Estradizione di Julian Assange negli Usa, deciderà la ministra degli interni di Londra Priti Patel. Anche dall’Italia una lettera appello

Non è ancora tardi per bloccare l’estradizione di Julian Assange negli Stati Uniti. Certo dopo che la Westminster Magistrates’ Court di Londra ha emesso l’ordine formale di estradizione per Julian Assange, il fondatore di Wikileaks la strada della libertà è davvero impervia perchè tutto è appeso al giudizio della ministra degli Interni, Priti Patel che può dare il via libera finale al trasferimento dell’attivista australiano negli Usa, dove rischia una condanna fino a 175 anni di carcere per aver contribuito a diffondere documenti riservati su crimini di guerra commessi dalla forze americane in Iraq e Afghanistan. Ad Assange, 51 anni sono contestati 17 capi d’accusa: i magistrati americani gli imputano di aver cospirato per ottenere informazioni poi diffuse su Wikileaks. Grazie alle informazioni diffuse sul portale di Assange sono state rivelate molte notizie relative alle guerre in Afghanistan e in Iraq, in particolare – tra le altre tante cose – dell’uccisione di migliaia di civili di cui non si era saputo nulla e di unità segrete delle forze armate segrete (la Task Force 373) per uccidere i talebani senza processo. In precedenza l’organizzazione di Assange aveva pubblicato anche un memorandum della Cia del 2010 in cui si spiegavano le strategie per mantenere l’indifferenza dell’opinione pubblica tedesca e francese sulla guerra in Afghanistan :”Lo scarso rilievo della missione in Afghanistan – si leggeva tra le altre cose – ha permesso ai leader di Francia e Germania di ignorare l’opposizione della gente e di continuare ad aumentare costantemente il numero delle loro truppe nella missione Isaf”. Il problema è quindi internazionalemnte delicato, da un lato i rapporti fra Londra e gli Usa e dall’altro il fatto, non certo influente che le accuse contrro Assange sono più politiche che altro e che hanno portatao “imbarazzo” a molte cancellerie europee che, evidentemente nonvdono l’ora di mettee una pietra tombale sulla vicenda. Novità di oggi è chela richiesta di “ clemenza” ma vorremmo dire di giustizia è anche al centro di una lettera firmata da 19 parlamentari italianie (Pd, M5s, Leu e gruppo misto) che hanno inviato alla ministra dell’Interno britannica Patel un apello. “Ciò che temiamo – si legge tra l’altro nella lettera – è, da un lato, il prolungamento della detenzione di Assange le cui conseguenze potrebbero rivelarsi fatali per l’imputato e, dall’altro, un ammonimento rivolto alla stampa affinché si astenga dal raccogliere e divulgare informazioni anche se diffuse nell’interesse pubblico”. Tra i firmatari della lettera ci sono esponenti del Pd come Gianni Marilotti e Andrea Marcucci, del M5s come Primo Di Nicola e l’europarlamentare Sabrina Pignedoli, di Italia Viva (Elvira Evangelista), del Psi (Riccardo Nencini) e poi di Leu come Sandro Ruotolo e Maurizio Buccarella o esponenti del Misto come il presidente della commissione Antimafia Nicola Morra. Ad aderire sono stati già anche gli ex sottosegretari Vincenzo Vita e Alberto Maritati, la fondatrice del Manifesto Luciana Castellina, il condirettore del Manifesto Tommaso Di Francesco, il presidente della Federazione della stampa Beppe Giulietti, la portavoce di Articolo 21 Elisa Marincola e la Stefania Maurizi. Ora quindi si attende la decisione del governo di Londra, consenso all’estraddizione che è sul tavolo della ministra Patel che ha un termine massimo di 28 giorni per decidere.

Quello il testo integrale della lettera degli esponenti della politica, del giornalismo e della cultura inviata alla ministra dell’Interno inglese Priti Patel.

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Noi sottoscritti uomini e donne del mondo della politica, del giornalismo, dell’accademia ci rivolgiamo a lei in vista della cruciale decisione che è chiamata a prendere rispetto alla richiesta di estradizione dell’editore e giornalista Julian Assange, esortandola a non accogliere tale richiesta. Riteniamo che la decisione segnerà una pagina fondamentale del diritto alla conoscenza, oltre che della vita dell’imputato e della condizione dello Stato di Diritto. Da tre anni Julian Assange si trova in detenzione preventiva in un carcere di massima sicurezza senza che nessun tribunale abbia pronunciato alcuna sentenza definitiva nei suoi confronti. Ad essi se ne devono aggiungere altri nove: era il 7 dicembre 2010 quando, spontaneamente, si presentò a Scotland Yard a seguito di un mandato europeo, spiccato dalla magistratura svedese, risoltosi con la sua archiviazione. Da allora, Assange ha continuato a subire ininterrotte forme di detenzione. Il fondatore di Wikileaks ha contribuito alla comprensione delle ragioni per cui una democrazia non può e non deve essere all’origine di gravi violazioni dei diritti umani a danno di centinaia di migliaia di civili già oppressi dalla prepotenza di despoti e dall’assenza di diritti fondamentali. Le principali istituzioni e organizzazioni internazionali dedicate alla difesa e promozione dei diritti umani si sono espresse a favore della liberazione di Julian Assange. Si tratta delle stesse istituzioni democratiche, fondate a seguito della devastazione della Seconda Guerra Mondiale, a cui guardiamo con fiducia e che presentano da tempo una richiesta a cui ci uniamo e che le rinnoviamo: la fine della detenzione di Julian Assange. Il 4 dicembre 2015, il Gruppo di esperti Onu sulla detenzione arbitraria ha affermato che “il rimedio adeguato sarebbe quello di garantire il diritto alla libera circolazione del sig. Assange e di riconoscergli il diritto esecutivo al risarcimento, in conformità con l’articolo 9(5) del Patto internazionale sui diritti civili e politici.” Il 21 dicembre 2018, lo stesso Gruppo ha precisato che “agli Stati che si basano e promuovono lo stato di diritto non piace confrontarsi con le proprie violazioni della legge. Questo è comprensibile. Ma quando riconoscono con onestà queste violazioni, onorano lo spirito stesso dello stato di diritto, guadagnano un maggiore rispetto e costituiscono un esempio lodevole in tutto il mondo”. Il 5 aprile 2019, il Relatore Speciale Onu sulla tortura, Nils Melzer, si è detto allarmato per la possibile estradizione in quanto l’imputato rischierebbe di subire gravi violazioni dei suoi diritti umani, trattamenti o punizioni crudeli, disumani o degradanti, perdita della libertà di espressione e privazione del diritto a un equo processo. Il 9 maggio dello stesso anno, Melzer ha visitato Assange e ha riscontrato sintomi di “esposizione prolungata alla tortura psicologica”. L’11 aprile 2019, la Relatrice Speciale ONU sulle esecuzioni extragiudiziali, Agnes Callamard, ha dichiarato che il Regno Unito ha arrestato arbitrariamente il controverso editore “probabilmente mettendo in pericolo la sua vita”. Questa dichiarazione è condivisa dal Relatore Speciale delle Nazioni Unite sulla situazione dei difensori dei diritti umani, Michel Forst. Il 20 febbraio 2020, il Commissario per i diritti umani del Consiglio d’Europa, Dunja Mijatovic, ha dichiarato: “la potenziale estradizione di Julian Assange ha implicazioni sui diritti umani che vanno ben oltre il suo caso individuale. L’atto d’accusa solleva importanti interrogativi sulla protezione di coloro che pubblicano informazioni riservate nell’interesse pubblico, comprese quelle che espongono violazioni dei diritti umani. (…) qualsiasi estradizione in cui la persona coinvolta è a rischio reale di tortura o trattamento inumano o degradante è contrario all’articolo 3 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo”. Il 10 dicembre 2021, infine, il Segretario generale di Reporter Without Borders, Christophe Deloire, ha dichiarato: “Crediamo fermamente che Julian Assange sia stato preso di mira per i suoi contributi al giornalismo e difendiamo questo caso a causa delle sue pericolose implicazioni per il futuro del giornalismo e della libertà di stampa nel mondo.” Ciò che temiamo è, da un lato, il prolungamento della detenzione di Assange le cui conseguenze potrebbero rivelarsi fatali per l’imputato e, dall’altro, un ammonimento rivolto alla stampa affinché si astenga dal raccogliere e divulgare informazioni anche se diffuse nell’interesse pubblico. Siamo convinti che sia possibile consentire all’opinione pubblica di conoscere le ragioni alla base di cruciali decisioni politico-militari senza che questo confligga con le esigenze di sicurezza dei cittadini. Per questi motivi ci appelliamo a lei, sig.ra Ministro, affinché non dia il via libera all’estradizione di Julian Assange.

Firmatari

Gianni Marilotti, senatore
Andrea Marcucci, senatore
Riccardo Nencini, senatore
Roberto Rampi, senatore
Elvira Evangelista, senatrice
Luciano D’Alfonso, senatore
Tatiana Rojc, senatrice
Sandro Ruotolo, senatore
Maurizio Buccarella, senatore
Luisa Angrisani, senatrice
Danila De Lucia, senatrice
Francesco Verducci, senatore
Mino Taricco, senatore
Monica Cirinnà, senatrice
Andrea Ferrazzi, senatore
Nicola Morra, senatore
Paola Boldrini, senatrice
Primo Di Nicola, senatore
Silvana Giannuzzi, senatrice
Giuseppe Pisani, senatore
Gisella Naturale, senatrice
Francesco Giacobbe, senatore
Luigi Di Marzio, senatore
Elena Botto, senatrice
Fabrizio Ortis, senatore
Margherita Corrado, senatrice
Fabrizio Trentacoste, senatore
Simona Nocerino, senatrice
Marco Croatti, senatore
Nicola Morra, senatore
Mattia Crucioli, senatore
Emma Pavanelli, senatrice
Maria Laura Mantovani, senatrice
Sabrina Pignedoli, deputata europea
Clare Daly, deputata europea
Mick Wallace, deputato europeo
Francesca Donato, deputato europeo
Martin Buschmann, deputato europeo
Dino Giarrusso, deputato europeo
Pierre Larrouturou, deputato europeo
Ivan Vilibor SINČIĆ, deputato europeo
Gunnar Günter BECK, deputato europeo
Chiara Maria Gemma, deputata europea
Carles Puigdemont, deputato europeo
Antoni Comín, deputato europeo
Clara Ponsatí, deputata europea
Rosa D’Amato, deputata europea
Joachim Kuhs, deputato europeo
Marcel de Graaff, deputato europeo
Stelios Kouloglou, deputato europeo
José Gusmão, deputato europeo
Daniela Rondinelli, deputata europea
Ignazio Corrao, deputato europeo
Diana RIBA I GINER, deputata europea
Marisa Matias, deputata europea
Gunnar Beck, deputato europeo
Laura Ferrara, deputata europea
Özlem Alev Demirel, deputata europea
Eleonora Evi, deputata europea
Vincenzo Vita, già parlamentare ed ex sottosegretario alle Telecomunicazioni
Alberto Maritati, già senatore ed ex sottosegretario alla Giustizia
Gian Giacomo Migone, già senatore ed ex presidente Comm. Esteri Senato
Luciana Castellina, già deputata
Aldo Tortorella, già deputato
Alfonso Gianni, già deputato
Gianni Tamino già deputato e già deputato europeo
Beppe Giulietti, presidente Fnsi
Tommaso Di Francesco, condirettore Il Manifesto
Giovanni Terzi, giornalista
Elisa Marincola, portavoce Articolo 21
Stefano Corradino, direttore Articolo21
Valerio Cataldi, giornalista
Paolo Barretta, Carta di Roma
Stefania Maurizi, giornalista
Salvatore Cannavò, giornalista
Pier Virgilio Dastoli, docente di diritto dell’Ue
Marino Bisso, giornalista, Rete NoBavaglio
Daniele Lorenzi, presidente Arci
Danilo De Biasio, direttore del Festival dei Diritti Umani
Lorenzo Frigerio, coordinatore Libera Informazione
Paola Slaviero, scrittrice
Nicoletta Bernardi, informatica presso Università degli Studi di Perugia
Francesco Maggiurana. pianista
Gemma Guerrini, già consigliera comunale e ricercatrice, membro Aipd
(Associazione Italiana Paleografi e Diplomatisti)