La Udine antifascista dice No a Casapound a borgo Villalta. Intanto a Bari c’è la messa fuorilegge perchè è “ricostituzione del partito fascista”

Questo pomeriggio a Udine, alle 15, è stata inaugurata la nuova sede di Casapound Italia in via Superiore 52. Mezzora prima alle 14,30 la Udine antifascista si era mobilitata in Piazzale XXVI Luglio intorno al Monumento alla resistenza almeno 400 persone molti dei quali giovani e giovanissimi hanno voluto manifestare la loro contrarietà all’apertura della sede del partito neofascista in Borgo Villalta soprattutto per il simbolo che quel borgo rappresenta per la Udine medaglia d’oro per la resistenza. Alla inaugurazione della nuova sede che sorge a ridosso del centrostudi cittadino, quindi con una probabile vocazione a tentare proselitismo fra i giovani, era presente anche il segretario nazionale di Casapound Simone Di Stefano, sostenuto da un centinaio di aderenti provenienti anche dal resto della regione e pare dal Veneto e accerchiato da un cordone di forze dell’ordine a protezione nel timore di possibili disordini. Fin qui la cronaca di una giornata preceduta nella notte dall’apparizione in città di manifesti e cartelli contro Casapound.

Ma c’è un ma, l’equivoco nasce dalla interpretazione delle norme che anche se sembrano chiare fin dalla legge Scelba, tale alla fine non sono del tutto. La legge approvata nel 1952 per attuare la XII disposizione finale della Costituzione, che proibisce la ricostruzione del partito fascista. È composta da dieci articoli, il primo dei quali spiega che si verifica una “ricostruzione” del partito fascista quando: «[…] una associazione, un movimento o comunque un gruppo di persone non inferiore a cinque persegue finalità antidemocratiche proprie del partito fascista, esaltando, minacciando o usando la violenza quale metodo di lotta politica o propugnando la soppressione delle libertà garantite dalla Costituzione o denigrando la democrazia, le sue istituzioni e i valori della Resistenza, o svolgendo propaganda razzista, ovvero rivolge la sua attività alla esaltazione di esponenti, princìpi, fatti e metodi propri del predetto partito o compie manifestazioni esteriori di carattere fascista»
Tutto chiaro quindi? Ma manco per sogno perchè la giurisprudenza che nel tempo si è occupata più volte della legge Scelba ne ha nei fatti disattivato alcuni effetti. In particolare la Corte Costituzionale nel 1958 stabilì che comportamenti e parole platealmente fasciste non determinano automaticamente l’applicazione della Legge Scelba almeno fino a che un magistrato non decide che è in corso un effettivo tentativo di fondare un nuovo partito fascista.
In sostanza sarebbe legittimo difendere Mussolini e il fascismo, perfino fare il saluto fascista, vendere gadget del regime e manifestare con divise e bandiere fasciste. Questo spiega il perchè le pagliacciate dei “reduci” della x Mas ancora oggi sono possibili. Ma c’è di più, un partito politico può anche definirsi neofascista, a patto di poter dimostrare di non stare ricostruendo l’antico partito fascista e di non avere i suoi obiettivi antidemocratici. Nel tempo si è tentato dal punto di vista legislativo di rendere certa la giusta interpretazione della Legge. Nel 1993 il governo tecnico di Giuliano Amato approvò un decreto legge che tentava di restringere le possibilità di fare propaganda ed esporre simboli fascisti. Il decreto ribattezzato “legge Mancino”, dal nome dell’allora ministro dell’Interno, è diventata la principale legge italiana contro l’incitamento all’odio e alla discriminazione. La legge stabilisce le aggravanti per i reati commessi con finalità razziste o discriminatorie, e punisce «chi diffonde in qualsiasi modo idee fondate sulla superiorità o sull’odio razziale o etnico, ovvero incita a commettere o commette atti di discriminazione per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi», proibisce di creare organizzazioni ispirate a questi valori e impone il loro scioglimento. La norma stabilisce anche il divieto esibire bandiere, slogan o altri simboli di organizzazioni violente o discriminatorie durante gli eventi sportivi, e modifica l’originale legge Scelba per rendere più esplicito il divieto di fare propaganda al fascismo e ai suoi esponenti. La legge Mancino è anche oggi fortemente avversata dai movimenti di estrema destra e nel 2014 la Lega, guarda caso, ha proposto un referendum per abolirla (più di recente ha chiesto di fare lo stesso il ministro leghista Lorenzo Fontana). Come la legge Scelba, però, anche la legge Mancino rischia di essere in contrasto con l’articolo 21 della Costituzione, che sancisce la libertà di espressione: per questo in realtà in Italia continua a rimanere possibile esibire simboli fascisti e nazisti. In caso di denuncia, sono i giudici a decidere caso per caso se applicare la legge Scelba, la legge Mancino o se stabilire che l’episodio sia tutelato dall’articolo 21. Quell’articolo sulla libertà di espressione che sarebbe certamente il primo che fascisti e dittatori violenterebbero volentieri diventa lo scudo più utilizzato. Vi siete chiesti perchè sono tanti a raccontarci che non c’è il pericolo di un nuovo fascismo in Italia? Ammetterlo sarebbe come auspicare l’immediata attuazione delle norme Scelba e Mancino, allora meglio negare l’evidenza. Sembra un film già visto che divento dramma quando, era il 1973 quando tardivamente venne sciolto Ordine Nuovo per palese ricostruzione del Partito fascista, sciolto non prima che gran parte dei dirigenti avessero il tempo di pianificare la stagione delle stragi. Sull’evoluzione del neofascismo in Italia sono stati scritte migliaia di pagine, studi puntuali ed inchieste. Di certo si può dire che anche l’esistenza odierna di Casapound, così come di Forza nuova e prima di loro di altri gruppi d’ispirazione fascista, è stata possibile paradossalmente per l’evoluzione della fine del regime e della guerra. L’Italia della resistenza decise infatti per una pacificazione, forse frettolosa, anche se comprensibile, ma sicuramente eccessivamente permissiva con chi, sodale al regime fascista, aveva compiuto ogni genere di nefandezze o quantomeno le aveva favorite. Il risultato di amnistie e indulti ma anche di una non volontà di fare i conti con il passato, fu che molti di quanti con il regime avevano permeato lo Stato, restarono bellamente nelle loro stanze di potere e L’Italia dimenticò troppo presto il ventennio oscuro. Questi barbari di Casapound sono figli anche di quegli errori. Basta pensare alle polemiche di quest’anno sul 25 Aprile, mai come oggi vengono ripetute le solite storielle, il non ci va di festeggiare il 25 aprile perché è una festa “divisoria”, perché la sinistra, anzi i “comunisti”, se ne appropriano e la strumentalizzano… Perché i partigiani commisero tante atrocità… Perchè le foibe… Perché in fondo in fondo, Mussolini fino all’alleanza con Hitler, aveva fatto tanto bene all’Italia… Insomma un brodo di coltura di un neofascismo che non bisogna sottovalutare e di cui i balordi di Casapound sono solo la punta dell’iceberg. Da quattro gatti che erano, questi fascisti in “sonno”, per molti anni, in genere nascosti, oggi sono tornati alla luce e diventati un branco feroce. Lo hanno fatto col tipico atteggiamento di chi sale sul carro dei successi elettorali, di percezioni e paure indotte, di sondaggi pilotati che vedono nel loro capitano l’uomo della provvidenza. Il ministro degli Interni Matteo Salvini da canto suo fa loro ombrello, strizza l’occhiolino, richiama con atteggiamenti e frasi a quel regime. Insomma ammalia soggetti pavidi che si sentono forti e di colpo coraggiosi nell’andare addosso perfino ai valori della Resistenza. Ostentano la loro esistenza aprendo sedi e cercando un controllo del territorio che non è accettabile ma che è possibile spesso per la colpevole connivenza di Prefetti ai quali le parole “ordine e sicurezza” fanno brillare gli occhi. Insomma si è generata una pericolosa unione di fatto con leghisti in camicia verde che, da separatisti che erano, con una piroetta che puzza di mefitico, si fan chiamare “sovranisti”, andando a braccetto con i neo-fascio-nazionalisti in camicia nera. Per legittimare la loro progressione ideologica cercano di imporre una realtà al contrario per cui si dovrebbe andar fieri di coloro che avevano torto, mentre, di chi aveva ragione ce ne dovremmo vergognare.