La Nato si rivitalizza, tutta colpa di Putin non di Enrico Berlinguer
Bisogna avere il coraggio di ammetterlo, quando usci quell’intervista di Giampaolo Pansa a Enrico Berlinguer sul Corriere della Sera in molti a sinistra gridarono al tradimento, allo scandalo, altri presero semplicemente atto che occorreva prendere consapevolezza di come la geopolitica del mondo stesse cambiando. Era il giugno del 1976 e il Friuli aveva problemi concreti e drammatici e quel dibattito da noi non divenne preminente. Ma come ogni svolta divenne centrale nel tempo creando le solite tifoserie e le ancora più solite accuse di tradimento. Ma cosa aveva detto Berlinguer di tanto innovativo di dirimente. Visto oggi sembra cosa da poco, tranne che per una serie di nostalgici dell’Urss ancora attivi, ma con gli occhi di allora era una rivoluzione copernicana.
“Io penso che, non appartenendo l’Italia al Patto di Varsavia, da questo punto di vista c’è l’assoluta certezza che possiamo procedere lungo la via italiana al socialismo senza alcun condizionamento. Ma questo non vuol dire che nel blocco occidentale non esistano problemi: tanto è vero che noi ci vediamo costretti a rivendicare all’interno del Patto Atlantico, patto che pur non mettiamo in discussione, il diritto dell’Italia di decidere in modo autonomo del proprio destino”. Io voglio che l’Italia non esca dal Patto Atlantico «anche» per questo, e non solo perché la nostra uscita sconvolgerebbe l’equilibrio internazionale. Mi sento più sicuro stando di qua, ma vedo che anche di qua ci sono seri tentativi per limitare la nostra autonomia. Il sistema occidentale offre meno vincoli. Di là, all’Est, forse, vorrebbero che noi costruissimo il socialismo come piace a loro. Ma di qua, all’Ovest, alcuni non vorrebbero neppure lasciarci cominciare a farlo, anche nella libertà”. Guardiamo l’oggi, dal 1976 di acqua sotto i ponti ne è passata ma alcune questioni restano aperte. Fino al 23 febbraio scorso la Nato era in palese declino, si dibatteva, qualcuno perfino negli Usa, della sua inutilità per la semplice constatazione che mancava il nemico e anche se timidamente un dibattito sul suo superamento non era all’ordine del giorno, veniva pigramente visto possibile, se non altro in una logica di bilancio economico. Ed ecco arrivare le mire imperialiste del nuovo zar Vladimir Putin e tutto cambia. La Nato torna ad essere lo scudo, non contro il Patto di Varsavia, ma mire di un piccolo personaggio isterico della storia e per questo pericoloso, che vorrebbe ricostruire l’anti-occidente nel solco, non del comunismo sovietico, ma addirittura dello zarismo imperiale. Il miracolo è fatto, cura ricostituente per un alleanza Atlantica in affanno, ma forse questa volta, paradossalmente, le necessità militari solo temporaneamente rivitalizzeranno quell’alleanza obsoleta, potrebbero invece decretarne la fine. Non parliamo di un annientamento sul campo, che vorrebbe dire il nostro annientamento fisico in una vampata di luce, di calore e con un bel cappello a forma di fungo, ma del fatto che forse, l’Europa, prima dal Covid ed oggi da questa crisi potrebbe avere imparato qualcosa. La consapevolezza che o si esce dalla logica di essere vassalli degli Stati Uniti che hanno, sempre per citare Berlinguer (pur se solo in maniera parziale perchè cambia il soggetto) “esaurito la loro spinta propulsiva”. Una consapevolezza che dovrebbe vedere quell’auspicata unità politica alla quale giocoforza deve seguire quella militare, visto che i dittatori sanguinari non si bloccano con il dialogo ma con la deterrenza, questo non piace, ma è la realtà. L’Europa potrebbe diventare soggetto attivo, quella zeppa negli ingranaggi, cuscinetto democratico fra i vari imperialismi che crescono mostrando i muscoli ed in qualche caso usandoli. Per ora però dinnanzi all’aggressione non si può porgere l’altra guancia e pur mantenendo i nervi saldi ed evitando eccessi e provocazioni non si può ipotizzare di arrendersi. Vada la resistenza passiva, ma la resa non può essere contemplata. Lasciamola quei soggetti che queste crisi mondiali stanno evidenziando, vuoi il covid vuoi ora i venti di guerra hanno smascherato gli egoismi più beceri e l’individualità più triste. Spero solo, che quelli che per anni hanno cantato Bella ciao o Fischia il vento e che oggi sono pacifisti da divano restino in vigile attesa nelle loro casucce ma almeno silenti. La paura è sentimento umano, perfino rispettabile, ma propagandarla come valore diventa stucchevole. Per non parlare di chi ancora reagisce alle logiche antimperialiste abbracciando follemente un imperialismo perfino peggiore e riunendosi in questo in una sorta di loop spericolato con nazionalisti e sovranisti vari.