Comitati: «Le difficoltà in cui versano i piccoli ospedali smentiscono la narrazione della giunta Fedriga»

Nella foto da sinistra: Tullio Zearo, Claudio Polano, Cesare Monea, Renato Osgnach, Anna Agrizzi, Simona Liguori, Franco Chiarandini, Silvana Colomba e Franco Pellegrina

E’ negativo il giudizio dei comitati sui cinque anni di gestione dei piccoli ospedali da parte dell’Amministrazione regionale. La loro richiesta è di ripristinare le funzioni che erano presenti nel 2018 al fine di consentire al cittadino assistenza e cura attraverso i servizi essenziali.  E’ ruotato attorno a queste posizioni l’incontro organizzato dalla consigliera regionale di Civica FVG, Simona Liguori, nella sede della Regione di via Sabbadini. “Ringrazio i rappresentanti dei comitati che hanno partecipato e dimostrato di voler fare rete, impegnarsi e accantonare stanchezza e demotivazione per continuare ad agire come punto di riferimento del territorio” ha commentato Liguori, lasciando spazio ai presenti. In sala Pasolini sono intervenuti Renato Osgnach, presidente del Comitato per la tutela della salute Valli del Natisone, Claudio Polano, portavoce dei Comitati gemonesi a difesa dell’ospedale San Michele, con il dottor Tullio Zearo, Franco Pellegrina e Silvana Colomba; Anna Agrizzi, dell’Associazione Tutela diritti dei Malati, Cesare Monea, presidente del Comitato in difesa dell’ospedale di Maniago, e Franco Chiarandini presidente del Comitato Io voglio l’ospedale a Cividale. Il primo a prendere parola è stato il dottor Tullio Zearo: “Si combatte per una sanità territoriale, con protagonisti gli ospedali periferici. L’obiettivo è concentrare quando è necessario e decentrare il più possibile. Ma i servizi indispensabili come il pronto soccorso, il day surgery e il day hospital devono essere vicino ai cittadini, lo scopo è evitare di spostarsi. Il primo intervento? Non serve perché è come se fosse una guardia medica, non è un vero primo soccorso, ciò che realmente serve ai pazienti”. Claudio Polano ha affrontato la situazione di Gemona. “Bisogna fare proposte alternative rispetto a quello che c’è attualmente. La sanità territoriale è stata penalizzata a favore di quella centrale e il trend deve cambiare. Ora sarebbe il caso di tornare al 2014. Utopistico? Serve coraggio per tornare indietro, ma è questa la reale necessità del territorio. Si deve puntare sulle funzioni di base che possono essere assolte sul territorio, evitando il pendolarismo sanitario. Il rischio, rimanendo allo stato attuale, è che finirà per curarsi solo chi ha i soldi, passando dal privato. Dopo le elezioni servirà creare un tavolo con tutti i portatori di interesse, medici, infermieri, categorie, gli amministratori e i comitati con l’obiettivo di parlare di sanità”. Cesare Monea ha fatto il punto su Maniago: “La sanità friulana era un’eccellenza, negli ultimi anni è stata completamente impoverita. Questo perché non c’è stata programmazione sanitaria e i cittadini si trovano, soprattutto in molte zone di montagna, senza risposte. A Maniago la struttura esistente se organizzata avrebbe dato un ottimo servizio utile al territorio, invece la realtà è che i servizi non si parlano tra di loro. Il risultato? Una sanità spastica e inefficiente. Ah dimenticavo, siamo ancora in attesa di conoscere il futuro della piscina riabilitativa…”. Anna Agrizzi ha inquadrato il tema dal punto di vista dell’associazione Tutela dei diritti dei malati: “Noi riceviamo moltissime segnalazioni riguardanti la mancanza dei servizi, in particolare con ricadute sulle liste d’attesa, e questo è dovuto allo smantellamento dei servizi territoriali delle zone di montagna, come anche Gemona, Maniago e Cividale. Ci sono sempre meno referenti diretti per i cittadini, cioè i medici di famiglia, e quindi le persone vanno al pronto soccorso di Udine creando sovraffollamento. La politica non sta dando risposte”. Su Cividale Renato Osgnach ha commentato: “Rispetto alle promesse fatte su Cividale, oltre 2 milioni di euro per le opere essenziali, la verità è che non si è voluto fare nulla. L’assessore Riccardi, intervistato al nostro primo flash mob, si lamentava del fatto che volessimo l’ospedale sotto casa: non capiscono che nelle zone di montagna e quelle più povere lo spopolamento lo creano loro rinunciando a servizi essenziali. A Cividale c’è bisogno di una struttura semplice, ma che possa contare di un pronto soccorso, del day surgery, di una radiologia”. Franco Chiarandini ha fatto quindi una proposta: “Se i comitati sono organi permanenti su territori perché non possono essere uditi dalla Commissione sanità? Le nostre voci, che sono quelle dei cittadini, hanno bisogno di attenzione per arrivare a soluzioni comuni. Ricordo poi l’importanza del Centro di Assistenza Primaria (CAP), che prevedeva un cardiologo e uno pneumologo: vista l’alta percentuale di anziani e malati cronici non si può perdere una struttura di questo tipo”. Silvana Colomba ha ribadito l’assottigliamento dei servizi da fornire al cittadino e la necessità di riformulare la sanità pubblica, anche in funzione del fatto che l’aspettativa di vita si è allungata e la popolazione è sempre più anziana; Franco Pellegrina ha chiuso sottolineando che i piccolI ospedali rappresentano un presidio fondamentale per i cittadini e la necessità, da parte della politica, di affrontare il tema sanità con maggiore serietà e competenza.