Intervista a Furio Detti: il “Controcanzoniere”, Saba e il Friuli
Furio Detti è poeta, autore di prosa anche giornalistica, curatore di libri, drammaturgo, critico, fotografo e attore professionista. Si è formato come medievalista, ma negli anni ha anche ottenuto altre qualifiche e titoli di studio. È stato poi insignito di vari premi e riconoscimenti letterari, ricordiamone qualcuno:
-Nel 2014 ha ottenuto il Diploma d’Onore al I Premio Nazionale “Bukowski”.
-Nel 2016 è stato finalista al Premio Internazionale di Poesia “Antonia Pozzi”.
– Nel 2019 la sua raccolta poetica “Akamon” è stata presentata in anteprima al Salone del Libro di Torino e al Lucca Comics & Games.
-Nel 2022 con “Akamon” ha ricevuto tre riconoscimenti: il Premio del Presidente della giuria per la silloge edita al Deruta Book Fest, la Menzione d’Onore della giuria in occasione del Premio della città di Montevarchi e si è qualificato finalista per la poesia edita in occasione del Premio Internazionale Buonarroti.
-Nel 2023 è terzo al BUK Festival di Modena per la poesia inedita.
Nella poetica di Detti si possono cogliere le influenze di grandi poeti italiani come Dante e Pasolini, ma anche stranieri, come Shakespeare e Pound. Sa scrivere anche poesie in inglese e ha pubblicato “Una poesia alla Carver” su “Gradiva. International Journal of Italian Poetry” nel 2017. Ha poi tradotto in italiano le poesie di Darko Suvin.
Le poesie di Detti seguono uno stile elegante, la loro complessità è rivelatrice dell’alto livello culturale oltre che la capacità poetica di chi le ha composte. Lontane dall’essere meri aridi esercizi stilistici, le sue opere possiedono anche la non scontata capacità di suscitare emozioni nei lettori sensibili.
Il Dott. Detti ha accettato di rilasciarci un’intervista per parlarci del suo “Controcanzoniere”, del suo profondo legame con Trieste e altro ancora.
Buon giorno e grazie per essere qui oggi. Per scrivere il “Controcanzoniere” ti sei ispirato a Umberto Saba. Puoi dirci quali sono i motivi di questa scelta?
Saba rappresenta una scoperta piuttosto tardiva della mia vita di letterato. Lo dico a mio detrimento, ma quante sono le cose che non conosciamo realmente sull’arte? Fortunatamente sento di essere andato oltre a quella pellicola retorica di poeta sofferto dell’identità ebraica; una “confezione” trasmessa dalla scuola, malgrado ottime intenzioni, per scoprire invece un uomo e un artista profondo e attento. In lui il dato biografico e l’elaborazione poetica rappresentano, come penso di poter dire anche per Pascoli e forse Pasolini, una reale identità; non un progetto artistico pur valido ma, diciamo così’, artificiale (pensiamo a D’Annunzio e a Carducci, fra i consimili… o a un Manzoni che ambiva a rappresentare la coscienza letteraria di una nazione, pur nella grandezza s’intende!). In Saba trovo la stessa onestà di Leopardi, se non certo la stessa lucidità.
Poi c’è la motivazione personale, il legame affettivo con delle radici perdute: la Trieste degli esuli istriani, di cui mia madre ha fatto parte, in gioventù. Questo affetto, ben più del Friuli, devo essere onesto, mi ha guidato nella riscoperta un po’ azzardata, guascona e sperimentale delle profondità fatte di dolcissimi malesseri del poeta triestino in “Controcanzoniere”.
Quanto ha influito il Friuli per la composizione del “Controcanzoniere”?
Il Friuli per me e in me fa risuonare altre corde e personalmente lo considero molto diverso da Trieste, città comunque internazionale “nel suo piccolo”: porto asburgico e italiano proteso verso una modernità e traffici sentimentali e esperienziali che il Friuli ha fortunatamente tralasciato. Almeno il Friuli che ho imparato a conoscere e amare. Nel mio sentire il Friuli è quello, se mai, di Pasolini: qualcosa di luminoso e funebre insieme, confesso. So di usare una terminologia forte e certo spiazzante. Lo ammetto. Sì, per me il Friuli è una terra luminosa di frontiera, ma così rarefatta e tanto spirituale che in me desta ricordi analoghi a certi toni dell’esperienza e del vissuto del Casarsese: uno struggimento e la sensazione di una morte ritualizzata, di sacrificale e sterminato insieme. Qualcosa di religioso che pur non essendo cristiano, decisamente, sento. La campagna friulana con il suo cerchio azzurrato di monti è ugualmente una culla di ghiaia simile a un’urna votiva. In questo capisco perfettamente la metafora del “lucchese” Ungaretti. Ben nota a tutti. So che non sarebbero affatto sensazioni o un ritratto da promozione turistica, ma sinceramente non posso fare a meno di rendere grazie al Friuli per questo apporto. Ogni volta che torno su a Casarsa per i convegni del Centro Studi Pier Paolo Pasolini riannodo i fili di una sorta di preghiera civile e laica, profondamente mistica, se posso osare. Perciò posso dire che dal Friuli sta nascendo un filone assai diverso di quello che ho sperimentato nel “Controcanzoniere”, un genere di poesia più affine al mio profondo sentimento.
Le tue sono poesie colte e leggerle è anche un po’ come fare un salto indietro nel tempo. Come riesci a ottenere questo risultato?
Citando ancora il monumentale Pier Paolo (siamo nani sulle spalle dei giganti) “la mia forza è nella Tradizione”. Sono una persona molto antiquata e nell’antico e perduto trovo una tenerezza e una bellezza che mi riescono ormai impossibili da sperimentare nella contemporaneità se non come sopravvivenze o innocenza ferita. Grazie per aver colto l’attenzione lessicale e un modo di comporre, di versificare e di articolare che si volge all’antichità, o persino – mi auguro perlomeno -, arcaico. In effetti sto cercando anche io di sopravvivere, come un uomo che scavi un pozzo in cui nascondersi per sfuggire a quello che sta attraversando la superficie. Vado alla ricerca di “cose che hanno il privilegio di addormentarsi”, nella speranza di perdermi nel bosco con i mostri e altre creature antiche. In questo senso amo più descrivere quanto succede alle bestie che non agli uomini e sempre vivo in una sorta di trasfigurazione mitologica della realtà. Non mi sento un realista se non per ciò che è remoto o nascosto. Salvo la rabbia. Unica relazione col contemporaneo. E poi c’è lo studio della metrica antica e medievale. Questo è.
Che consigli daresti a un aspirante poeta?
Non sono degno di consigliare nessuno. Ma posso testimoniare che nella continua documentazione ed erudizione (e che sia quanto più curiosa possibile e ostinata e multiforme) si trovano miniere di collegamenti meravigliosi, aspetti che una cultura troppo tecnicista tende a dimenticare per offrire solo la precisione di ciò che è specializzato. Sono invece i miliardi di riferimenti e vicinanze inespresse che fanno la poetica e la poesia.
Soprattutto: amate, appassionatevi, e se vi tocca persino di odiare, fatelo pure, solo, non siate tiepidi. “Vieni e vedi” come dissero a San Giovanni nell’Apocalisse. Devi farti attraversare da quanto ti investe per tentare una buona poesia, che è sempre vibrante e terribile. E attenzione al suono e al metro. Possibilmente.
Grazie di cuore per l’attenzione, le domande e ai lettori di FriuliSera. Che la poesia si batta al Vostro fianco, sempre.
Anna Maria Grattarola
Bibliografia e sitografia
F.Detti, Controcanzoniere, Amarganta, 2022
https://www.recensionelibro.it/controcanzoniere-furio-detti/
https://www.letteratitudine.it/tag/furio-detti-articoli/
https://www.librierecensioni.com/libridaleggere/controcanzoniere-furio-detti.html