Che peccato!! La volontà della piazza di Udine in difesa del popolo curdo sotto le bombe di Erdogan, usata in chiave friulanista
La solidarietà al popolo curdo è andata in scena anche a Udine. Una mobilitazione riuscita con circa 500 persone scese (complessivamente) nelle due piazze previste in un tardo pomeriggio uggioso che non invitava certo alle escursioni all’aperto. Certo qualche centinaio di persone possono sembrare poche, ma non lo sono certo considerando che già mettere intorno ad un tavolo qualche decina di persone è spesso missione impossibile. Ovviamente la maggior parte dei partecipanti erano presenti con l’unico obiettivo di testimoniare il proprio sdegno per l’attacco del turco Erdogan, ma non tutti avevano lo stesso obiettivo. Per qualcuno l’occasione era ghiotta per affermare l’inaffermabile, per non parlare del ritorno alla visibilità di alcuni personaggi che alla causa friulana ma non alla personale, hanno storicamente nuociuto ma che sono sempre pronti a saltare sulla barricata, perchè comunque su quello hanno basato le proprie fortune e la possibilità di vendersi poi al migliore offerente. Ma diciamolo, sono armamentari umani del passato che oggi possono solo ulteriormente nuocere ma in maniera marginale, perchè rappresentano di fatto solo se stessi. Speriamo invece si godano la non certo meritata pensione ma con il buon senso di ritirarsi a vita privata evitando, per il loro bene, il mondo etilico Ma questa è tutta un altra storia, il vero problema è che accostare la lotta di un popolo oggi sotto le bombe e tradito da tutti, alle richieste generiche di autodeterminazione dei popoli in chiave friulanista, non solo è risibile ma è addirittura patetico per non dire che è lesiva proprio per la stessa legittima battaglia di difesa della cultura e storia del Friuli. Intendiamoci che vi siano legittime richieste di affermazione delle proprie radici culturali e linguistiche è cosa giusta e del resto fattore riconosciuto a livello legislativo, ma da questo ad affermare la necessita di dare vita autonoma ad una piccola patria, il passo è decisamente lungo e in realtà scarsamente condivisibile. Le ragioni sono molte, ma la prima che viene in mente è che in questi tempi di spinte sovraniste fascistoidi le frontiere e i loro muri, reali o minacciati, andrebbero picconati fino alle fondamenta e l’idea stessa scalpellata dai cervelli di chi li propone. Ma c’è di più rispetto a ieri, l’idea di strumentalizzare la giusta spinta allo sdegno contro una aggressione militare, avendo così una platea irraggiungibile altrimenti, rende la vicenda squallida e soprattutto una brutta lezione per quei giovani che si sono spesi per la riuscita di una manifestazione in maniera onesta ed impegnata e che si sono visti, consapevolmente o no, scippati. La semplice idea infatti di accostate la vicenda curda alle rivendicazioni autonomiste di un pezzo del Friuli che, parlando in termini elettorali, non ha mai sfondato, è davvero stucchevole e lo è anche accostare quanto avviene in Siria con le proteste in Catalogna. Queste vicende andrebbero trattate con cautela e competenza, semplificazione in funzione “de noialtri” rischiano di rendere deboli tutte le posizioni e alla fine si fa un cattivo servizio tutti compreso al popolo curdo che ha problemi ben più seri che percepire gli echi delle “monate” andate in scena ieri nel capoluogo friulano o se preferite nella capitale del Friuli.
Fabio Folisi