I diritti al tempo del governo Meloni
Come sono state le politiche attuate del governo Meloni nel campo dei diritti umani? E’ la domanda che si è posta Amnesty International al termine del primo anno delle destre al potere, cercando qualche risposta attraverso un’analisi condotta rispetto alle misure evidenziate nel Manifesto “Sui diritti umani chiediamo passi avanti”, pubblicato il 4 agosto 2022 in vista delle elezioni. Altro che rivendicare un anno di buon governo come ha fatto Giorgia Meloni nel su video messaggio al suo partito ieri, messaggio pieno di risibile vittimismo. La realtà è che prendendo a base il Manifesto in 10 punti che chiedeva ai leader e ai candidati dei partiti che avrebbero formato il nuovo governo e il nuovo Parlamento di impegnarsi a sostenere e promuovere i diritti umani, sia in ambito nazionale che estero non è stato minimamente preso in considerazione. In particolare, si esortava il nuovo governo a non fare passi indietro su tortura, aborto, unioni civili e in generale sulle norme a garanzia e tutela dei diritti umani. Nulla di tutto questo è stato fatto, anzi: dopo un anno dalla nomina della presidente del Consigl
io Giorgia Meloni, l’analisi presenta un bilancio che, a eccezione di pochi casi, mostra un quadro problematico rispetto alle richieste formulate nel Manifesto. Nello specifico, nel corso del primo anno del governo Meloni, sono stati registrati preoccupanti regressi su diversi fronti, a partire dai diritti sessuali e riproduttivi delle donne, rispetto ai quali non sono stati compiuti passi avanti significativi, con l’assenza di modifiche al codice penale riguardo al reato di violenza sessuale e minacce potenziali alla piena applicazione della Legge n. 194/1978. “Inoltre, sottolinea Amnesty International, abbiamo registrato passi indietro nel contrasto alle discriminazioni nei confronti della comunità Lgbtqia+, con la perdurante assenza di una legge di contrasto ai crimini d’odio e una diminuzione delle protezioni per le famiglie omogenitoriali, oltre a resistenze ingiustificate riguardo a misure antidiscriminatorie, come la procedura della “carriera alias” nelle scuole”.
Il bilancio di Amnesty International evidenzia con preoccupazione la limitazione degli spazi di protesta, la criminalizzazione dell’attivismo e i tentativi di mitigare il reato di tortura, nonché passi indietro nelle politiche migratorie e di asilo, con una particolare ostilità verso le organizzazioni che forniscono assistenza ai migranti e si occupano di soccorso in mare.
“A un anno dall’insediamento dei nuovi governo e Parlamento, si legge nel Rapporto, dobbiamo constatare una sostanziale inerzia nel contrasto al linguaggio d’odio, agli stereotipi e ai pregiudizi di genere; un’impronta securitaria rispetto a sfide epocali – quali quella migratoria e climatica – a discapito di politiche incentrate sul rispetto degli obblighi internazionali dei diritti umani; o l’adozione di misure di dubbia efficacia, se non controproducenti. Troppo spesso i diritti umani sono stati lasciati indietro, e troppo spesso la classe politica italiana non è stata in grado di recepire le istanze di cittadini e cittadine che chiedono riconoscimento dei propri diritti e tutele efficaci.
Un maggiore rispetto e tutela dei diritti significa un avanzamento per tutta la società e non la tutela di un interesse di una categoria: significa tutela dei manifestanti, ma anche delle forze di polizia, delle persone migranti, ma anche dei cittadini, di tutti i minori di qualsivoglia famiglia facciano parte. Perciò, in vista del prosieguo della legislatura, ci auguriamo che possa essere dato adeguato spazio ai temi evidenziati in questo documento e che possano essere favoriti interventi volti a combattere tutte le forme di discriminazione, a garantire le libertà fondamentali di tutti e tutte e ad agire concretamente sui problemi strutturali del nostro Paese.“
“Il governo Meloni, ha dichiarato Anneliese Baldaccini, responsabile Relazioni istituzionali di Amnesty International Italia, ha operato una decisa stretta securitaria con interventi che vanno da una successione di decreti sicurezza in ambito migratorio a quelli che restringono gli spazi di protesta, e alle proposte che cercano di legittimare l’uso illegale della forza. Questi interventi non tengono in alcun conto gli obblighi di assicurare la promozione e l’osservanza dei diritti umani in ogni azione di governo e rischiano di portare ad una grave regressione dei diritti umani in Italia.”
Amnesty International Italia continua a chiedere l’attuazione dei 10 punti del Manifesto, esortando ancora una volta il governo e il parlamento a porre i diritti umani al centro della loro azione.
Da più di 60 anni, Amnesty International persegue la sua missione di difesa e promozione dei diritti umani, mantenendo la propria indipendenza da qualsiasi governo, ideologia o interesse economico. In nome del principio fondamentale dell’imparzialità, si legge in una nota metodologica del rapporto, siamo un movimento apartitico e i nostri punti di riferimento sono la Dichiarazione universale dei diritti umani del 1948 e il diritto internazionale che ne è derivato. È, quindi, sulla base del rispetto dei diritti umani che facciamo sentire la nostra voce. Il nostro obiettivo è promuovere l’impegno della politica a rispettare i principi fondamentali di cui un paese come l’Italia non può privarsi. L’analisi “Un anno di governo Meloni – Sui diritti umani torniamo a chiedere passi avanti” è frutto di un lavoro di monitoraggio e analisi lungo un anno e concluso il 15 settembre, condotto dalla sezione italiana di Amnesty International, sulla base dell’analisi del dibattito parlamentare, dell’attività legislativa, della decretazione d’urgenza, delle dichiarazioni di parlamentari e componenti del consiglio dei ministri e delle notizie veicolate dai principali canali di comunicazione. Il progetto ha coinvolto i coordinamenti e le task force degli attivisti di Amnesty International Italia, cui è stato chiesto di segnalare notizie e iniziative relative ad uno o più punti del Manifesto, adottate a livello locale e regionale nel corso dello stesso anno. Il briefing, conclude la nota, non intende essere esaustivo, ma offrire uno spaccato sull’operato del governo e del parlamento nel primo anno della XIX legislatura, con riferimento alla tutela dei diritti umani in Italia
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