme alla collega coautrice) a rispondere del reato di diffamazione da parte della Abs spa azienda del gruppo Danieli ubicata nella Z.I.U. (Zona Industriale Udinese), che ricomprende la parte meridionale del comune di Udine ed i comuni di Pozzuolo del Friuli e Pavia di Udine. Ebbene oggetto dell’inchiesta erano le proteste che allora si erano generate contro il presunto inquinamento provocato dall’azienda siderurgica. Nel servizio si proponevano le testimonianze di alcuni cittadini appartenenti ad un comitato popolare. Il problema non è tanto che la Danieli o meglio l’Abs aveva pensato di essere stata diffamata, tesi come vedremo rigettata dal tribunale di Udine, ma quanto accaduto prima della denuncia. Infatti alcuni cortesi “emissari” della multinazionale di Buttrio si fecero o vivi, prima con l’editore, che giustamente li indirizzò direttamente al sottoscritto in quanto direttore del giornale. Ebbene l’obiettivo era quello di conoscere i nomi dei cittadini che ci avevano fornito informazioni anche fotografiche. Ovviamente la mia risposta allora (come sarebbe oggi) è stata negativa, nessuna fonte può essere rivelata dato che lo sanno anche i sassi che il giornalista è tenuto ad osservare il segreto professionale relativamente al carattere fiduciario delle sue fonti. Al massimo, come del resto nell’ordine delle giuste dinamiche informative, saremmo stati disponibili ad ospitare le tesi aziendali. Ed invece ecco che arriva la querela, talmente campata in aria, che vi fu una immediata richiesta di archiviazione formulata dal P.M. Ma quasi a ribadire la volontà punitiva ecco che Abs si oppone all’archiviazione. A quel punto scatta un procedimento giudiziario preliminare nel quale alla fine, siamo al 19.03.2009, prevale la verità ben sintetizzata nelle parole del Gip Dott. Paolo LAUTERI:
…..“In conclusione, ritiene lo scrivente che l’autore dell’articolo abbia inteso prima di tutto dare voce ai comitati che, piacciano o non piacciano, sono una realtà del territorio (vds., anche nota di P.G. del 04.04.2008, aff. 16) che si ripropone di tutelare interessi meritevoli di considerazione. La descrizione del malessere della cittadinanza non è una diffamazione nei confronti di nessuno. In secondo luogo, le deduzioni dei comitati non sono mai indicate come verità rivelata e insindacabile. Indicativa in tal senso non è soltanto la premessa generale (“come giornalisti possiamo registrare umori ed opinioni e non certo dare ‘verità’ assolute”), ma anche e soprattutto la successiva considerazione racchiusa nel seguente passaggio: “Quanti morti e quanti ammalati? Troppi, in un contesto ristretto, ti dicono. Anche se ovviamente la correlazione diretta fra malattia e fabbrica è difficile da provare, almeno senza un lungo studio scientificamente certificato. Ma basta solo il sospetto e le paure aumentano”. Ne consegue l’insussistenza del reato di diffamazione, attesa l’assenza di attacchi gratuiti fondati su dati di fatto del tutto inesistenti oppure gonfiati ad arte. Parimenti non sussistente si reputa l’ulteriore ipotesi di cui all’art. 513 C.p., adombrata dall’opponente, in quanto l’impedimento o la turbativa ivi prevista sono da intendersi come fattori di intralcio materiale all’attività produttiva, cosa che evidentemente non può rinvenirsi nella redazione di un articolo giornalistico o in una richiesta di verifica e di attenzione quale quella formulata dai comitati ivi citati”.
Va detto che quello delle querele spesso usate come mezzo di pressione, ingiuste o in alcuni casi temerarie, resta un arma in mano ai più forti, perché non tutti sanno che le spese legali vengono “compensate”, insomma anche se hai ragione dei pagarti l’avvocato. Poca cosa per una multinazionale, spesso un problema serio per un giornalista.
Fabio Folisi