Intervista a Carlo Marcello Conti della casa editrice Campanotto
Intervista a Carlo Marcello Conti della Casa editrice Campanotto
La Casa editrice Campanotto è specializzata nella pubblicazione di poesie. Abbiamo deciso di intervistare il titolare Carlo Marcello Conti, poeta e artista.
Quando è nata la Campanotto Editore e perché ha preso questo nome?
Negli anni ’70 ho fondato la Campanotto Editore che ha preso il nome d mia moglie Franca Campanotto e ho investito nell’acquisto delle prime macchine per la stampa. Questa nuova avventura non è stata semplice, dato che non eravamo tipografi.
Come è cambiata la poesia con l’avvento dei social?
E’ una domanda intrigante e complessa, cui sicuramente non è facile rispondere. Da un lato i social hanno una grande possibilità di diffondere contenuti in grado di arrivare a chiunque e in modi diversi. Mi sono reso conto però che tali mezzi spingono le persone a isolarsi. Non si riesce a capire come superare questo limite. Una volta c’era più dialogo e voglia di incontrarsi sia in spazi aperti che chiusi. Spesso si litigava, ma poteva nascere qualcosa di buono.
Nella mia domanda intendevo anche dire se per caso la poesia ha risentito dei social dal punto di vista della sua struttura, ovvero la natura stessa della poesia è stata alterata grazie all’avvento dei social oppure no?
Naturalmente tutto cambia. Mi incuriosisce l’idea di raccogliere spunti e riflessioni poetiche prendendo ispirazione dal linguaggio sintetico degli sms e Whatsapp.
Anche lei ha pubblicato qualche poesia visiva?
Abbiamo realizzato portfolio di oltre cinquanta autori di poesia visiva con il titolo di Zeta visual. Sono autore di opere di poesia visiva dal 1967. Abbiamo realizzato nel 1977 presso il Centro friulano di Arti plastiche e nel 1983 nella Galleria di Arte moderna importanti rassegne in questo settore. Nel 1977 Lorenzo Mattotti ,all’epoca poco conosciuto, aveva allestito una esposizione di fumetti in una sala a fianco a quella in cui noi presentavamo i lavori di Bentivoglio, Miccini, Lora Totino, Spatola, Alviani, Cadoresi, Maniacco, Morandini, Blaine, Evangelisti, Bartolomes e altri, riscuotendo un maggior successo.
Ritengo fondamentale per una crescita culturale promuovere l’attività di musei e gallerie d’arte che purtroppo stanno scomparendo. Sarebbe bene concentrarsi su come rendere queste istituzioni più accattivanti.
Qual è il suo autore preferito?
Ezra Pound è senza dubbio una figura straordinaria della letteratura. Ho avuto l’onore di incontrarlo personalmente e di frequentare per lungo tempo la sua compagna Olga Rudge, per la quale ho pubblicato dei libri. Voglio ricordare il momento in cui lei mi affidò la cura di cinque discorsi di Ezra Pound con il titolo “Se questo è tradimento”. Pound ha lasciato un’impronta indelebile nella storia letteraria americana e mondiale, nutrendo un profondo amore per l’Europa. La sua opera monumentale ha colmato un vuoto nella cultura americana. Ho avuto il privilegio di frequentare più volte la casa di Pound a Venezia dove, tra ricordi e quadri, un baule conteneva i manoscritti originali di “La terra desolata” diT.S.Eliot, che Pound aveva attentamente esaminato.
Ricordo volentieri un mio professore indiano G.Singh all’Università di Belfast, dove io fui chiamato come lettore di Italiano. Aveva scritto dei libri dedicati a Olga Rudge che ho pubblicato. Singh era stato traduttore di Eugenio Montale quando ancora il poeta italiano non era conosciuto nel mondo inglese. Due anni dopo egli vinse il premio Nobel. Possiedo una lettera di Montale, accompagnata da un ricordo spiacevole, poiché, pur complimentandosi con me per la mia raccolta poetica, pubblicò un suo lavoro con lo stesso titolo “Fuori di casa”.
Mi spiace osservare che la poesia non riceva l’attenzione che merita; forse è necessario fare qualche passo indietro per ritrovarsi ancora come in passato, per dibattere e confrontarsi. Da giovani noi criticavamo poeti come Roversi e Pasolini, che ci sembravano ancorati al neorealismo. Allora ci incontravamo all’osteria dei poeti a Bologna, nel 1962, frequentata anche dal cantante Guccini. Ho vissuto a Berlino, ospite del DAAD, nel 1984, prima della caduta del muro, nel quartiere francese. Allora i libri si potevano far uscire da Berlino Est, ma non si potevano far entrare in alcun modo, vista la severità dei controlli dei Vopos. Continuo ad avere un profondo interesse per la poesia, anche se non è un genere che riscuote un grande successo commerciale. La poesia è in grado di esprimere in modo straordinario ciò che trascende le parole, spesso con velata bellezza. Ho sempre dato spazio ai giovani poeti esordienti. Il futuro della poesia è nelle loro mani.