L’amministrazione della giustizia da parte partigiana
La cronaca dei vari telegiornali Rai e delle TV private, come tutti i giornali (quotidiani e/o settimanali) riportano sistematicamente la cronaca di processi in vari Tribunali, che si stanno celebrando in Italia ed all’estero, con relative sentenze di condanne e di assoluzioni. Molti ascoltatori e lettori si sono assuefatti; tuttavia va ricordato che anche 78 anni addietro, durante la Lotta di Liberazione dal nazifascismo, oltre ai Tribunali speciali nazisti, esistettero anche i Tribunali giudicanti di Brigata partigiana.
Arturo Zambon “Comici”, di Maniago (PN), vice capo di Stato Maggiore della Brigata Unificata Ippolito Nievo A, nel suo libro di memorie dal titolo “Valcellina e Val Colvera 1944-1945 Uomini e luoghi”, edizioni dicembre 1995 Arti Grafiche Friulane Tavagnacco (UD), tra l’altro, racconta….
Non è stato facile giungere a disciplinare con fermezza ed equilibrio l’amministrazione della giustizia da parte partigiana: mi riferisco alle formazioni della Valcellina, per quanto il problema si sia presentato in modo anomalo in altre zone di montagna e di pianura.
Il clima politico sorto dopo l’8 settembre 1943, le iniziative repressive della Repubblica di Salò e non ultimo il perdurare delle idee fasciste in certi ambienti di paese, avevano incrementato attriti ed avversioni fra le opposte fazioni. In questo contesto, nei primi tempi della Resistenza, “partigiano” significava per molti combattere contro gli invasori, ma anche giustiziere, nel senso negativo del termine: si erano verificati arresti, punizioni esemplari, se non addirittura esecuzioni sommarie, da parte dei GAP e di formazioni di montagna.
Va detto che non sempre i provvedimenti erano giustificati e ci fu un momento in cui queste azioni portarono la popolazione verso un atteggiamento ostile proprio nei confronti del movimento partigiano.
Per affrontare con decisione il problema, il Comando di Brigata unificata Ippolito Nievo A, in una riunione plenaria, aveva deciso di costituire un Tribunale giudicante di Brigata, che doveva esaminare persone compromesse con i nazifascisti o sopravvenienze di carattere eccezionale, come la cattura di prigionieri tedeschi e repubblichini.
Presidente di questo Tribunale fu proprio “Comici” Arturo Zambon; Tribuno fu vice Presidente e consiglieri a latere gli altri del Comando e la nomina avvenne per sorteggio.
Maso fu soddisfatto di questo risultato: finalmente ci sarebbe stato equilibrio nelle decisioni e la fine ai soprusi. Si stabilì che tutte le persone oggetto di processo fossero condotte al Comando di Brigata con sede a Claut.
L’istituzione del Tribunale al Comando di Brigata mise comunque fine alle iniziative indiscriminate dei reparti periferici, compresi i prelevamenti e le requisizioni di ogni genere; alcuni soldati tedeschi e repubblichini prigionieri furono poi ufficialmente scambiati con Partigiani detenuti.
Ovviamente non mancarono le fucilazioni avverso coloro che si erano resi responsabili di efferati delitti ed il plotone di esecuzione, spesso era formato da partigiani osovani della quinta Brigata.
Terminato il conflitto mondiale, presso vari Tribunali in Italia, molti fascisti autori di numerosi efferati delitti furono processati e condannati a vari anni di reclusione. Successivamente l’amnistia di Togliatti aprì loro le carceri; ancora oggi molte persone si chiedono se tale indulto fosse stato saggio oppure incauto ed affrettato, con le conseguenze nell’attualità.
Renzo Della Valentina