Il gioco di manipolazione energetica continua con nuove orribili manovre sul nucleare

Il 5 luglio scorso è stata una brutta pagina per l’Europa, i legislatori dell’Unione Europea hanno votato per permettere che il gas naturale e l’energia nucleare venissero etichettati come investimenti verdi, ignorando tutte le ricerche che mostrano l’impatto distruttivo di queste energie sul nostro ambiente e soprattutto i rischi che la scelta nucleare con le attuali tecnologie potrebbe comportare. Il giorno dopo, il 6 luglio, il governo francese decideva di nazionalizzare Edf, il gigante del nucleare transalpino con una spesa stimata di 9 miliardi di euro. Un caso? Difficile crederlo, l’atto delegato deciso a maggioranza dal parlamento Europeo attribuisce di fatto al gas e al nucleare un’etichetta di investimenti “verdi” con tutti i benefici collegati, nonostante le elevate emissioni provenienti dal gas fossile e le scorie radioattive e i problemi di sicurezza dell’energia nucleare. Ciò rischia di convogliare miliardi di euro di investimenti in queste fonti energetiche dannose, sottraendoli alle energie rinnovabili realmente sostenibili, come l’energia eolica e solare. Fra l’altro il rischio dell’energia nucleare, come hanno ben dimostrato vari disastri, è uguale se non maggiore di quello delle armi nucleari. Le esplosioni delle centrali nucleari infatti, diffondono la radioattività a livello del suolo e in quantità molto maggiore rispetto alle armi nucleari cosiddette “tattiche”, colpendo tutte le forme di vita in maniera incontrollata e per aree vastissime. Tornando alla decisione che odora molto di funzionale ai problemi francesi, infatti è notorio che il nucleare in Francia non navighi affatto in buone acque e che l’arrivo di fondi europei rivitalizzerebbe un settore a spese della collettività europea. Il problema è che molte centrali sono arrivate al capolinea, cioè il temuto momento del decommissioning (dismissione) e messa in sicurezza dell’impianto e delle scorie, con costi davvero enormi che evidentemente si vorrebbero scaricare sulla collettività europea attraverso il finanziamento della costruzione di nuove centrali nucleari. Secondo il dottor Paul Dorfman, professore associato al Centro di Ricerca di Scienze Politiche dell’University of Sussex, “l’EDF (la società nucleare francese) è enormemente indebitata e si trova a dover pagare un enorme cifra, fino a cento miliardi di euro, per mantenere la sua vecchia flotta nucleare. Il reattore EPR di punta dell’EDF è eccessivamente costoso e obsoleto, ovunque venga costruito.” In questa operazione di finanziamenti fini “verdi” è ovvio che l’Italia ha molto da perdere. Nel nostro paese, nonostante alcuni rigurgiti di avventurieri della politica non certo disinteressata, il nucleare è fuori questione e non solo per il peso di ben due referendum. Sappiamo infatti che questo, davanti ad una politica mediocre quanto spregiudicata, non sarebbe ostacolo insormontabile. Di più lo sono le inequivocabili problematiche che un cambio di rotta energetico comporterebbero. Innanzitutto per i tempi di realizzazione di nuovi impianti e per i proibitivi costi. Anche se gli sponsor politici del nucleare, come detto non certo disinteressati, sono gli stessi poteri che negano da decenni l’influenza delle attività umane sull’ambiente e stanno ora manipolando la nozione di energia rinnovabile cercando di etichettare il gas e l’energia nucleare come energie verdi, pensano, oltre ad eventuali fondi europei, di mettere le mani sui soldi degli utenti, di tutti noi quindi, attraverso il possibile dirottamento delle quote in bolletta, ora destinate alle rinnovabili, che allargando il concetto anche al nucleare, potrebbero quindi essere scippati alla vera transizione verso le rinnovabili. I più “antichi” fra noi forse ricordano che a suo tempo, era il ’92, si usarono i fondi del CIP6 destinati alle rinnovabili, per darli a raffinerie e inceneritori. Una operazione resa possibile grazie all’azione delle stesse lobby che oggi sono più che mai attive. Questa decisione “verde” è stata presa mentre l’Europa è impegnata in una guerra geopolitica con la Russia (attraverso un conflitto per procura in Ucraina), che ha prodotto enormi tensioni sulle fonti energetiche e che rischiano di far passare l’impensabile. Come sappiamo l’Europa e gli Stati Uniti hanno vietato la maggior parte delle transazioni economiche con la Russia, che fornisce il 40% dell’energia europea. Una seconda crisi che incide sulla decisione è l’inflazione mondiale incontrollata che ha seguito la pandemia di COVID. Questi due fenomeni hanno, in alcuni luoghi, triplicato il prezzo dell’energia, portando il prezzo del gas negli Stati Uniti a 6 o 7 dollari al gallone, contro i 2 o 3 dollari di appena pochi mesi fa. Gli stessi poteri politici che negano da decenni l’influenza delle attività umane sul cambiamento climatico stanno ora cercando di manipolare la nozione di energia rinnovabile cercando di etichettare il gas e l’energia nucleare come energie verdi, dimenticando il Co2 e soprattutto le scorie nucleare che le centrali si portano dietro. Cecano fra l’altro di intorbidire le acque parlando di centrali nucleari di nuova generazione e facendo confusioni introducendo il tema della fusione nucleare, che sarebbe certamente una soluzione ma che è lontanissima dall’essere realizzata. Siamo ancora alla ricerca e semmai su questa si potrebbe investire, non certo sulla costruzione di centrali nucleari tradizionali dipinte di verde. Parlando ovviamente con il senno di poi, se 30 anni fa queste stesse autorità avessero investito in maniera straordinaria nelle energie rinnovabili, il costo dell’energia oggi sarebbe minimo per tutti e avrebbe ridotto il potere dei paesi produttori di petrolio. Naturalmente, questa soluzione sarebbe stata troppo semplice per le cosiddette “nazioni sviluppate” e “troppo costosa” per le nostre società, che adesso danno questo denaro direttamente alle compagnie petrolifere private (che non lo reinvestono in energia rinnovabile) e che sono spesso diventati sponsor dei politici amici. È interessante osservare, pur con le dovute differenze, due paesi le cui situazioni attuali sono alquanto contrastanti: la Costa Rica, che ha iniziato a investire in energie rinnovabili 30 anni fa, e la Francia, che ha deciso di investire nell’energia nucleare. Oggi, l’energia in Costa Rica è gratuita e il paese ne produce più di quanta possa utilizzare, mentre la Francia sta affrontando una terribile crisi energetica. Sembra banale dirlo ma sarebbe giunto il momento di rivalutare i nostri modelli e obiettivi e di concentrarci maggiormente sullo sviluppo a lungo termine invece che sul guadagno politico a breve termine. Sembra non più differibile costruire una nuova cultura energetica che dia priorità al futuro e permetta di produrre un’energia sicura e rinnovabile, disponibile per tutti.