Comodo comizietto video di Giorgia Meloni che risolve i problemi con la stampa semplicemente ignorandola
Domani 3 maggio si celebra la Giornata Mondiale della Libertà di Stampa istituita dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite nel 1993 per riaffermare questa libertà come diritto fondamentale, per difendere i media dagli attacchi alla loro indipendenza. Ci sono molti modi per imporre il bavaglio ai giornalisti e non necessariamente questo avviene solo con minacce dirette o attraverso complicate alchimie economiche sugli editori, ma anche attraverso la progressiva delegittimazione del lavoro prezioso di fare domande scomode ai potenti di turno. Intendiamoci, il metodo di cercare di “parlare” al popolo senza scomodi filtri, non è appannaggio solo del governo di destra della Meloni, a nessun potente piace vengano fatte le pulci al proprio operato. Ed allora ecco entrare in gioco i “social” che hanno però il difetto di consentire i commenti degli utenti, ma questo governo sta toccando vertici inauditi. Ci si ricorderà l’ormai mitica conferenza stampa sui fatti di Cutro. Ed allora ecco risolvere il problema semplicemente svicolando e parlando al popolo, non in “oceanici” raduni dal balcone di palazzo Venezia come il suo malefico quasi predecessore, ma da un più tecnologico video teso a bucare gli schermi di Tv, computer e smartphone. Così ecco che ieri, anziché rispondere alle domande dei giornalisti Giorgia Meloni si è espressa davanti ad un meno pericoloso e benevolo silente occhio elettronico, un video di tre minuti in cui nulla è stato lasciato al caso: ambientazione, luci, oggetti, i gesti e soprattutto lo sguardo ammiccante e vagamente guascone per accontentare tutti, dalla casalinga di Voghera, al pensionato nostalgico, alle nuove generazioni di sprovveduti creduloni di ogni età e genere che non capiscono, ma si adeguano al vento. Il tutto quindi girato con la supervisione dello staff di comunicazione subito dopo il Consiglio dei ministri. Così all’inedito Consiglio dei ministri convocato nel giorno della Festa dei lavoratori, si affianca un quantomeno inusuale intervento in video. Per tre lunghi minuti una Giorgia Meloni in giacca nera ma camicia bianca, passeggia per le stanze di Palazzo Chigi guardando l’obiettivo con consumata professionalità frutto certamente di tante prove con lo scopo di “bucare” lo schermo, entrando direttamente nelle menti più che nelle case degli italiani. Insomma uno spot senza domande, un comizietto con toni garbati. Ma la furbata, pensa lei, è stata quella di giustificare la mancata conferenza stampa non per paura delle domande della stampa, ha spiegato con faccetta volpesca, ma perché «il 2 maggio i giornali cartacei non escono e qualcuno avrebbe polemizzato se avessi fatto una conferenza stampa senza stampa…». Così anziché decidere di fare il Consiglio dei ministri negli altri 364 giorni a disposizione, ha deciso, comodamente, di evitare ai giornalisti uno straordinario non retribuito. Quanta delicatezza. Ecco allora lo spot promozionale in cui la presidente del Consiglio si dice fiera delle nuove norme sul lavoro, che mandano in archivio il reddito di cittadinanza togliendo ai più poveri per dare ai leggermente più ricchi, ma in realtà solo per sei mesi, dato che questo è il tempo previsto per il taglio cuneo fiscale per gli stipendi fino a 35 mila euro. Insomma i tagli saranno permanenti, le prebende temporanee. Un capolavoro con Meloni che si loda e si sbroda con tono enfatico per «il più importante taglio delle tasse di sempre» per poi arrivare al fulcro del discorso, lo slogan “fatti non parole” che prima di lei, era il 1974, pubblicizzava le lavatrici Rex. Il tutto si conclude in un apoteosi di leaderismo nella Sala del Consiglio dei ministri dove Meloni saluta la squadra dei sui vassalli, pardon ministri, seduti attorno al tavolone rotondo le rispondono in coro: «Buongiorno!» Poi il via ai lavori con un energico scampanellio e un occhiata ammiccante al popolo bue.