Il percorso artistico di Pino Furlan in un’esposizione che si aprirà il 10 dicembre a Ronchi dei Legionari

Giuseppe “Pino” Furlan – CCM – Foto Luca A. d’Agostino/Phocus Agency © 2021

Il Comune di Ronchi dei Legionari e il Consorzio Culturale del Monfalconese-Ecomuseo Territori presentano venerdì 10 dicembre, alle 18, nell’Auditorium comunale di via Cau de Mezo, a Ronchi dei Legionari, la mostra “Pino Furlan – verificare i limiti dell’infinito 1920-1987”, a cura di Marina Dorsi e Luca Geroni. L’importante evento espositivo, realizzato anche con il contributo della Banca di Credito Cooperativo di Staranzano e Villesse e con il patrocinio della Fondazione Cassa di Risparmio di Gorizia, viene allestito su tre sedi, quelle dell’Auditorium, di Villa Vicentini Miniussi, sede del CCM, e dell’Antiquarium di Androna Palmada, segue la mostra allestita alla fine del 2020 e all’incontro organizzato a novembre per ricordare l’artista ronchese a cent’anni dalla nascita.

Giuseppe “Pino” Furlan – CCM – Foto Luca A. d’Agostino/Phocus Agency © 2021

All’inaugurazione della mostra, che rimarrà aperta fino all’11 marzo del 2022, interverranno il Sindaco Livio Vecchiet e l’Assessore alla Cultura di Ronchi dei Legionari Mauro Benvenuto, il Presidente del Consorzio Culturale Davide Iannis e i curatori. La mostra si articola in tre sezioni, esplorando in modo esaustivo le principali fasi del percorso artistico di Pino Furlan. L’allestimento della prima sezione della mostra all’interno dell’Antiquarium comunale non è un caso, data l’ubicazione in Palmada, dove nacque l’artista. Il legame con Ronchi dei Legionari è fortissimo e i documenti, esposti nelle vetrine, attestano in parte una relazione mai interrotta. Sono fotografie di famiglia, la lista di leva della classe 1920, anno in cui nacque Furlan, ma anche la prima importante recensione di Bruno Punter del 1950. Sulle pareti sono visibili la copia a carboncino da una vecchia fotografia, le vedute di case e chiese di Ronchi, le nature morte e una figura femminile. Queste opere rivelano sia la sua innata sensibilità per il colore e per la luce, filtrata dalla conoscenza della pittura triestina di fine Ottocento e inizio Novecento, sia la volontà di rappresentazione della realtà quotidiana. Sono questi i due aspetti che qualificheranno buona parte della sua produzione. Le opere esposte, va detto, provengono dalla Collezione privata di Elisabetta Furlan, figlia dell’artista, dalla Collezione del Comune di Ronchi dei Legionari acquisita e restaurata nel 2008, grazie al contributo della Fondazione Carigo, dalla Collezione della Banca di Credito Cooperativo di Staranzano e Villesse e dai collezionisti privati che hanno messo a disposizione pregiati esempi di quanto prodotto da Pino Furlan in più di quarant’anni di attività.
In Villa Vicentini Miniussi si esplora il Neorealismo magico di cui Furlan si fece interprete. Nel corso degli anni Cinquanta l’artista traduce l’esperienza neorealista in maniera del tutto particolare, con gli aspetti della vita quotidiana catturati in un’atmosfera sottilmente metafisica. Oltre alle biciclette capovolte, il mezzo di trasporto per il lavoro che diventa “rifugio” dal sole durante le giornate al mare, Furlan affronta lo studio degli esseri umani nella loro quotidianità. È una pittura raffinata quella di Furlan, di un’artista che ha sentore della rivoluzione neocubista, come spiegano i curatori, ma nello stesso tempo è affascinato dalle atmosfere alla Casorati. Alla fine degli anni Cinquanta, però, la sua realtà inizia a diventare sempre più geometrica e la sua arte subisce un mutamento. I documenti esposti nelle bacheche permettono di ricostruire l’attività espositiva sin dalla prima mostra staranzanese del 1949, dove il giovane Furlan si fa notare insieme agli amici Depetris, Marcozzi e Poian.

Nell’Auditorum si sviluppa l’ultima fase artistica. Dalla seconda metà degli anni Settanta l’arte di Pino Furlan inizia a virare verso una sempre maggiore attenzione per il colore e per l’astrazione. I paesaggi diventano sempre più indefiniti e i “giochi” diventano poesia. L’artista, che non ha mai abbandonato lo studio di certi soggetti, come per esempio le facciate delle chiese, li affronta ora in maniera diversa, analizzando nel profondo la loro struttura e la loro essenza e compiendo una ricerca formale che lo colloca tra il postmodernismo e un certo tipo di pittura americana a lui evidentemente affine e congeniale. Tale indagine porta alla realizzazione dei monocromi, vera e propria epifania del lirismo cromatico del pittore. Chiudono il suo percorso artistico le Madri, un’altra tematica che ha connotato la produzione sin dall’inizio della carriera. La documentazione proposta attesta, invece, il lavoro di illustrazione del libro di poesie di Silvio Domini “Lucamara”, in cui la musicalità delle immagini completa quella delle parole.

Orari di apertura:
Mercoledì 9.30-12.30, Sabato e Domenica 9.30-12.30, 15-18, il 24, 25 e 26 dicembre, 31 dicembre e 1 gennaio chiuso.
Ingresso libero solo con Green Pass Rafforzato