Il Servizio Sanitario Nazionale esiste da 43 anni, ma le sue origini risalgono al 1948 quando la Costituzione riconobbe il diritto universale alla salute

 

Quasi 43 anni fa la Legge 883 del 23 dicembre 1978 ha istituito il Servizio Sanitario Nazionale (SSN). La scelta di allora di ispirazione costituzionale si basava su tre principi cardine: l’universalità, l’uguaglianza e l’equità. Una tappa fondamentale per lo sviluppo della sanità pubblica italiana, che ancora oggi, nonostante negli ultimi decenni ci si sia messi d’impegno per minarla, spicca in Europa e nel mondo per il suo carattere universalistico e che affonda le proprie radici nell’articolo 32 della Costituzione: la nostra Carta, va ricordato, è stata la prima nel Vecchio Continente a riconoscere e mettere nero su bianco il diritto alla salute per tutti a prescindere da censo o provenienza geografica.
Insomma, quello del Servizio Sanitario Nazionale italiano è stato un percorso lungo e sostanzialmente di successo nonostante alcune derive che oggi la crisi pandemica ha messo drammaticamente in evidenza sulla pelle e salute di migliaia di italiani. Ad oggi sono infatti 106.000 i morti da Covid 19 e al ritmo medio di 500 nuovi decessi al giorno il dato è destinato a non essere definitivo. Anche per capire meglio l’oggi è particolarmente utile ripercorrere le principali tappe che, dal dopoguerra a oggi, hanno portato il Sistema Sanitario Nazionale a essere riconosciuto come uno dei migliori al mondo pur come sappiamo con una qualità a macchia di leopardo aggravata dalle scelte di decentramento compiute a partire dalle modifiche al Titolo V del 2001 che pur volendo rispondere ad esigenze teoricamente di vicinanza ai territori in realtà ha finito per amplificare le diseguaglianze. Partendo dunque dal 1948, con la nascita della Repubblica Italiana e con essa la sua Costituzione, analizziamo di seguito i diversi momenti chiave per la sanità pubblica fino ad arrivare al 2017, quando sono stati aggiornati i Livelli essenziali di assistenza (Lea), mentre oggi, alla luce dello stress test pandemico, si è riaperto il dibattito sulle scelte di gestione regionale.

Per meglio comprender la genesi storica del Servizio Sanitario Nazionale (SSN) bisogna partire dal
1861, dall’Unità d’Italia.
La situazione sanitaria del Paese oltre 160 anni fa era decisamente critica. Nel 1863 l’età mediana di aspettativa di vita non arrivava ai 50 anni, fermandosi a 49,29. Per i nascituri l’aspettativa di vita era di soli 5 anni e mezzo tanto che nel 1863, su 1.000 bambini nati vivi, 232 muoiono durante il primo anno di vita. Con il consolidarsi dell’Unità d’Italia l’aspettativa cresce con aumenti e flessioni, ma con un complessivo trend in crescita che fa registrare come età media di morte 54 anni nel 1881, quasi 60 nel 1891, 62,46 nel 1901, fino ai 71,11 del 1951. Secondo dati Istat del 2007 la speranza di vita per un bambino che nasce in Italia è di 78,67 anni, mentre una bambina può sperare in 84,04 anni da vivere. Una prima svolta la si ha nel 1865 quando la tutela della salute è affidata al Ministero dell’Interno. La legge Pagliani-Crispi del 1888 trasforma l’approccio di polizia sanitaria in sanità pubblica, creando un primo assetto organizzativo. Al 1907 risale il primo Testo unico delle leggi sanitarie (aggiornato nel 1934). Nel 1945 nasce l’Alto Commissariato per l’igiene e la sanità pubblica, presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri.

1948, la salute diventa un diritto fondamentale per tutti
L’articolo 32 della Costituzione italiana afferma che:
“La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività e garantisce cure gratuite agli indigenti. (…) La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana”. La norma è rivoluzionaria nel doppio valore della salute: è un diritto individuale inviolabile e assoluto e un bene di rilevanza collettiva. L’Italia è stata la prima in Europa a riconoscere il diritto alla salute nella sua Costituzione. Ma come spesso è accaduto la nostra Carta è stata in larga parte inapplicata, spesso stravolta e qualche volta modificata in maniera impropria e improvvida.

1958, nasce il Ministero della Sanità
La legge 296 del 13 marzo 1958 istituisce il Ministero della Sanità che assorbe le competenze dell’Alto Commissariato e delle altre amministrazioni centrali preposte alla sanità pubblica. È coadiuvato nelle proprie funzioni dal Consiglio superiore di sanità, organo consultivo, e dall’Istituto superiore di sanità, organo tecnico-scientifico. Insomma entrano in gioco esperti e scienziati nel ruolo di consulenti operativi.
Sono istituiti sul territorio:
gli uffici del medico e del veterinario provinciale, coordinati dal prefetto;
gli uffici sanitari dei Comuni e dei consorzi;
gli uffici sanitari speciali (di confine, porto e aeroporto).

1978, la svolta: nasce il Servizio Sanitario Nazionale
La Legge Mariotti del 1968 istituisce e organizza gli Enti Ospedalieri, costituisce il Fondo nazionale ospedaliero e introduce la programmazione ospedaliera attribuendone la competenza alle Regioni. È la premessa per la nascita del Servizio Sanitario Nazionale (SSN), istituito dalla legge 833 del 1978 e costituito dal “complesso delle funzioni, delle strutture, dei servizi e delle attività destinati alla promozione, al mantenimento e al recupero della salute fisica e psichica di tutta la popolazione”.

Anni ‘90, il riordino del Servizio Sanitario Nazionale
Negli anni ‘90 si registra una sempre maggiore esigenza di risorse finanziarie per sostenere il funzionamento del SSN. Con i decreti di riordino del 1992-1993 e del 1999 (riforma Bindi), si rafforza il potere delle Regioni e si introduce l’aziendalizzazione, in modo da garantire a tutti i cittadini i livelli uniformi ed essenziali di assistenza e le prestazioni appropriate, assicurati dalle Regioni tramite le aziende sanitarie e la programmazione. Le unità sanitarie locali (USL) diventano aziende sanitarie con autonomia organizzativa (ASL).

2001, la riforma del titolo V della Costituzione
La legge 3 del 2001 (riforma del Titolo V della Costituzione) all’art.117 ridisegna le competenze di Stato e Regioni in materia sanitaria. Lo Stato ha competenza esclusiva per la profilassi internazionale, determina i “livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti sul territorio nazionale” e i principi fondamentali nelle materie di competenza concorrente. Ogni Regione assicura i servizi di assistenza sanitaria e ospedaliera. Dal 2001 gli accordi tra Stato e Regioni sono lo strumento con cui si disegna l’assistenza pubblica in Italia.

 

2001, da Sanità a Salute, il ruolo della prevenzione
La situazione sanitaria del Paese è cambiata. Grazie a migliori condizioni igienico-sanitarie, disponibilità di vaccini, evoluzione della medicina, presenza di farmaci innovativi, accesso diffuso a cure e prestazioni per tutta la popolazione, l’aspettativa di vita è cresciuta. Sono però aumentate le malattie croniche, quelle cardiovascolari e i tumori. Obiettivo strategico non è solo curare, ma prevenire e mantenersi in buona salute nel corso della vita. Molte malattie si possono evitare, intervenendo sui principali fattori di rischio modificabili (tabagismo, abuso di alcol, scorretta alimentazione, sedentarietà) e curare grazie alla diagnosi precoce.

La legge n. 317, del 3 agosto 2001, modifica la denominazione da Ministero della Sanità a Ministero della “Salute”. L’aggiornamento della definizione va a rispecchiare la nuova missione svolta dal Ministero in linea con il concetto espresso dall’Organizzazione Mondiale della Sanità che definisce la salute: “Una condizione non più di assenza di malattia ma di completo benessere fisico, mentale e sociale”. Si vuole, quindi, sottolineare il ruolo del Ministero di promotore della salute della persona nella sua interezza e complessità. Il Ministero della Salute è l’organo centrale del Servizio Sanitario Nazionale. Il suo ruolo è mutato negli anni a seguito di interventi legislativi. Nel quadro attuale, esercita le funzioni spettanti allo Stato in materia di tutela della salute umana, sanità veterinaria, tutela della salute nei luoghi di lavoro, igiene e sicurezza degli alimenti, coordinamento del SSN (ferme restando le competenze attribuite alle Regioni).

Le sfide della sostenibilità: nel 2017 aggiornati i LEA
Per garantire la tutela della salute e contenere la spesa sanitaria nascono i Livelli essenziali di assistenza (LEA), le prestazioni e i servizi che il Servizio Sanitario Nazionale è tenuto a fornire sul tutto il territorio a tutti i cittadini, gratuitamente o con partecipazione alla spesa (ticket), finanziati con le risorse pubbliche. Le Regioni, con risorse proprie, possono garantire prestazioni ulteriori rispetto a quelle incluse nei LEA. I LEA, definiti nel 2001 e aggiornati con il DPCM 12 gennaio 2017 sono il nucleo essenziale irrinunciabile del diritto alla salute. Purtroppo resta quasi teoria perchè è subito chiaro che i ripetuti tagli di bilancio hanno minato alle fondamenta il sistema creando non solo ampissime sperequazioni territoriali ma, anche grazie all’ingresso potente della comunicazione propagandistica, la costruzione di miti che l’odierna pandemia a mostrato essere con i piedi d’argilla.

2020 la pandemia investe il Paese e con esso il sistema sanitario regionalizzato che fra poche luci e molte ombre dimostra la sua inadeguatezza, uno stress test  drammatico reso  devastante anche da incapacità gestionali individuali e non solo di sistema, mitigato per fortuna  dalla volontà del personale sanitario a tutti i livelli che hanno reagito senza risparmiarsi. Ma questa è cronaca……