La centrale nucleare di Krško potrà produrre energia fino al 2043. I dubbi di ambientalisti, sismologi e ministero italiano ignorati dalla Slovenia

Nel silenzio quasi generale la centrale nucleare di Krško potrà produrre energia fino al 2043. Il Ministero dell’ambiente sloveno ha valutato positivamente gli interventi di sicurezza programmati per i prossimi vent’anni dalla centrale atomica. Da quanto si capisce la valutazione riguarda quasi esclusivamente la parte tecnologica, mentre l’allarme lanciato da tempo sul fatto che quella centrale distante a poco più di 100 chilometri dal confine italiano è stata costruita in prossimità di tre faglie sismiche attive non è stata valutata in maniera sufficiente. Basti ricordare quanto aveva scritto Legambiente solo nell’aprile dello scorso anno, un documento che spiegava fra l’altro come gli studi sismologici più recenti avessero preso atto che il contenitore del reattore i Krško era stato progettato per resistere a scosse con una PGA (massima accelerazione al suolo) di 0,3 g. mentre gli stress test condotti per volontà dell’UE indicano in 0,8 – 0,9 g il limite oltre il quale il contenitore si potrebbe lesionare, con fuoriuscita di materiale fissile, e gli studi più recenti dimostrano che tali valori possono venire superati dai terremoti possibili nell’area. È dimostrato, infatti, che il reattore progettato negli anni ’70, dell’altro secolo, è protetto dai terremoti in modo assolutamente insufficiente. I nuovi edifici, più sicuri, previsti nella proposta di estensione al 2043 non possono ovviare alla vetustà del contenitore del reattore in cemento (vessel), che, sottodimensionato già all’origine, ha anche subito finora quasi 50 anni di corrosione. Resta poi irrisolto il problema del deposito definitivo del materiale radioattivo ad alta intensità, cioè le barre di uranio attualmente giacenti in una piscina nei pressi della centrale, che costituiscono un altro rischio da valutare, dato che la Slovenia non ha ancora risolto il problema e tende a scaricarlo alla vicina Croazia, proprietaria di metà delle scorie prodotte dalla centrale. Per questo sismologi francesi, italiani, austriaci e sloveni avevano accertato che il sito di Krško non è adatto a una centrale nucleare, proprio per il forte rischio sismico dovuto alla prossimità del sito di ben tre faglie attive (Orlica, Libna e Artiče) in grado di produrre terremoti di magnitudo massima pari a circa 7 (30 volte l’energia dei terremoti de L’Aquila del 2009 e Emilia 2012). Valutazione fatta anche dall’IRSN (istituto francese di radioprotezione e sicurezza nucleare), consultato dalla Slovenia nel 2013 al fine di costruire a Krško una seconda centrale (NEK 2), e che aveva constatato l’inadeguatezza del luogo proprio a causa del rischio sismico. Una valutazione che si può certamente estendere alla vecchia centrale esistente, nonostante la Slovenia, nel 2013, ignorò il parere dell’IRSN procurandosi un altro consulente (un’azienda privata USA). Ed invece la centrale nucleare slovena di Krško potrà produrre energia fino al 2043 sulla base di una valutazione effettuata dal ministero dell’ambiente sloveno che avrebbe evidenziato come la direzione della centrale di Krško abbia predisposto una serie di interventi e investimenti che dovrebbero assicurare la sicurezza nucleare dell’impianto per i prossimi vent’anni, tra questi è previsto anche un check up completo ogni 10 anni. I dubbi però permangono e quantomeno vorremmo sentire la voce della politica nazionale italiana e regionale del Fvg. Non basta, o almeno non dovrebbe bastare la parola del ministro dell’ambiente sloveno Uroš Brežan che ha spiegato in conferenza stampa che la valutazione di impatto ambientale è stata effettuata seguendo le indicazioni formulate da un non ben identificato gruppo di tecnici di trenta paesi, guidato da esperti tedeschi e del Regno unito. All’iter di valutazione che ha considerato i parametri di sicurezza internazionali, europei e sloveni hanno partecipato anche organizzazioni non governative. Il ministro dell’ambiente sloveno ha assicurato che durante l’iter sono stati consultati anche i quattro paesi confinanti, quindi anche l’Italia, e la Germania. A questo punto vorremmo sapere che fine ha fatto il parere  dato dal Governo italiano nel maggio scorso quando la Commissione Valutazione impatto ambientale del Ministero della Transizione Ecologica aveva espresso il parere negativo sul progetto dell’estensione del ciclo di vita della centrale nucleare di Krsko al 2043. La documentazione presentata dagli sloveni, spiegava il ministero italiano,   non prende in considerazione le nuove conoscenze sismologiche e la valutazione degli effetti causati da un potenziale incidente o atto terroristico. La commissione ha fatto proprie anche le osservazioni della Regione Friuli Venezia Giulia che si è avvalsa dell’analisi tecnica dell’OGS.
La commissione ha preso in considerazione anche il rapporto presentato da 4 scienziati triestini, tra cui i sismologi Livio Sirovich e Peter Suhadolc, che hanno evidenziato come la nuova carta europea della pericolosità sismica aggiornata a dicembre 2021 abbia dimostrato che la valutazione del rischio fatta nel 1983, quando fu progettata la centrale in prossimità di tre faglie attive, è superata e non più attendibile. Non vorremmo che una vicenda così delicata si sia persa fra le pieghe delle campagne elettorali e che la posizione italiana sia arrivata a Lubiana come un venticello.