Inflazione ed emergenza lavoro, famiglie Fvg in trincea. Allarme Cgil: “Emergenza grave anche a causa del precariato
Arginata e frenata nelle fasi più acute della pandemia, grazie all’ingente dispiego di risorse impiegate in ammortizzatori, ristori e altre forme di sostegno al reddito, la povertà rischia ora di dilagare a causa dell’inflazione e in particolare del calo bollette. Se è vero infatti che già alla fin del 2022 l’impatto stimato dell’inflazione è di 200 euro in media a famiglia, l’ulteriore impennata dei costi energetici nel quarto trimestre e soprattutto nel 2023 rischia di spingere decine di migliaia di famiglie nelle aree di disagio e povertà. Anche in Friuli Venezia Giulia. A lanciare l’allarme, con un seminario organizzato a Cividale, la Cgil regionale, con il segretario Villiam pezzetta e il responsabile del dipartimento welfare Gino Dorigo. «A fine 2021 – spiega Pezzetta – erano 100mila i residenti di questa regione in condizioni di povertà relativa, vale a dire con un reddito disponibile inferiore del 50% rispetto a quello medio. Circa 65mila, secondo le nostre stime, sono invece quelle in condizioni di povertà assoluta, cioè non in grado, con le sole proprie forze, di soddisfare tutti i bisogni primari della vita. I nostri indicatori ci dicono purtroppo che si tratta di un’area di disagio e deprivazione in forte espansione, non solo a causa del caro vita, ma anche per i primi segnali di difficoltà del nostro tessuto produttivo, legati anch’essi alla crisi energetica, ai rincari delle materie prime e al rallentamento della domanda. Da qui la necessità di individuare soluzioni in primis per contenere gli aumenti di gas ed energia, a partire dal livello europeo, ma anche nel sostegno alle famiglie e nel rafforzamento degli ammortizzatori, in vista di un autunno già difficile e di un inverno che si prospetta ancora più duro. Anche la Regione deve intensificare gli sforzi, perché l’emergenza purtroppo si annuncia lunga». Se le più esposte al rischio, in base ai dati Istat sono le famiglie numerose e le fasce più giovani della popolazione, «quelle più esposte anche alla crescita del precariato e del lavoro povero», rimarca Pezzetta, ad aumentare è anche il numero di anziani in difficoltà. «In questa regione – dichiara Gino Dorigo – più di un pensionato su tre, e il 48% tra le pensionate, non supera i 1.000 euro netti di reddito». Per quanto riguarda gli strumenti di contrasto alla povertà, il picco massimo di beneficiari del reddito della cittadinanza è in discesa, dopo aver toccato un picco di 29mila nel 2020: quest’anno siamo sotto ai 24mila, pur trattandosi di un dato ancora parziale. Ma l’emergenza non è soltanto reddituale: «In una società dove gli over 65 sono il 26% della popolazione , e il 40% degli anziani hanno almeno una patologia cronica, le sfide della demografia e dell’invecchiamento richiedono un forte salto di qualità del nostro sistema di welfare, spostando il baricentro del sistema sui servizi territoriali, sull’assistenza domiciliare e sull’integrazione socio sanitaria. Principi, questi, centrali anche nel nuovo ddl sulla non autosufficienza varato dal Governo uscente, chiamato a tradurre in pratica gli obiettivi di riforma del welfare previsti dal Pnrr».