Confartigianato edili Fvg. Imprese strutturate ma il 67% non trova personale
Il Friuli Venezia Giulia è la seconda regione in Italia per dimensioni delle imprese artigiane in edilizia, con una media di 3,44 dipendenti (in Italia 2,43), seconda sola al Trentino-Alto Adige, che conta 4,41 addetti per impresa. . Le province di Udine e Trieste sono ai primi posti della classifica provinciale con aziende che hanno, rispettivamente, una media di 3,44 e 3,28 dipendenti. In regione, inoltre, i lavori per il Pnrr stanno determinando un aumento dell’occupazione nel settore stimato del 6,2% nel triennio 2023-2026, rispetto a una media italiana del 6,2 per cento.
È quanto ha messo in rilievo il rapporto «L’edilizia nell’era del post-superbonus e dell’estate 2024» redatto dall’Ufficio studi di Confartigianato Fvg.
Il Friuli Venezia Giulia, però, è anche tra le regioni italiane in cui le imprese del comparto costruzioni incontrano più difficoltà a trovare manodopera qualificata. È un problema segnalato dal 67,5% delle aziende della regione (fonte: Sistema Informativo Excelsior), preceduta in questa classifica soltanto da Trentino-Alto Adige, Umbria e Veneto. Non solo: la situazione è nettamente peggiorata rispetto all’anno precedente di ben 6,3 punti percentuali.
Complice anche questa difficoltà, il Friuli Venezia Giulia è al terzultimo posto in Italia per il tasso di variazione degli addetti delle micro e piccole imprese delle costruzioni rispetto al periodo pre-crisi (2019): +11,2% contro la media nazionale del +18,0%. Se consideriamo le sole imprese artigiane edili e dei settori affini la crescita è ancora più contenuta, attestandosi al +8,9%. Le regioni del Triveneto, in particolare, evidenziano il peggiore andamento di questo indicatore.
Una difficoltà di reperimento del personale su cui incidono diversi fattori, spiega il capocategoria regionale di Confartigianato Edilizia Fvg, Paolo Dri: «In Friuli Venezia Giulia scontiamo sicuramente più che in altre aree del Paese il calo demografico e la scarsa attrazione che l’edilizia ha sui giovani – considera -. A questa realtà si aggiunge un fenomeno conseguente all’era Covid: nei cantieri della regione c’era ormai una presenza consolidata di operari provenienti dall’Europa dell’Est, da Paesi comunque non molto lontani, che permettevano un rientro a casa ogni 7-15 giorni, che le aziende stavano preparando per la naturale successione dei dipendenti che sarebbero andati in pensione. Con il fermo e il rallentamento delle attività avvenuti durante la pandemia, coloro che non potevano permettersi di pagare in affitto senza lavorare, e soprattutto gli operai più specializzati, se ne sono andati verso Austria e Germania, dove non c’è stato il blocco delle attività nella misura che c’è stata da noi». Da allora, conclude Dri, «il flusso di questi operai si è spostato, lasciandoci senza la manodopera che avevamo formato».