Dalla destra l’idea di truccare le carte riscrivendo da soli le regole del voto e, contestualmente, “prevenire” e perseguire penalmente il dissenso

Quando una maggioranza al potere parla di nuova legge elettorale e per di più lo fa nelle proprie “segrete” stanze (in realtà la sala da pranzo di Pulciella) c’è da preoccuparsi. Nei partiti la voglia di disegnarsi un futuro vestito su misura è infatti prevalente, anche se, nel recente passato, non sempre le operazioni sono andate nel verso di chi le promuoveva, ma hanno paradossalmente favorito l’avversario che si voleva esorcizzare. Il tutto indebolendo il sistema democratico e le prerogative costituzionali. Dovrebbe quindi preoccupare tutti quanto denunciato in una nota dal consigliere regionale di Open sinistra Fvg Furio Honsell che scrive: “Abbiamo appreso dai giornali di un gruppo di lavoro della maggioranza su una riforma elettorale in Fvg. Essendo della cosa pubblica che si discute, per evitare ogni forma (incluso ogni sospetto) di conflitto di interesse, prima ancora di discuterne i dettagli, andrebbe subito chiarito dalla maggioranza che questa riforma non entrerebbe in vigore nella prossima tornata elettorale. Una riforma elettorale può e deve applicarsi solamente a partire dalla tornata successiva alla prossima. Altrimenti, sarebbe troppo umiliante per la politica e imbarazzante per gli elettori veder ragionare alcuni politici regionali su come cercare di mettere in sicurezza il loro immediato futuro a meno di tre anni. Chiarito questo, si possono aprire le discussioni.”
Honsell da galantuomo qual è cerca di riportare la questione nell’alveo di un auspicabile corretto dialogo democratico perché, quando si parla di regole, sembrerebbe ovvio il coinvolgimento di tutti. Ci permettiamo però di eccepire che purtroppo tutto indica che questo auspicato dialogo in realtà, sempre che si realizzi, sarà viziato dal fatto che è ormai dimostrato nei fatti che la maggioranza di destra-centro in Regione Fvg, così come quella “melomane” a livello nazionale, sono poco propense alla critica e al dialogo tranne quello, del resto ben garantito dalla maggioranza dei media, che non sia un osannante accettazione delle loro tesi. Ribadiamo quindi che la strada, in questa così come in altre questioni, non può essere quella di chiedere il dialogo a “palazzo” o quantomeno non lo può essere in maniera avulsa da mobilitazioni territoriali. Pur capendo che le posizioni istituzionali di Honsell e spesso dell’intero centro sinistra sono dettate da correttezza istituzionale, dovrebbero prendere atto che essere corretto con gli scorretti è operazione perdente. A meno che non si goda nel  vedersi cassate automaticamente ogni proposta. Questo non può essere accettato come ineluttabile conseguenza del gioco fra maggioranza e opposizione accettando in maniera pedissequa l’idea malsana imperante che le aule consiliari o parlamentari, siano luoghi notarili dove avvallare, per alzata di mano o premendo un asettico pulsante, le decisioni dei capi. Capi o cape, che intendono la presa pro-tempore dei governi, come esercizio del potere assoluto, dimenticando, fra l’altro, che la loro maggioranza tale non è, se allarghiamo il parametro a tutti i cittadini e che anzi, ormai, si tratta della “maggioranza” all’interno della minoranza che ha espresso il voto. Il rischio che prevalga sempre di più il ritorno a brutti tempi e altissimo. Probabilmente, anzi certamente,  sarebbe necessario tornare a riempire le piazze, pratica faticosa ma senza la quale il rischio di venire progressivamente prosciugati da logiche reazionarie. Questo forse l’hanno capito più a destra che a sinistra, se infatti vediamo il cosiddetto decreto sicurezza approvato alla Camera e che presto approderà al Senato, questo non è teso a salvaguardare i cittadini comuni dai pericoli dei tempi, ma ad evitare che si manifestino forme di dissenso, soprattutto di natura spontanea, anche se non violente. Una ulteriore svolta a destra molto in odore di regime sul quale, purtroppo, non vediamo la mobilitazione della sinistra che è ancora una volta impelagata a frammentarsi o a discutere su più o meno improbabili aggregazioni di sigle e facce note. Così per dirla alla “latina” mentre a Roma si discute, Sagunto viene espugnata.