L’attivista iraniana premio Nobel per la pace Shirin Ebadi oggi riceve a Lignano il premio Hemingway
Quale è la situazione attuale in Iran? «Nonostante tutti i miei sforzi e quelli degli attivisti, la violazione dei diritti umani in Iran peggiora di giorno in giorno. Un paese in cui in media tre persone al giorno subiscono la pena capitale», così l’attivista e Premio Nobel per la Pace 2003, Shirin Ebadi che oggi riceverà il Premio Hemingway 2023 nella sezione “Testimone del nostro tempo” per «aver saputo ispirare milioni di persone nel mondo grazie al suo impegno di avvocato per i diritti umani e dare voce a chi, soprattutto donne e bambini, è sempre stato costretto a tacere e a subire soprusi dalla teocrazia che governa il suo paese».
«Vengo dall’Iran e sono un’attivista per i diritti umani, dal 2009 sono stata costretta a lasciare il mio paese e ho sfruttato questa nuova condizione e la libertà conquistata per farmi portavoce del popolo iraniano. Nonostante tutti i miei sforzi e quelli degli attivisti, la violazione dei diritti umani in Iran peggiora di giorno in giorno. Un paese in cui in media tre persone al giorno subiscono la pena capitale; un paese in cui un assassino non viene punito ma fare il giornalista è un crimine. Anche fare l’avvocato è un crimine, da settembre 2022, dall’uccisione da parte della polizia morale iraniana della giovane Mahsa Amini, diciassette avvocati sono stati processati per aver difeso i manifestanti», racconta Shirin Ebadi «L’Iran è un paese in cui la vita di una donna vale la metà di una vita di uomo, se si pensa a un incidente stradale in cui sono coinvolti un uomo e una donna, il risarcimento previsto per la donna sarà la metà di quello previsto per l’uomo a parità di danni subiti. Sono tornate anche le punizioni corporali di stampo medievale, nel codice penale iraniano, quello in vigore dal 1979, sono previsti, e vengono eseguite, le lapidazioni; persone condannate vengono gettate da dirupi o frustrate».
E continua «Dopo la grande concentrazione mediatica, dall’uccisione da parte della polizia morale iraniana di Mahsa Amini a settembre 2022 a tutte le manifestazioni che sono seguite in molte città iraniane, nelle ultime settimane c’è stato un calo di attenzione, ed è quasi fisiologico che questo accada. Le voci si sono abbassate ma questo non significa che gli iraniani hanno smesso di opporsi al regime. C’è stata una repressione fortissima con più di ventimila arresti, seicento manifestanti uccisi, alcuni impiccati. Il regime ha chiaramente dichiarato che sono disposti a uccidere fino all’ultimo oppositore. La gente comincia a essere più cauta. Le proteste in questo ultimo periodo sono soprattutto notturne, le persone continuano a gridare per le strade che il regime iraniano deve andarsene. Certo ad oggi non c’è una persona fisica, un leader della protesta che possa essere una alternativa al regime ma ci sono gruppi di opposizione che collaborano insieme, in varie zone del paese, di cui non si può svelare l’identità perché rischierebbero di essere arrestati».
Nel corso dell’incontro di oggi, al quale hanno preso parte anche il Presidente di Giuria del Premio Hemingway Alberto Garlini e il Consigliere con delega alla Cultura del Comune di Lignano Donatella Pasquin, Shirin Ebadi ha sottolineato «La lotta per la democrazia e per i diritti umani è compito del popolo iraniano, ed è un obiettivo raggiungibile. La nostra sola richiesta alla comunità internazionale è che non aiuti il regime nella sua sopravvivenza, che eviti accordi economici che possano sostenerlo e legittimarlo».
Anche la situazione economica del popolo iraniano la preoccupa «Nonostante l’Iran sia un paese ricco di gas naturali e di giacimenti di materie prime, il popolo è in grandissima difficoltà, aumenta la povertà e diminuisce la capacità economica di far fronte alle esigenze minime quotidiane. Il regime continua a dare colpa alle sanzioni internazionali, ma non è solo questo. Certo le sanzioni americane fanno la loro parte, ma le cause decisive sono invece la corruzione dilagante e l’incessante riciclaggio di denaro sporco da parte del regime che viene investito soprattutto nel finanziamento di gruppi paramilitari del vicino Medio Oriente, oltre alla repressione sempre più violenta del popolo che vive in uno stato di terrore».
Come vive oggi lontana dal suo paese? «Sono stata minacciata di morte più volte, il governo britannico mi ha proposto la scorta ma ho rifiutato. La morte è un destino comune per tutti, e morire per i propri ideali non è sicuramente negativo, non ho paura e continuo per la mia strada. Sono molto fiduciosa sul futuro che sarà sicuramente migliore per tutti, siamo noi a doverci prendere la responsabilità di cambiarlo nella direzione del rispetto dei diritti umani e della libertà di espressione. Faccio l’esempio del grande scrittore Salmon Rushdie che è stato vittima dei fanatismi e non è un caso che nell’abitazione del suo ultimo attentatore siano stati trovati i libri in cui Khomeyni che aveva dato l’ordine di ucciderlo. Sono molto dispiaciuta ma episodi simili continuano ad accadere». E lancia un appello al mondo della comunicazione «Voi giornalisti avete in mano l’arma più tagliente, la scrittura. Tutte le ingiustizie che vengono raccontate hanno più probabilità che non si ripetano. La vostra funzione è importante, siete in prima linea, se voi andate avanti la società vi seguirà, non smettete mai».