Il migrante morto suicida a 23 anni nel Cpr di Torino era lo stesso aggredito il 9 maggio scorso a Ventimiglia
La procura di Torino ha avviato degli accertamenti sul caso di Musa Balde, il migrante morto suicida a 23 anni nel Cpr di Torino. Il giovane era stato portato nella struttura perché, nel corso delle indagini scaturite dall’aggressione a Ventimiglia di cui rimase vittima, era risultato irregolare. Così la risposta dello stato italiano è stata farlo diventare vittima due volte e condannarlo ad un destino che evidentemente il ragazzo non poteva sopportare. Secondo il garante nazionale dei diritti delle persone private della libertà personali Mauro Palma il migrante non è stato seguito come la sua situazione richiedeva.
Il 23enne, originario della Guinea, il 9 maggio era stato aggredito da tre persone riconosciuti grazia ad un filmato denunciati per lesioni aggravate dall’uso di corpi contundenti. Sono tutti residenti a Ventimiglia e uno di essi con precedenti di polizia.
“A quanto mi risulta su Moussa non è stato attivato nessun sostegno di natura psicologica”. Lo afferma Gian Luca Vitale, l’avvocato che seguiva il caso del giovane originario del Gambia rinchiuso nel Cpr di Torino.
“Una persona affidata alla responsabilità pubblica – dice il garante nazionale dei diritti delle persone private della libertà personali, Mauro Palma – deve essere presa in carico e trattenuta nei modi che tengano conto della sua specifica situazione, dell’eventuale vulnerabilità e della sua fragilità. Questo non è avvenuto”.
Il giovane invece, dopo il ricovero in ospedale, era stato trasferito dalla Liguria a Torino e rinchiuso, come “clandestino”, nel Cpr di corso Brunelleschi. Due settimane dopo l’aggressione si è impiccato con le lenzuola del suo letto. A confermare la drammatica situazione in cui si trovava il ragazzo è la testimonianza di Monica Gallo, garante per i detenuti del Comune di Torino e referente per il monitoraggio delle condizioni delle persone accolte nel Cpr di corso Brunelleschi che aveva già sottoposto il caso al garante nazionale dei diritti delle persone private della libertà personali, Mauro Palma. Tutto troppo lento, tutto troppo tardi.