Covid in aumento: imperativo è mettere in sicurezza gli ospedali
La testimonianza di Paolo Rumiz in merito alla sua recente ”visita” a Cattinara richiama l’attenzione sullo stato dell’ospedale hub della nostra città. Ad affermarlo è Walter Zalukar, Consigliere Regionale FVG – Gruppo Misto. Lo scrittore, spiega Zalukar, racconta di aver trovato una situazione a prima vista insostenibile: il pronto soccorso intasato da presunti contagiati, il personale medico e infermieristico allo stremo, paurosi vuoti nel personale di molti reparti, l’assenza di posti letto in isolamento per i sospetti influenzati, che così vengono dirottati in stanze occupate da malati “normali”, col rischio di una bomba epidemica. E’ una situazione già vista nel corso delle varie ondate del virus e mai adeguatamene affrontata. Infatti negli ospedali triestini continuano a permanere condizioni potenzialmente favorenti la diffusione del virus, visto che non risultano consolidati né la separazione di tutti i percorsi Covid / no Covid, né l’isolamento dei pazienti sospetti Covid o potenzialmente contagiosi, nonostante le specifiche prescrizioni normative in merito.
Sul fronte dell’assistenza territoriale la situazione non sembra migliore: ci vogliono da 2 a 4 e più giorni per l’accertamento di positività e conseguente isolamento di un sospetto Covid. In più la persona sospetta, anche se febbricitante e con sintomi, deve uscire dalla propria abitazione per recarsi a fare il tampone presso la struttura di ASUGI con mezzi propri o avvalendosi del trasporto pubblico, con il rischio di ulteriore diffusione del virus, soprattutto se il percorso è lungo e i mezzi affollati. E comunque fino all’esito del tampone la persona risulta sostanzialmente libera di muoversi. Nelle residenze per anziani i tamponi sono effettuati con maggior solerzia, ma se un ospite risulta positivo il suo trasferimento può risultare lungo e complicato, soprattutto nei giorni festivi e prefestivi, quando le attività del DIP – Dipartimento di prevenzione – e dei Distretti si riducono di molto. L’intera Azienda sanitaria triestina sconta un sistema di comunicazioni alquanto lacunoso, che è motivo di preoccupazione, visto che medici e infermieri devono poter contare su informazioni puntuali ed esaustive, e finora così non è stato. E anche l’utenza meriterebbe una migliore informazione per non lasciare dubbi e incertezze. La percentuale dei vaccinati a Trieste risulta sotto la media e quindi tanto più pesa la carenza di una strategia comunicativa mirata a intercettare le persone esitanti a vaccinarsi e a fugarne i dubbi. In questo quadro, già poco rassicurante, permangono i dubbi sull’effettivo potere filtrante di almeno una parte dei dispositivi di protezione FFP2 usati dai medici e infermieri di ASUGI (e non solo). L’ospedale di Trieste fino a pochi anni fa vantava un’apprezzabile gestione per la qualità, che valse l’accreditamento all’eccellenza – JCI – Joint Commission International, ormai perso. A ciò si dovrebbe guardare.