Isonzo: le proposte di Legambiente per una gestione sostenibile
Legambiente FVG rivolge all’amministrazione regionale tre proposte, perché nel tratto italiano del fiume Isonzo non si ripetano i disastri ambientali visti la scorsa estate. Primo: un Piano di gestione transfrontaliero per l’Isonzo; secondo: garantire la continuità fluviale tra Gradisca e Pieris e terzo: puntare su colture meno idroesigenti, come il frumento, di cui il nostro Paese è importatore netto, nonostante sia un bene essenziale per la nostra alimentazione.
La scorsa estate l’Isonzo ha visto forse la peggior siccità degli ultimi secoli. Ma crisi idriche come quella del 2022, nel contesto di cambiamento climatico che stiamo vivendo, rischiano di diventare sempre più frequenti. Alla mancanza d’acqua cronica tra Sagrado e Pieris, a cui eravamo purtroppo abituati, lo scorso anno si sono aggiunte gravi carenze idriche in alcuni tratti fra Savogna e Gradisca. L’ecosistema fluviale ha subito gravi danni con morie di pesci e altri organismi acquatici e probabili ripercussioni sulla funzionalità fluviale, ovvero sulla capacità del fiume di fornire servizi preziosi per la nostra comunità.
È necessario che la Regione sia lungimirante e inizi adesso a pensare come prevenire le emergenze future. Già nel 2016 il Comitato “Salviamo l’Isonzo” di cui faceva parte Legambiente chiedeva di realizzare un Piano di Gestione transfrontaliero del fiume, come previsto dalla Direttiva UE Acque. La Direttiva ha maggiore peso normativo rispetto al trattato di Osimo, e quindi imporrebbe gioco forza rilasci meno discontinui dalla traversa di Salcano.
Legambiente chiede, al secondo punto, di produrre energia idroelettrica dalle centraline che si trovano lungo i canali di derivazione in Italia solo quando è garantita la continuità fluviale tra Gradisca e Pieris, e a maggior ragione anche nel tratto più a monte. L’amministrazione regionale può ridurre le portate che alimentano le centraline in base alla normativa vigente. Eventualmente i mancati introiti dei privati possono essere compensati installando pannelli fotovoltaici lungo i canali di derivazione.
Al terzo posto, Legambiente sottolinea la necessità di puntare su colture meno idroesigenti, riducendo la superficie a mais, usato quasi esclusivamente per l’alimentazione animale o addirittura per la produzione di biogas. Il miglior sistema per incentivare una coltura rispetto a un’altra è differenziare i contributi della PAC in base all’impatto ambientale delle diverse colture. Un altro sistema, nelle zone servite da un sistema irriguo a pressione, potrebbe essere far pagare un canone irriguo maggiore a chi dichiara di coltivare mais o soia seminata in luglio e un canone minore a chi coltiva frumento, girasole, vigneti o prati e a chi irriga con il sistema “goccia a goccia”.
I fiumi sono risorse fondamentali non solo per l’irrigazione e la produzione idroelettrica, ma anche per altre funzioni: la ricarica della falda e la depurazione delle acque. Le falde della bassa pianura friulana vengono ricaricate dall’acqua che si infiltra nei terreni ghiaiosi dell’alta pianura. L’Isonzo e il Tagliamento trasportano mediamente verso il mare decine di metri cubi al secondo, buona parte dei quali vengono drenati dalle ghiaie dell’alta pianura. Nel 2022 nella bassa pianura molte famiglie hanno sperimentato la mancanza di acqua potabile e in prospettiva non può che esserci un peggioramento della situazione.
Nel nostro litorale si sconsiglia di fare il bagno dopo le piogge intense. Ciò è dovuto anche al cattivo funzionamento dei depuratori che scaricano nell’Isonzo. Un ecosistema fluviale integro sarebbe in grado di svolgere un’ulteriore depurazione naturale, invece l’Isonzo, con tutti i problemi che ha, dopo le piene trasporta in mare tutti i residui delle acque fognarie non depurate.
Teniamo conto poi che due terzi dell’acqua prelevata nel tratto italiano servono per scopi idroelettrici e un terzo circa per uso irriguo. L’uso idroelettrico può creare problemi in inverno, primavera e autunno, mentre l’uso irriguo può creare problemi in estate quando le centraline idroelettriche sono ferme per mancanza di acqua. A questo prelievo di acqua si aggiungono i rilasci discontinui della traversa di Salcano. In base al trattato di Osimo gli sloveni possono rilasciare un minimo di 18 metri cubi al secondo e picchi di portata che possono essere cinque o più volte superiori.