La prostituzione non è un’attività commerciale regolamentabile, sentenza della Consulta

Ancora una motivazione di frizione fra Matteo Salvini, il premier ombra del governo italiano e la magistratura. In questo caso non parliamo della lista di “pressione” (se non di proscrizione dei Pm “amici dei migranti”) ma delle velleità salviniane  di rendere legale il mestiere di “tenutario di case di tolleranza” più comunemente conosciute come bordelli. A mettersi di traverso questa volta è la Corte costituzionale che smonta su nascere  i desiderata del premier di fatto  sul tema prostituzione. «Le motivazioni della Consulta mettono una pietra tombale su ogni proposta di regolamentazione della prostituzione in Italia». E’ quanto dichiara Giovanni Paolo Ramonda, Presidente della comunità  Papa Giovanni XXIII, in merito alle motivazioni della sentenza della Corte Costituzionale circa le questioni sulla legge Merlin sul favoreggiamento della prostituzione sollevate dalla Corte d’appello di Bari in merito al processo sulle escort.

«Da ora in poi se qualche politico italiano volesse regolamentare la prostituzione, allora dovrebbe prima abrogare la nostra Costituzione. -continua Ramonda – Questa sentenza va di pari passo con quanto dichiarato dal Capo dello Stato lo scorso 8 Marzo, il quale aveva definito la prostituzione come “un’infame schiavitù del nostro secolo, alimentata da uomini, di ogni età e censo, che approfittano di queste povere donne”».

«Oggi è una grande vittoria per quanti si battono per la liberazione delle ragazze vittime di tratta. Una battaglia iniziata dal nostro fondatore, Don Oreste Benzi, esattamente 30 anni fa, nel 1989. – conclude Ramonda – Oggi rivolgiamo un appello al Parlamento e al Governo: non restate sordi a questa sentenza, rendete più dure le pene per i magnaccia e introducete sanzioni per i clienti che sono corresponsabili di questa schiavitù». In realtà, se da un lato la Consulta mette per fortuna una parola definitiva sulla riapertura dei “casini” di antica memoria, non risolve  il problema della eventuale autodeterminazione di chi per scelta personale decide di fare mercimonio del proprio corpo in maniera consapevole e volontaria. Certo è terreno delicato ed ovviamente riguarda un numero limitato di persone mentre la maggioranza è preda di sfruttamento e schiavitù. Sarebbe  un tema da approcciare senza cataratte ideologiche ne di “destra” ne di “sinistra” lasciando decidere magari gli interessati e le interessate.  Certo però è che per una minoranza consapevole vi è una enorme umanità schiavizzata sessualmente da criminali della peggior specie. Del resto che per le mafie quello della prostituzione sia un business storico non è opinione ma certezza.

Per fare un esempio delle dimensioni del fenomeno, la Comunità Papa Giovanni XXIII in 30 anni di attività ha liberato dalla strada e accolto oltre 7000 ragazze vittime del racket della prostituzione.