Lavori di pubblica utilità per messa alla prova: firmato l’accordo per impiegare all’interno dell’Ateneo friulano chi non ha commesso reati gravi
Servizi amministrativi e portierato, cura del verde e pulizia delle aree esterne, supporto al personale, custodia delle biblioteche e delle aree interne e prestazioni di lavoro per la fruibilità e la tutela del patrimonio culturale e archivistico, piccola manutenzione e assistenza informatica: saranno questi i settori dell’ateneo friulano in cui saranno impiegati alcuni imputati per reati puniti con pene di lieve entità che sono stati inseriti nel programma di lavori di pubblica utilità per messa alla prova. Lo stabilisce un accordo firmato mercoledì 15 dicembre dal rettore dell’Università di Udine Roberto Pinton e dal presidente del Tribunale di Udine Paolo Corder, alla presenza del Dirigente dell’Ufficio Interdistrettuale di Esecuzione Penale Esterna di Venezia, Domenico Arena. La convenzione, di durata triennale, stabilisce che saranno tre le persone che, beneficiando della messa in prova o di pene sospensive, andranno ad affiancare alcuni uffici dell’ateneo friulano in specifici settori di attività.
L’obiettivo del programma è quella di dare un’opportunità di riscatto a chi ha commesso reati tramite un’occupazione non retribuita a favore della collettività. Il loro impiego avverrà dopo un’adeguata formazione e potrà essere svolto nei diversi poli e sedi dell’università a Udine e, se del caso, anche in quelli di Pordenone e Gorizia. “È possibile restituire un ruolo di utilità sociale a chi ha commesso un errore – ha sottolineato il rettore dell’ateneo friulano -, recuperarlo attraverso la sua disponibilità. L’Università prova a dimostrare ancora una volta che fare comunità è possibile, grazie a una sinergia forte tra le istituzioni e alla volontà dei singoli di reinserimento all’insegna di una cultura della legalità e di un sentimento del bene pubblico”. Il lavoro di pubblica utilità consiste in una prestazione non retribuita in favore della collettività nei casi previsti dall’art.168-bis del codice penale, nel rispetto delle specifiche professionalità e attitudini lavorative dell’imputato, da svolgere presso lo Stato, le Regioni, i Comuni, le aziende sanitarie o enti e organizzazioni, tra le quali anche le università. Su richiesta dell’imputato, il giudice può sospendere il procedimento e disporre la messa alla prova, sulla base di un programma di trattamento predisposto dall’Ufficio di esecuzione penale esterna, subordinato all’espletamento di una prestazione di pubblica utilità. “La sinergia tra istituzioni con finalità solidaristiche, soprattutto in tempi difficili come quelli attuali, è la strada da seguire – ha evidenziato il presidente del Tribunale di Udine – e la convenzione tra Università di Udine e Tribunale è in tal senso un esempio virtuoso. Gli istituti riabilitativi e rieducativi per i reati meno gravi vanno rafforzati rispetto alla pena detentiva e l’occasione che offre la presente convenzione di svolgere un lavoro utile alla collettività nel tempio della formazione e della crescita della persona, quale è l’università, risponde pienamente a tale esigenza”.