Cop 29, conclusioni mozze, così difficile fronteggiare la crisi climatica

Fin dall’inizio molti commentatori si erano dichiarati scettici sulla volontà di numerosi Paesi di procedere verso soluzioni forti per mitigare i cambiamenti climatici e per proporre una necessaria transizione dai fossili. Ci aspettavamo decisioni forti soprattutto da parte dei Paesi più ricchi e forti, un aiuto sostanziale per i Paesi più poveri; invece, la Conferenza si è conclusa senza obblighi determinanti per quei Paesi che più inquinano.

Che cos’è la Cop29?
La Cop29 (Conference of Parties) è la 29^ Conferenza delle Nazioni unite sui cambiamenti climatici e si è tenuta a Baku in Azerbaijan dall’11 al 22 novembre, un’occasione importante per discutere come trovare soluzioni di mitigazione e cambiamento contro la crisi climatica; tra gli oggetti della discussione un nodo centrale è rappresentato dai flussi finanziari che i Paesi ricchi dovranno destinare per contribuire al Sud del pianeta.
Quali sono state fin dall’inizio le più evidenti contraddizioni?
Ricordiamo innanzitutto che si parla di Cop di transizione; anche i partecipanti sembravano dall’inizio quasi sicuri di non concludere granché, visto che il Paese ospitante, l’Azerbaijan, è uno dei massimi produttore ed esportatori di gas fossile, oltre il 90% dei proventi per esportazione, il 60% delle entrate pubbliche e il 35% del Pil.
Quali sono state le richieste dei diversi Paesi?
Grandi scontri sulle cifre e sulle norme. I Paesi dell’Africa, dell’America latina e di tutta l’Asia, Paesi in via di sviluppo, 81 nazioni in tutto, certamente i più poveri e quelli più colpiti dai cambiamenti climatici, avevano chiesto 1300 miliardi di dollari all’anno per affrontare la transizione; le nazioni industrializzate non hanno accettato. La mediazione di Brasile e Colombia, dopo gli scontri tra mondi diversi, ha ricondotto i dissidenti al tavolo ed è stato così approvato l’art.6 dell’Accordo di Parigi. Potranno “vendere o acquistare” permessi per inquinare, col carbonio, una soluzione che registra lo scontento e le difficoltà estreme dei Paesi poveri.
Quanti soldi verranno assegnati ai Paesi poveri?
“Almeno 300 miliardi di dollari all’anno da stanziare entro il 2035”, stabilisce l’accordo di Baku. Numerose le proteste, anche dalla parte delle ONG, una cifra che dovrebbe costituire la leva per raggiungere un totale di 1.300 miliardi di dollari all’anno entro il 2035 per i Paesi in via di sviluppo. Il gruppo dei Paesi meno sviluppati (Ldc) e l’Alleanza degli Stati insulari (AOSIS), 81 nazioni tra le più povere e le più colpite dai cambiamenti climatici e dal riscaldamento globale, escono per protesta dalle stanze del negoziato. Solo una cifra superiore ai 300 miliardi risponderebbe al loro bisogno di finanziamenti esterni, utile per liberarsi dal carbone, dal petrolio e dal gas, solo per adattarsi al riscaldamento futuro e per pagare i danni causati dalle condizioni climatiche estreme. Alcune delegazioni, tra cui brasiliani e colombiani, riescono a riportarli al tavolo ma l’accordo non c’è. Mancano i soldi.
Quali posizioni assunte dai Paesi partecipanti oltre alla protesta dei Paesi poveri?
La Francia ha espresso il suo scontento. Nonostante “diversi progressi”, tra cui triplicare i finanziamenti ai paesi poveri minacciati dal cambiamento climatico, la conferenza di Baku è stata caratterizzata “da una reale disorganizzazione e da una mancanza di leadership da parte della presidenza azera”, ha affermato il ministro francese. Critica anche l’India che si è opposta all’adozione del documento: “L’importo che si propone di mobilitare è abissalmente misero. È una somma irrisoria”, ha detto la funzionaria indiana Leela Nandan.
Il Gruppo africano dei negoziatori alla Cop29 ha affermato che l’accordo sui finanziamenti per il clima da 300 miliardi di dollari concordato ai colloqui delle Nazioni Unite è “troppo poco e troppo tardivo” per il continente. “Siamo estremamente delusi dalla mancanza di progressi sulle questioni critiche per l’Africa”, ha detto Ali Mohamed, Presidente keniano del gruppo. “L’Africa ha lanciato e continuerà a lanciare l’allarme sull’inadeguatezza dei finanziamenti per il clima”. Il Malawi, a nome del gruppo dei paesi meno sviluppati, che riunisce le nazioni più povere del mondo, lamenta gli obiettivi non raggiunti.
Ugualmente critiche le Ong. “I Paesi sviluppati sono determinanti” nel raggiungimento di tale importo, secondo la formulazione del testo, il che significa che altri possono partecipare. Il testo prevede che il contributo dei paesi ricchi provenga dai loro fondi pubblici, integrati da investimenti privati che mobilitano o garantiscono, o da “fonti alternative”, il che significa possibili tasse globali ancora allo studio (sulle grandi fortune, sui trasporti aerei o marittimi).
Estremamente critica l’Arabia saudita, un petrostato quasi intoccabile. Per i sauditi ogni soldo stanziato nella riduzione delle emissioni tocca le loro ricchezze, per loro il futuro è il petrolio.

Quali conclusioni?
Come in tutti i summit alcuni Paesi hanno sbattuto provvisoriamente la porta, lamentandosi di non essere stati né ascoltati né consultati, ma i 45 PMS (Paesi meno sviluppati) e il gruppo di circa 40 piccoli Stati insulari sono stati finalmente convinti a non bloccare l’accordo. Volevano che una parte degli aiuti finanziari fosse loro esplicitamente riservata, contro il parere di altri Paesi africani e sudamericani. Infine, l’accordo raggiunto anticipa al 2030 l’obiettivo di triplicare i finanziamenti, prevalentemente pubblici, che passano attraverso i fondi multilaterali, sostegni che saranno assegnati dove risulteranno prioritari.

Ci si augura, inoltre, che una tabella di marcia produca un rapporto più efficace in vista della Cop30 di Belem, nel novembre 2025 in Brasile, in particolare su come sfruttare i finanziamenti per il clima. Fornirà ai Paesi che ne hanno necessità, tra le altre cose, una nuova opportunità di ottenere più denaro sotto forma di donazioni, mentre oggi il 69% dei finanziamenti per il clima è costituito da prestiti, che vanno poi restituiti.
Parole di circostanza quelle della presidente Meloni e della presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen. Quest’ultima ha accolto “con favore” l’accordo raggiunto alla Cop29 sul clima con l’aumento degli aiuti ai Paesi in via di sviluppo. L’intesa “stimolerà gli investimenti verso la transizione pulita, riducendo le emissioni e rafforzando la resilienza ai cambiamenti climatici”, “l’Ue continuerà a svolgere un ruolo guida, concentrando il sostegno sui più vulnerabili”. Purtroppo la Von der Leyen ha dimenticato di dettagliare il “come”, ha usato di fatto parole di circostanza, nessun impegno reale. Attendiamo la prossima puntata.
Emilia Accomando

Fonti, rassegna stampa,
Pichetto Fratin: “Un accordo positivo”24/11/2024
“L’Ambiente costa, la COP29 si divide sul fondo per i Paesi poveri”, 15/11/2024.
“Il presidente della COP29 Babayev chiede aiuto al G20 per una svolta sulla transizione ecologica Il presidente della COP29 Babayev chiede aiuto al G20 per una svolta sulla transizione ecologica”, 19/11/202
“Meloni alla Cop29: – Per ora nessuna alternativa a fossili, usare tutte le tecnologie