Il quesito del momento: Quanti 49 milioni ci stanno in 209 miliardi?

Difficile valutare quanto Draghi potrà davvero fare, certo l’esperienza e la preparazione non gli manca e da buon banchiere neppure il pelo sullo stomaco, mentre di frequentazioni dubbie ne ha di certo avute, non si può infatti navigare nei mari tempestosi dell’alta finanza senza incontrare pescecani di ogni risma e lui ha certamente imparato a nuotare in un mare pieno di insidie. Dubitiamo però che abbia mai avuto a che fare direttamente con i bassifondi della politica italica, o meglio, i contatti li ha avuti praticamente da sempre, ma con quasi sempre il coltello dalla parte del manico e con sufficienti chilometri di aria europea che gli hanno consentito di respirare. Oggi però la situazione è diversa dal passato, dovrà immergersi nelle nebbie e nella palude e non è escluso che le sabbie mobili abbiano ragione, se non subito, anche del suo indiscutibile carisma. La storia e non solo in Italia, è piena di “salvatori della patria” che da stelle luminose si sono trasformate in nana bianca per poi spegnersi. Speriamo per tutti che non sia così e soprattutto che il Draghi nazionale sia nocchiero in grado di traghettare il paese fuori dalla crisi pandemica e dalle sue conseguenze non solo sanitarie e magari, sorprendendoci, per la capacità di rappresentare e tutelare non solo i soliti interessi patrimoniali a lui certamente più familiari. La speranza è l’ultima a morire, ma di certo i compagni d’avventura che si troverà sul cammino non sono rassicuranti a partire dal suo presunto maggior sponsor. Non parliamo di Mattarella che certa narrazione descrive essere il regista e che invece al massimo è un talent scout, ma di quel Matteo Renzi che prima ha portato il paese sull’orlo del baratro innestando una crisi di governo in piena emergenza pandemica e oggi sta cercando di prendersi il merito dell’arrivo del più bravo di tutti. Con la faccia tosta che lo contraddistingue sembra aver iscritto Draghi a Italia Viva, tanto che gli ha già fatto sapere che con lui andrà tutto liscio, insomma è partito già il “Draghi stai sereno” che siamo certi avrà fatto muovere un movimento scaramantico indicente al garbatissimo supermario. Restando poi a destra, perchè è certamente lì, nei fatti, che si deve ormai collocare Italia Viva, anche la posizione in commedia del secondo Matteo rasenta il farsesco e il copione da melodramma potrebbe trasformarsi in dramma. Sembrano passati lustri da quando sulle spiagge del Papeete e con un mojto in mano chiedeva poteri assoluti. Oggi l’unica soddisfazione per lui è aver visto cadere l’odiato Giuseppe Conte nella polvere anche se … di stelle. Magra consolazione per il “felpa” visto che lui nella vicenda è stato ininfluente. Ma siccome l’occasione fa l’uomo… avido, l’idea di lasciar gestire l’albero della cuccagna del recovery fund ad altri gli ha fatto partire l’embolo della .. incoerenza. Piatto ricco mi ci ficco…. deve aver pensato cercando di calcolare quanti “49 milioni” di euro entrano in 209 miliardi. Calcolo complicato per uno che anche a parole non sta molto bene, visto che utilizza ripetutamente sempre le stesse, come un mantra. Degli slogan “porti chiusi”, “clandestini a casa”, “prima gli italiani” e “flat tax o morte” resta solo uno sbiadito ricordo sbianchettato dalla voglia di essere al tavolo della ripartizione dei danari del Recovery Fund. A lui resta ora  il ruolo di mostrare la faccia di tolla al suo “popolo” e con una giravolta degna del Berlusconi in massimo spolvero, percorre la via dell’incoerenza che non è certo nuova nella storia leghista. Del resto nella lunga evoluzione si è partiti da “prima i lombardi” per passare a “prima i padani” per poi approdare a “prima gli italiani” ed oggi nell’apoteosi post-sovranista siamo a “prima gli europei” e financo, per ora silenziosamente, “a prima gli extracomunitari”. Con i clandestini che diventano migranti nell’assordante silenzio di Salvini dopo lo sbarco della Ocean Viking, perchè con il sì a Draghi per la Lega sui migranti va applicata la “legislazione europea”. In sostanza oggi la linea del carroccio è quella del “no a posizione ideologiche” e chiede che vengano applicate le stesse norme di “Francia e Germania”, cioè proprio il regolamento di Dublino che impone agli Stati di primo approdo di farsi carico dell’accoglienza dei richiedenti asilo. A brandire bellicosamente l’ascia di guerra resta solo Giorgia Meloni che, con il suo blocco navale, è ormai la sola a sventolare la bandiera sovranista sperando, prima o poi, in onore al suo nome di infilzare la preda. Insomma san Giorgia alla caccia del “draghi”. Vedremo se la coerenza sovranista porterà ad ulteriori spostamenti elettorali dal verde leghista al nero neofascista. Restando sempre a destra, e non considerando cespuglietti e schiavi, c’è anche Berlusconi che parla di governo dei migliori. Ora è evidente che parlare di migliori cercandoli nelle file di Forza Italia rischia di essere una missione impossibile. Certo l’excavaliere è abituato alla gestione televisiva dove la campagna acquisti era fra artisti, spesso di talento, ma oggi nel suo, come anche negli altri partiti o movimenti, parlare di migliori è come voler pescare genialità nella palude della mediocrità. A proposito di mediocrità, vogliamo parlare del M5s? Pensare che le stelle brillanti in quel firmamento siano cinque è davvero ottimismo sfrenato. La storia l’insegna, non bastano onestà e slogan per governare. Non servono idee bislacche per la mobilità davvero sostenibile o sconfiggere davvero la povertà (anche se il tentativo di farlo è stata comunque una novità positiva). Una testa un voto, o meglio una testa un pensiero….. fanno solo una enorme confusione, come si può plasticamente osservare in queste ore. Ma se Atene piange non è che a Sparta si rida. A sinistra, o meglio nel Pd dei superstiti alle fusioni fredde prima e alle purghe renziane poi, l’individualismo ormai la fa da padrone. Nel partito erede delle monolitiche decisioni, oggi parlano tutti, meno quelli che dovrebbero farlo e magari nei tempi giusti. Non sarebbe un problema se le decisioni fossero poi prese, ma invece sembra esserci una perenne indeterminatezza che poi viene smossa dagli eventi esterni. Un partito che gioca di rimessa alla lunga diventa inutile. C’è poi il costante big bang a sinistra con la diaspora continua ed esponenziale di chi, credendosi nel giusto, e forse in molti caso avendolo pure, si è auto-condannato all’irrilevanza delle proprie rigidità, non solo politica, e sarebbe già grave, ma anche sociale e culturale. Nella miriade di sigle nel quale si è frantumata la sinistra ideologica è normale vi siano distinguo sul ruolo di Draghi, sulla sua storia, su cosa e chi rappresenti sul serio, quello che non è normale è che dopo aver governato con Conte (reduce dall’unione con Matteo Salvini) si faccia gli schizzinosi con Draghi. Insomma non c’è da essere allegri, più di una volta osservando le dinamiche italiche ci è venuta voglia di dichiarare guerra a qualcuno per poi arrendersi subito nella speranza di essere annessi. Ebbene oggi è stato fatto, ci siamo arresi a Mario Draghi… Resta da capire chi pagherà le spese di un conflitto irresponsabile in atto ormai da decenni e se Mario Draghi sarà in grado di decidere di non fare prigionieri, magari partendo dai vari Matteo.

Fabio Folisi