L’anniversario dell’impunito assassinio di Ilaria Alpi e di Milan Hrovatin proietta tragiche ombre sulla tenuta della nostrademocrazia

Le prime ad accorgersi della novità erano state le galline di Anita. Saputo il fatto e temendo che potesse preludere a chissà quali tragedie, il gallo le
aveva rintanate nella parte più recondita e sicura del pollaio, e lì nel più assoluto silenzio erano rimaste per ore col batticuore, sino al disvelato arcano.
Che il direttore di una testata giornalistica se ne esca con il suo editoriale domenicale è cosa scontata; ma che per la prima volta lo faccia il direttore del Messaggero Veneto, la cosa fa tremare i polsi. I più non hanno voluto crederci e hanno persino finto di non vedere l’editoriale; gli altri, certi che si trattasse di cosa assai grave, hanno preferito allontanare l’amaro calice e tornare alla prima pagina solo a distanza di ore… corroborati dalle tristi vicende dell’Udinese e dalla lettura dei necrologi. Che domenica scorsa il barbuto guru dell’informazione avesse voluto dare uno strappo alla regola, che si era imposto da sé, e che si fosse momentaneamente sottratto alla vita sociale che lo vede impegnato a fidelizzare i suoi lettori a suon di tazzine di caffè, non è stata cosa di poco conto: a maggior ragione nel momento in cui si stanno addensando eventi epocali, come la via della seta, la condanna dei vescovi pedofili, le manifestazioni per l’ambiente, la penetrazione della mafie e la moria delle api che tanto a cuore stanno alla nostra beneamata Procura di Udine. Deciso a parare il colpo della inattesa mobilitazione del mondo studentesco, l’editoriale di domenica non ha perso tempo a deriderla, visto che a suo dire sarebbe stata gradita proprio a chi ci sta portando alla rovina. “La passione con la quale gli studenti friulani hanno denunciato lo stato dell’ambiente è piaciuto a quegli adulti che hanno
contribuito a saccheggiarlo e a inquinare suolo aria e acque”. Quasi fosse lo smemorato di Collegno, nel dirlo si è dimenticato che il suo giornale è stato sempre dalla parte di “quegli adulti” ogni qual volta ha censurato con spietata lucidità le nostre denunce. Ma non basta, dopo aver dato degli illusi ai ragazzi, è salito in cattedra per pontificare e indicare uno dei modi utili a salvare il mondo, ”allo scopo di sottrarmi al gioco di quanti illustrando i massimi sistemi, non si impegnano su nulla di concreto”. Ebbene, incredibile a dirsi, la cura sarebbe quella di eliminare la carta carburante con la quale gli effefugini godono di un risibile contributo. Come dire che senza quel contributo, che in qualche maniera allevia il differenziale con la vicina Repubblica, saremmo in grado di
ridurre i consumi e quindi l’inquinamento! Insomma è proprio il caso di ammettere che simili direttori fanno solo che bene ai petrolieri e per giunta anche alle galline di Anita che, una volta svelato l’arcano, sono ancora lì a ridersela. Un caso isolato, quello di domenica? Non si direbbe. Oggi infatti a deridere i giovani e a rincarare la dose sulla loro inaffidabilità ci si è messo anche il direttore emerito del Messaggero: quello che da anni regge la pagina dei lettori e in qualche modo ne perpetua gli antichi condizionamenti e le subdole ispirazioni. Ebbene, dapprima liscia il pelo ai giovani: “Chiarisco subito che sono colpito positivamente dal fatto che milioni di ragazzi siano scesi in piazza per chiedere un mondo più pulito…” Beninteso, sempre che facciano i bravi: “meglio che si
impegnino per questo che per imporre ideologie totalizzanti con la scusa della rivoluzione.” Eppure non è nemmeno d’accordo “con chi ne decanta
la purezza e la forza morale, quasi contrapponendole al menefreghismo e alla decadenza di chi ha più di 25-30 anni.” Sembra persino preoccupato
di salvaguardare quelle negatività, quasi fossero un patrimonio costruito in anni di paziente lavoro, e quindi funzionali allo status quo rispetto ad
un passato che gli ricorda “il richiamo stantio alla benemerita società civile, che è solo e sempre quella che manifesta, che firma appelli, che si
mobilita.” Insomma, Dio non voglia che si torni nelle piazze, che si invochi la partecipazione per contestare quella gerontocrazia che evidentemente
gli sta a cuore e incarnandola lo rappresenta. Meglio esorcizzare la presa di coscienza dei giovani e di neutralizzarli assegnando loro una
sostanziale ingenuità, tale da renderli del tutto inaffidabili.
E allora non esita a porli in ridicolo, perché di fronte alla richiesta di abbattere l’inquinamento rinunciando al motorino per una volta al mese,
si dice certo che molti finirebbero per disertare la prossima manifestazione di piazza. Per ottenere lo stesso effetto è convinto che
basterebbe obbligarli a ridurre i consumi dell’energia vietando loro di ricaricare lo smartphone per un giorno al mese. Tale è la fiducia che nutre
nei nostri giovani -o piuttosto la paura di un loro risveglio- da concludere con un “Scommettiamo che alla manifestazione di piazza successiva i
partecipanti sarebbero molti meno?”.
Tanta improntitudine ci lascia indignati, ma non sorpresi, in quanto resta confermata la linea d’azione di un giornale costantemente arroccato
accanto al potente di turno e poco incline a favorire una ecologia integrale e il risveglio delle coscienze. Un giornale che crede di darsi una
parvenza di democraticità dando spazio ad un gruppetto di collaboratori esterni che vanno dall’autonomista, all’ambientalista, al prete impegnato
e così via. Tanto estraneo alle istanze di rinnovamento da essere stato l’unico giornale d’Italia a non aver speso una sola parola per descrivere la
straordinaria manifestazione di Padova, celebrata ieri nel ricordo delle vittime delle mafie. Parlandone avrebbe scoperto che a manifestare la
voglia di giustizia e di cambiamento eravamo in cinquantamila, dove la stragrande maggioranza erano giovani e giovanissimi: la meglio gioventù
di questo paese che, a dispetto di chi cerca in ogni modo di denigrarla e di sottovalutarla, resta pur sempre la sola ancora di salvezza di una
società asfittica che sino ai giorni nostri non ha fatto altro che tenerla fuori dalla vita pubblica, nell’esclusivo interesse di una ristretta casta di
vecchi compari e ruffiani.
Grazie a costoro e alla nostra desistenza che li ha tollerati, generazioni di giovani si sono lasciati prendere dalla rassegnazione o dal rancore per
essere rimasti esclusi dal mondo del lavoro a beneficio dei raccomandati o di chi si ritrova un percorso lavorativo già tracciato da imprenditori o
professionisti che possono lasciare il testimone al proprio figlio.
Come stupirci se molti di loro sono disorientati, se non hanno più una vita propria, se si perdono nel labirinto di vite virtuali e si sfiniscono dentro un
milione di siti on line, a guardare infinite vetrine di oggetti che non compreranno mai o a sentirsi vivi in isterici e impersonali messaggini.
E allora non è meraviglioso vedere milioni di giovani che sfilano per le strade del mondo invocando la pace, la giustizia e il rispetto per
l’ambiente, senza la benché minima paura di essere criticati e giudicati dagli scettici, dai morti viventi e da chi se ne frega dell’ambiente, della
pace e della giustizia. Di certo il rischio che siano indotti a desistere e che vengano corrotti dalla disinformazione non è da sottovalutare. Come non
è da sottovalutare la crisi della scuola e la difficile condizione della libertà, influenzata com’è dal sovraffollamento e dalla vacuità delle
notizie, quindi dalla conseguente impossibilità di ponderarle.
Spetta a noi fare la nostra parte nei confronti dei giovani: sottrarli al rito delle domenicali sfilate nei centri commerciali, alle mancate
conversazioni e ai mancati esempi. Spetta a noi liberarci dai falsi profeti e premere sulle politiche nazionali affinché si proceda speditamente verso
un’ecologia integrale dove l’ambiente naturale interagisce con la società e le sue culture, con le istituzioni, e l’economia.
Non permettiamo a chi ha favorito le politiche dissennate del passato di mettere bocca e di trasformare la gioiosa ribellione giovanile in una
ridicolo modo di marinare la scuola. Diamo ai giovani i solidi convincimenti che ci hanno guidato nelle solitarie e faticose lotte per l’ambiente e per
stanare gli interessi dei poteri forti e degli ambientalisti di regime.
Smascheriamo anche quel buffo soggetto con la bandana che si agita nelle mani di Bianca Berlinguer e fa ridere di noi l’Italia intera. Ebbene,
quel soggetto che dall’alto dell’esiguo valore della sua produzione letteraria si spaccia per essere il paladino dell’ambiente è parso
disturbato dalla irruzione dei giovani in difesa del pianeta. E allora ci è tornata in mente l’ultima volta che lo abbiamo sollecitato a prendere
posizione contro l’aggressione del paesaggio della nostra Regione. Al teatro di Cormons andava in scena una edizione pubblica del programma
radiofonico del “ruggito del coniglio” e, dato che era previsto il confronto fra lui e la Serracchiani, lo invitammo a manifestare tutta la sua
riprovazione per l’ecomostro della Terna. Anzi, per averne certezza pochi minuti prima della trasmissione andammo a cercarlo nel suo habitat, cioè
nell’antistante osteria: fu perentorio: “non ti preoccupare Tibaldi, la sistemo io quella balorda, vedrai!”: Pochi minuti dopo era sul palco.
Ebbene per tutta risposta non si è mai visto un arruffianamento simile! A testimoniare la sua coerenza la saliva della sua lingua è ancora lì sul
palco di Cormons.
Tibaldi Aldevis C