Il conflitto del Partito Repubblicano fra Camera e Senato non impedisce a Biden di governare
“Le menzogne pazzoidi e le teorie di complotti sono il cancro del Partito Repubblicano e del nostro Paese”. Così Mitch McConnell, senatore del Kentucky e leader della minoranza nella Camera Alta, mentre attaccava indirettamente la parlamentare di ultra destra Marjorie Taylor Greene senza però menzionare il nome. McConnell ha continuato prendendo le distanze da quelli “che non credono che un aereo ha colpito il Pentagono l’undici settembre, che le sparatorie che uccidono bambini nelle scuole non sono che messe in scena” e vivono in una realtà alternativa. Il senatore del Kentucky ha anche lodato la parlamentare del Wyoming Liz Cheney la quale è una dei dieci parlamentari repubblicani che ha votato per l’impeachment di Donald Trump il mese scorso.
La risposta di Greene non si è fatta attendere. La parlamentare ha ribattuto usando Twitter che “il vero cancro del Partito Repubblicano sono i deboli membri del partito che solo sanno perdere con garbo” e che per questo “stiamo perdendo il nostro Paese”.
Le due visioni del Partito Repubblicano espresse da McConnell e Greene, la quale in effetti ha cercato di prendersi il posto di Trump silenziato da Twitter, rappresentano le due fazioni: l’establishment e il populismo. Il presidente Joe Biden si è recentemente riunito con dieci senatori repubblicani “moderati”, ossia rappresentanti dell’establishment repubblicano, cercando di stabilire un accordo per affrontare la pandemia e la crisi economica ereditate da Trump. In effetti, i democratici hanno il doppio lavoro di governare e mantenere l’ordine che sarà molto difficile se i moderati repubblicani non lo assistono.
Trump è uscito dalla Casa Bianca e il blocco dei social gli impedisce di comunicare ma lui ha già altri guai con il processo al Senato sul suo secondo impeachment, il primo presidente nella storia americana ad avere subito questo “onore”. Come spesso succedeva da presidente, il caos continua a regnare. Gli avvocati che dovevano difenderlo al Senato si sono dimessi perché il 45esimo presidente voleva una strategia legale concentrata sulla presunta frode elettorale che gli avrebbe rubato la vittoria invece della possibile incostituzionalità di condannare un ex presidente. Oltre alla strategia legale c’era anche un conflitto finanziario: i legali richiedevano 3 milioni di dollari ma Trump voleva solo pagare 250mila.
Nonostante tutto i suoi seguaci continuano le sue battaglie con la stessa falsariga dell’elezione “rubata” e l’assoluta fedeltà all’ex presidente. La Greene, parlamentare estremista, 14esimo distretto della Georgia, è stata etichettata una “star” dall’ex presidente per i suoi toni battaglieri. In realtà i suoi comportamenti continuano la campagna di menzogne dell’ex presidente, incapace di ammettere che ha perso l’elezione. La Greene è anche grande sostenitrice di QAnon, il movimento di ultra destra convinto che Trump sia il messia mandato per sconfiggere i seguaci di satana che abusano i bambini. Alcune delle teorie strampalate credute da Greene includono quella che gli incendi delle foreste in California nel 2018 siano stati causati da un laser controllato da una famiglia di banchieri ebraici e che i Clinton avrebbero ucciso John F. Kennedy. Gli attacchi dell’undici settembre non sono mai esistiti, secondo Greene. Nei suoi post in social media la Greene ha sostenuto la necessità di giustiziare membri di alto profilo del Partito Democratico. Nancy Pelosi, la speaker della Camera, è rea di alto tradimento, secondo la Greene, e meriterebbe la morte. Questi post sono stati recentemente cancellati e la Greene ha spiegato che altri individui si occupavano dei suoi account social e quindi lei non è responsabile.
Per le sue posizioni estremiste i democratici hanno cercato di fare diventare Greene l’emblema del Partito Repubblicano. Ecco perché McConnell ha provato a prendere le dovute distanze. Il “capo” della Greene però è Kevin McCarthy, leader della minoranza alla Camera, il quale aveva nominato la Greene alla prestigiosa Commissione sulla Pubblica Istruzione. Nancy Pelosi ha attaccato questa mossa domandando retoricamente “che cosa pensavano i suoi leader”, alludendo ovviamente a McCarthy, senza però farne nome.
McCarthy, parlamentare del 23esimo distretto della California, divenuto leader della minoranza nel 2019, ha discusso l’incarico alle commissioni della Camera con Greene senza però eliminarla. McCarthy, aveva avuto parole poco dolci su Trump subito dopo gli assalti al Campidoglio il 6 gennaio scorso, asserendo che l’allora presidente era responsabile per gli attacchi ma ha cambiato musica recentemente. Proprio la settimana scorsa ha visitato l’adesso ex presidente in Florida come ci rivela una foto dei due leader repubblicani. Un annuncio di Trump ha chiarito che i due coopereranno per riconquistare la maggioranza del loro partito alla Camera nell’elezione di midterm del 2022.
McCarthy si trovava però nei guai ma a salvarlo forse sono stati i democratici. Steny Hoyer, parlamentare del quinto distretto dal Maryland, vice della Pelosi alla Camera, ha sottoposto gli incarichi di Green alle commissioni di Bilancio e Istruzione a un voto di tutta l’aula. Con 230 voti a favore (219 democratici e 11 repubblicani) e 199 contrari la Greene è stata espulsa. Niente di grave, secondo le sue dichiarazioni il giorno dopo, perché le commissioni “sarebbero una perdita di tempo”. I suoi guai però non sarebbero finiti. Jimmy Gomez, parlamentare democratico (California, 34esimo distretto) ha anche introdotto una mozione che espellerebbe Greene completamente dalla Camera ma il requisito di 2/3 dei voti dei suoi colleghi fa credere che non andrà in porto. Una censura, invece, introdotta dalla parlamentare Nikema Williams, democratica, quinto distretto della Georgia, è più probabile poiché richiede una semplice maggioranza.
Mentre i repubblicani litigano fra di loro alla ricerca dell’anima del loro partito, Biden continua a governare. Oltre ai suoi ordini esecutivi per ribaltare i danni causati dal suo predecessore le ultime notizie ci indicano che il suo stimolo di 1900 miliardi sia indirizzato verso la manovra di “reconciliation”. Questo meccanismo richiede una semplice maggioranza e raggirerebbe il filibuster al Senato secondo le cui regole 41 dei 100 senatori potrebbero bloccare il disegno di legge. Biden ha bisogno dei repubblicani per unificare il Paese ma prima di metterlo in atto McConnell e McCarthy devono eliminare o almeno tenere sotto controllo l’influenza di Trump che continua a ingombrare il panorama politico.
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Domenico Maceri,
PhD, è professore emerito all’Allan Hancock College, Santa Maria, California. Alcuni dei suoi articoli hanno vinto premi della National Association of Hispanic Publications.