Kurdistan o Barzanistan?

Di ritorno dal NES (Nord Est Siriano), mi sono fermato alcuni giorni nel KRI (Kurdistan Region of Iraq), giusto in tempo per assistere allo show del congresso generale del partito che governa la Regione abbondantemente autonoma dallo Stato centrale di Baghdad e a stragrande maggioranza kurda. Che l’impronta che la Regione segue sia quella di scuola USA (iperliberista), non è una novità, che poi determinati fenomeni ripropongano pedissequamente le stesse dinamiche tipiche d’oltreoceano rendendole più simili a fenomeni da baraccone in stile luna park che ad happening politici, devo ammettere che mi ha un po’ sorpreso. Soprattutto per la dimensione del fenomeno.
Il PDK (Partito Democratico Kurdo) che governa ininterrottamente la Regione kurda da una quarantina di anni, è ovviamente il partito votato dalla stragrande maggioranza dei suoi abitanti e più che un partito si potrebbe definire una specie di struttura clanica gestita da sempre dalla famiglia Barzani che fornisce le figure politiche più importanti del Governo della Regione kurda. Presidenti, Ministri di rilievo e soggetti che reggono le sorti della Regione, insomma il vero potere, sono sempre stati forniti dalla famiglia. Tutt’oggi le principali cariche politiche sono saldamente nelle mani di figli, nipoti e parenti del leader Masoud e, di conseguenza, molto del mondo degli affari e dell’economia locale rimane filtrata dai meccanismi parentali che costituiscono una ben collaudata rete a cui sfugge pochino.
Il KRI galleggia sul petrolio che ovviamente rimane la principale e ben dotata fonte di entrate ma anche di attriti con il Governo centrale di Baghdad. Le regole e gli accordi che reggono i traffici e le rendite del petrolio esistono, ma risultano un tantino opachi e non si capisce in realtà quanto delle vendite di oro nero passino attraverso le vie ufficiali e quanto invece vengano gestite al di fuori degli accordi con Baghdad. Di certo è che durante l’occupazione da parte dell’Isis di una bella fetta di territorio iraqeno, il controllo dei traffici tra KRI (la parte non assoggettata al califfato, ma anche quella in realtà) e Turchia hanno subito un rapido ed intenso sviluppo con le interminabili file di autocisterne che cariche di petrolio si dirigevano verso Ibrahim Khalil (confine settentrionale tra Iraq e Turchia) e da lì verso destinazioni secondarie. Ora e a distanza ormai di qualche anno dalla cacciata dell’Isis, certi meccanismi non sono scomparsi e anzi, paiono consolidati.
Ovviamente, chi controlla il Governo e la politica, ha molte possibilità di tenere a bada anche i lauti affari che il traffico dell’oro nero ed il suo indotto consentono. Erbil e Dohuk sono sede di infinti cantieri che sembra di essere a Dubai (d’altra parte il business è lo stesso…) ed enormi palazzi ed interi villaggi composti da centinaia di villette a che nascono come funghi, espandono i due capoluoghi più popolati della Regione in maniera continua. A chi possano poi essere destinati tutti questi nuovi alloggi, francamente non riesco a capire, certamente il fenomeno dell’urbanizzazione e dell’accentramento della popolazione verso le città è realtà qui come un po’ dappertutto nel pianeta.
Ci sarebbe, oltre a Erbil e Dohuk, anche un terzo centro di eguale importanza nella Regione, Sulaymaniyya, ma la città a poca distanza dall’Iran è feudo indiscusso dell’altro grande partito, che ovviamente fa riferimento alla seconda grande e potente famiglia kurdo-iraqena: i Talabani. Altrettanto chiaramente anche i Talebani hanno il loro partito famigliare, il PUK (Patriotic Unit of Kurdistan) che pur essendo in minoranza rispetto al PDK, riesce tranquillamente a gestire la propria parte degli affari e del business, magari diretto più verso l’Iran che verso la Turchia senza cambiarne di fatto la sostanza.
Ma tornando alla convention (che sarebbe poi congresso, ma convention fa più figo e rende maggiore merito allo show), contrariamente alla consuetudine, quest’anno si svolge a Dohuk piuttosto che ad Erbil (vero capoluogo e sede del Parlamento e dei Ministeri del KRI), che dalla sua ha il merito di essere il vero territorio in cui il regno incontrastato dei Barzani si manifesta in tutto il suo potere.
La città è strapiena di bandiere, bandierine ed enormi manifesti del PDK e del suo leader, Masoud Barzani che anche se ufficialmente non ricopre cariche di governo, ha il totale e vero controllo della politica e del business dei due Governatorati di Erbil e Dohuk, essendo quest’ultima città, come si diceva, è la sua vera roccaforte. Alberghi e ristoranti d lusso sono pieni, ad ogni angolo delle ampie arterie che attraversano Dohuk ci sono soldati e poliziotti armati fino ai denti; il boss è in città e parteciperà al congresso del suo partito. Non dorme in hotel, ma al sicuro all’interno di una caserma dei suoi amati peshmerga. Anche questo serve a saldare rapporti e proporsi come uomo del popolo.
L’appartenenza al PDK e la fedeltà a quel partito è una delle chiavi che aprono parecchie porte se si vuol fare del business; che poi ci sia un prezzo da pagare per poterci accedere, beh si sa che ci vuole dell’olio per lubrificare certi meccanismi. Il giro di affari nella Regione è colossale, come lo sono le ricchezze accumulate da chi ha il potere di gestire quelle enormi disponibilità. La corruzione pare endemica ma la quantità di soldi che gira garantisce ad una bella fetta di popolazione un arricchimento discretamente facile. Le auto che affollano il traffico cittadino sono per buona parte di grossa cilindrata, 6 e 8 cilindri si sprecano e il loro prezzo non sarebbe accessibile alla stragrande parte dei cittadini europei.
Dimostrare la propria ricchezza è diventato un must da quelle parti e sbandierare la propria appartenenza sociale serve anche a garantirsi future possibilità di ulteriori guadagni. Sempre che si conosca la persona giusta, e questa manifestazione, questa “convention”, potrebbe essere l’occasione perfetta per creare o rinsaldare rapporti utili.
Quanto poi all’unità dei kurdi, beh, per quella c’è sempre tempo. Per ora va bene anche chiudere un occhio o anche due di fronte alle incursioni turche contro il PKK che ancora si rifugia nel nord della Regione; i rapporti con i kurdi siriani, poi, ove esistono, non sono troppo amichevoli. Non si sa mai che protestare possa causare qualche danno agli imponenti affari che il KRI, ma soprattutto a chi economicamente, e dunque politicamente ha i maggiori interessi, intrattiene con il potente vicino.
Pecunia non olet.

Docbrino