Chiediamo per un lettore: l’Anpi sarà presente con le proprie insegne alla “parata della vittoria di Putin” del 9 maggio a Mariupol?

La foto del “Funerale partigiano” esposta alla mostra “Le radici del futuro. La Repubblica partigiana della Carnia e dell’Alto Friuli” al Museo Carnico delle Arti Popolari “Michele Gortani” di Tolmezzo.

Ieri un nostro lettore ci ha posto, con un pizzico di cinica ironia, un quesito: ma l’Anpi il 9 maggio prossimo parteciperà con le proprie insegne alla “parata della vittoria” annunciata dalla Tass a Mariupol e che nelle intenzioni di Putin vorrebbe unire la sacra commemorazione della vittoria sui nazisti del 1945 con quella “patriottica” sugli Ucraini o quantomeno su una parte di questi? Domanda velenosa la cui risposta è certamente no,  ma che trova un qualche fondamento nelle polemiche di questi giorni sulla posizione “ufficiale” assunta dal presidente dell’Anpi nazionale Gianfranco Pagliarulo.  L’associazione che dovrebbe rappresentare la memoria resistenziale  che ha trovato il suo compimento nella Costituzione repubblicana del 1948, rischia di essere svilita se non affossata in un mare di polemiche che tradiscono il sacrificio di quanti ci fecero dono con la loro vita della Libertà.  Così lunedì prossimo 25 aprile non sarà il solito 25 aprile, perché è altissimo il rischio che diventi giornata della divisione anzichè dell’unione di tutti nel nome dell’antifascismo. Rischio che si fa certezza dopo che lo stesso presidente Anpi ha rincarato la dose affermando che “nelle riunioni che ci sono state per preparare la manifestazione di Milano (25 aprile) si è parlato di inopportunità di portare le bandiere della Nato. Dovremo fare il possibile per evitare incidenti. Le bandiere della Nato sono inappropriate in questa circostanza. Dobbiamo parlare di pace e non mi sembra che la Nato sia una organizzazione di pace”. Ora a parte il fatto che crediamo che difficilmente a qualcuno sarebbe venuto in mente, prima che Pagliarulo le evocasse, di procurarsi ed esibire il vessillo della Nato, è lo stesso concetto di disconoscere, piaccia o no, che la Nato è organizzazione militare difensiva e in quanto armata sia da censurare senza se e senza ma. Posizione che stride con la stessa storia della resistenza che cercò certamente la pace, ma per farlo non si limitò a sventolare bandierine o cercare una impossibile trattativa con Mussolini o Hitler, ma imbracciò le armi per di più anche fornite dagli angloamericani. Per intenderci a noi non piace la Nato, perchè ci piacerebbe di più, al di là dell’affascinante utopia del disarmo,  una difesa europea e non atlantica, ma comprendiamo anche che l’aggressione di Putin all’Ucraina e le sue dichiarate  mire espansionistiche, hanno radicalmente cambiato i termini della questione, rivitalizzando una unione militare difensiva che appariva stanca e al quale il delirio di onnipotenza del nuovo Zar di tutte le “russie” ha ridato paradossalmente vita, forza e ruolo. Tornando al nostro 25 aprile, paradossalmente la divisione che rischia di generarsi non è più solo con le forze che ancora oggi si rifanno nostalgicamente al passato fascista italiano e che quelle celebrazione hanno sempre visto come fumo negli occhi, ma all’interno di quella che ormai piuttosto impropriamente chiamiamo sinistra centro-sinistra o area che comunque ha sempre riconosciuto la resistenza come valore politicamente e ideologicamente imprescindibile. Motivo dello “strappo”  quindi non una sottigliezza, ma l’interpretazione sulla guerra in Ucraina dopo le prese di posizioni del presidente nazionale dell’Anpi nazionale che si è allineato alle tesi dubitative e di “equidistanza” para “non violente” che dire discutibili è un eufemismo. Posizioni legittime in democrazia che però espresse in quella modalità e da una carica che dovrebbe rappresentare l’Anpi come patrimonio comune di tutti gli antifascisti italiani e non solamente di una parte, sono assolutamente divisive perché anziché, come sarebbe stato opportuno e sensato per evitare polemiche e divisioni, riaffermare il valore di quella celebrazione legata ai fatti che la determinarono, si è deciso dall’alto della propria verità, di riaffermare la propria leadership brandendo come una clava presunte posizioni non violente in una interpretazione che puzza di opportunismo e che oltre a rinnegare in maniera antistorica la stessa natura della lotta (armata) di liberazione, strizza l’occhio ad ambienti che nella migliore delle ipotesi danno interpretazioni sbagliate in buona fede, magari velate di malcelata ideologia o convenienza politica distintiva d’opposizione (e che quindi in buona fede non sono), ma in alcuni casi, pochi, ma ci sono, sono legati da interessi economici temiamo innominabili rispetto a quanto sta avvenendo in Ucraina dopo l’aggressione… ribadiamo l’aggressione armata Russa. Riprendiamo allora quanto scritto sul tema in queste ore dall’Officina – Progressisti per Monfalcone, associazione impegnata fra l’altro in una difficile campagna elettorale per rovesciare con le armi del voto la disastrosa amministrazione di Annamaria Cisint. Scrive l’associazione in un post dal titolo “Custodire i valori della Resistenza anche nella complessità”: L’Anpi è patrimonio di tutti gli antifascisti italiani e non solamente di una parte. Diversamente rischierebbe di cessare la sua funzione di custodire i valori e la memoria della Resistenza. Quella Resistenza che, è bene ricordarlo, è patrimonio di diverse forze politiche e culturali e che vide, insieme, comunisti, socialisti, azionisti, cattolici e liberali. Chi in questi giorni critica le varie e assi discutibili prese di posizione del suo presidente non può essere tacciato di non conoscere la storia o di essere un nemico dell’Anpi. Non è così e probabilmente è l’attuale presidente dell’associazione a essere inadeguato. Semplicemente molti iscritti e dirigenti vogliono condannare, con forza, la guerra di aggressione di Putin all’Ucraina, un Paese sovrano che deve potere decidere liberamente quale governo e quali alleanze internazionali darsi. Noi condanniamo i massacri nei confronti di civili, donne e bambini, gli stupri, la devastazione di un paese intero che ha i diritto di difendersi e che noi abbiamo il dovere di aiutare. Grazie alla lotta al nazifascismo abbiamo la possibilità di poter vedere, leggere e giudicare autonomamente. In Russia ciò non è possibile. Abbiamo visto come in questi anni il regime di Putin ha represso ogni libertà, colpito oppositori politici e giornalisti, finanziato tutta l’ultra destra in Europa quella che, ottanta anni fa, sarebbe stata dalla parte dai nazisti. Oggi è tempo di scegliere, poi verranno anche le commissioni Onu e i tribunali internazionali L’Anpi non può che stare dalla parte di chi viene aggredito e si difende, in questo caso dalla parte del popolo ucraino. L’Anpi per mantenere il suo ruolo deve salvaguardare i valori della Resistenza e sostenerli anche nella complessità del mondo contemporaneo, stando sempre dalla parte della libertà e della giustizia. Vogliamo la pace, certamente, ma questa non può arrivare con la sopraffazione di un popolo, ma con la libertà, la giustizia e la sicurezza per ogni popolo”.