Fondi per la morosità incolpevole e sociale affitti spariti dalla legge di bilancio del Governo Meloni. Sembra crociata contro i poveri
Il fondo per la morosità incolpevole e il fondo sociale affitti sono spariti dalla legge di bilancio predisposta dal governo di Giorgia Meloni. A lanciare l’allarme è stata, tra gli altri, l’Unione Inquilini. Il contributo affitto e i fondi per la morosità incolpevole sono stati negli ultimi anni strumenti utili per alleviare il crescente disagio abitativo, impedendo o ritardando gli sfratti fino a consentire ai nuclei familiari in difficoltà di trovare un’altra sistemazione abitativa. L’attuale livello degli affitti sul mercato privato della casa è, come si sa, assolutamente insostenibile per molte famiglie a causa della diffusione del lavoro povero e precario, della stagnazione decennale dei salari medio-bassi e dei livelli di disoccupazione. Per questo appare decisamente fuori luogo il mancato inserimento del provvedimento quasi si volessero colpire e annientare i poveri. Se uniamo la previsione di modifica del reddito di cittadinanza al quale è collegato un contributo affitto fino a 280 euro, essenziali per famiglie con redditi bassissimi e che venendo meno sia il reddito di cittadinanza sia il contributo affitto ad esso collegato prevedibilmente produrrà ulteriori sfratti per morosità che si aggiungeranno agli oltre 150mila fratti esecutivi pendenti, di cui il 90% per morosità. In sostanza senza un intervento riparatore del Parlamento per centinaia di migliaia di famiglie, già in grave difficoltà per l’aumento del carrello della spesa e delle bollette, sarà impossibile andare avanti.
I dati Istat
I numeri sono impietosi, nel 2021 erano 5,2 milioni (20,5%) le famiglie che vivevano in affitto, per un totale di 11,8 milioni (20,0%) di persone. L’affitto è più diffuso tra le famiglie meno abbienti, tra quelle di più recente costituzione, quelle in cui il principale percettore di reddito è disoccupato e le famiglie con stranieri. Nel 2021, le oltre 889mila famiglie povere in affitto corrispondono al 45,3% di tutte le famiglie povere, con un’incidenza di povertà assoluta pari al 18,5%, contro il 4,3% di quelle che vivono in abitazioni di proprietà. “L’analisi del titolo di godimento dell’abitazione- sottolinea l’ISTAT, mostra come l’incidenza di povertà assoluta delle famiglie dove sono presenti minori sia pari al 28,2% se la famiglia è in affitto, contro il 6,4% di quelle che posseggono una abitazione di proprietà e il 13,1% delle famiglie in usufrutto o in uso gratuito. Le famiglie in affitto residenti nel Mezzogiorno mostrano valori dell’incidenza di povertà assoluta pari al 22,4%, rispetto al 17,6% del Nord e al 15,4% del Centro. Rispetto alla cittadinanza, vive in affitto il 76,5% delle famiglie povere con stranieri; solo il 10,6% ha una casa di proprietà contro, rispettivamente, il 31,1% e il 54,9% delle famiglie in povertà di soli italiani”. Le diverse possibilità economiche delle famiglie si riflettono anche sulla qualità dei loro alloggi. Sono infatti più esposte a problemi relativi alla propria abitazioni le famiglie più povere (in cui il 14,8% lamenta la presenza di strutture danneggiate, il 16,5% problemi di umidità, il 8,8% scarsa luminosità), con percentuali decisamente superiori a quelle dichiarate dalle famiglie con redditi più elevati. Anche in ragione delle minori disponibilità economiche, maggiori problematicità si riscontrano tra le famiglie in affitto, quelle residenti nel Mezzogiorno, tra le persone sole con più di 35 anni di età e in quelle composte da soli stranieri. Anche il tasso di sovraffollamento rappresenta un indicatore di particolare rilevanza, evidenziando come sia particolarmente presente per le famiglie in affitto: tra le famiglie più agiate il tasso di sovraffollamento è pari al 9,6%, un valore circa tre volte più basso di quello osservato nelle famiglie meno abbienti (27,4% ).
Le spese per l’abitazione (condominio, riscaldamento, gas, acqua, altri servizi, manutenzione ordinaria, elettricità, telefono, affitto, interessi passivi sul mutuo) rappresentano una parte significativa del bilancio familiare e possono incidere soprattutto sulle capacità di spesa delle famiglie meno abbienti. Un indicatore di interesse è rappresentato dalla quota di famiglie in sovraccarico, ovvero con una quota di spese per l’abitazione sul reddito disponibile uguale o superiore al 40%. Quasi 2 milioni e 500 mila famiglie (9,9% del totale) si trovano in queste condizioni. “Ulteriore conferma delle condizioni di difficoltà osservate per alcuni segmenti della popolazione- sottolineano dall’ISTAT– viene dalla percentuale di famiglie che riferiscono di essersi trovate almeno una volta, nel corso del 2021, in arretrato con il pagamento delle spese per le utenze domestiche, l’affitto o le rate del mutuo (a livello nazionale rispettivamente il 6,2%, 9,4% e 2,7% delle famiglie). Il ritardo nei pagamenti delle spese per la casa si associa alla loro incidenza sul reddito disponibile: la quota di famiglie in ritardo coi pagamenti è più elevata nel quinto più povero, dove il 13,5% delle famiglie è in arretrato con le utenze (rispetto al 2% del quinto più ricco), il 16,3% delle famiglie che pagano un affitto è in arretrato con il pagamento e il 9,4% delle famiglie che hanno contratto un mutuo è in difficoltà con la rata”.