Leggi razziali: “ieri, oggi e domani”. Siamo al preludio dell’ascesa di un nuovo duce o di un nuovo führer?

Partiamo dalla cronaca, sospesa per 15 giorni una professoressa di Palermo per aver permesso che gli studenti che in una videoproiezione, una ricerca scolastica, presentassero le Leggi razziali del 1938 accostate al decreto sicurezza di Matteo Salvini. Il caso è venuto alla ribalta, considerato tanto grave, che all’istituto tecnico del capoluogo siciliano dove è avvenuto il fattaccio a gennaio sono arrivati gli ispettori del Ministero. Ipotesi di reato è che  l’insegnante non avrebbe “vigilato” (che in questo caso sta per censurato) sul lavoro dei suoi studenti 14enni che nella giornata della memoria avevano presentato la videoproiezione. Il risultato o meglio la sentenza è che Rosa Maria Dell’Aria, docente di lettere nell’istituto industriale Vittorio Emanuele a Palermo è stata sospesa, da sabato scorso, per due settimane dall’ufficio scolastico provinciale per “omesso controllo”   non avrebbe vigilato sul lavoro dei suoi studenti 14enni. La sospensione – scrive Repubblica Palermo – con stipendio dimezzato, è stata attuata al termine di una ispezione ministeriale cominciata dopo una serie di post sui social. Tutto sarebbe nato dopo che un attivista di Destra aveva lanciato un tweet indirizzato al ministro all’Istruzione Marco Bussetti: “Salvini-Conte-Di Maio? Come il reich di Hitler, peggio dei nazisti. Succede all’Iti Vittorio Emanuele III di Palermo, dove una prof per la Giornata della memoria ha obbligato dei quattordicenni a dire che Salvini è come Hitler perché stermina i migranti. Al Miur hanno qualcosa da dire?”.  Il sindacato, così come i giovani alunni e i colleghi della professoressa, la difendono : “Censura di stato” chiosa il presidente di Anief, Marcello Pacifico; “è un brutto salto indietro in un passato che, purtroppo, non è evidentemente ancora stato superato del tutto” e ancora, “La sospensione di un docente perché i suoi studenti hanno osato, nel giorno della memoria, rievocare uno dei momenti più bui della storia italiana del secolo scorso collegandolo alla drammatica attualità che vede oggi l’intera Europa, Italia purtroppo compresa, impegnata in un disdicevole tira e molla sull’accoglienza dei migranti che, mentre tutti provano a ignorarli, scompaiono a migliaia tra le onde del Mediterraneo – prosegue  il presidente di Anief – sa di censura e controllo politico della più becera specie; la stessa specie che proprio in quel periodo del Novecento l’Italia ha già vissuto e contro cui molti italiani sono morti perché di essa ci si potesse finalmente liberare”.

Che dire se non che “mala tempora currunt sed peiora parantur”  (“corrono brutti tempi ma se ne preparano di peggiori”) sperando di non incorrere in diffamazione per non essere ottimista sulle splendide performance del governo giallo-verde in generale ed in quello odiose del ministro degli interni in particolare. Una vicenda  quella di Palermo, che unita a tante altre ci spaventa, chi non ricorda la mostra sulle leggi razziali degli studenti di Trieste censurata dal Comune giuliano e le decine di altri episodi dove si vorrebbe mettere il bavaglio, non solo alla stampa, ma addirittura alla storia. Come non ricordare il libro  campione di idolatria edito dalla nuova casa editrice degna erede  di quella del “libro e moschetto”.  O le rimozioni forzose di striscioni e il “quasi” sequestro di cellulari a finti fans del “capitano”.
In realtà hanno ragione i ragazzi di Palermo a mettere in relazione le leggi razziali ad alcune derive “anti” del ministro degli interni, ma c’è di più, bisogna ricordare che proprio nel 1938 , oltre alle leggi razziali venne pubblicato, proprio destinato all’indottrinamento delle giovani generazioni, il “Manifesto della Letteratura Giovanile”  di Filippo Tommaso Marinetti. In quell’anno infatti  la strategia di controllo sulla produzione di libri per  giovani e ragazzi raggiunse l’apice nell’istituzione della “Commissione per la Bonifica libraria” e nell’organizzazione di un Convegno a Bologna (9 e 10 novembre 1938)  in occasione del quale Marinetti stilò appunto il suo Manifesto, finalizzato alla determinazione degli standard a cui libri scolastici, romanzi  ma perfino fumetti, riviste, teatro, radio e cinema destinati ai giovani, furono costretti ad adeguarsi per non essere soppressi.  Ovviamente c’è chi sogna di poter imporre certi bavagli e riscritture storiche revisioniste anche oggi, basti pensare alla  mozione 50, presentata a febbraio al Consiglio regionale Fvg a maggioranza lego-forzista nella quale si impone – cito testualmente – di “sospendere ogni contributo finanziario, patrocinio o concessione a beneficio di soggetti pubblici e privati che, direttamente o indirettamente, concorrano con qualunque mezzo a negare o ridurre il dramma delle foibe e dell’esodo”. A parte la demenzialità del testo, sono chiare le volontà revisioniste e di imbavagliare storia e storici. Ma ad ulteriore  riprova che il periodo storico che viviamo sia davvero pericoloso vale la pena leggere il testo che segue:

“Un contratto di governo tra due partiti che si erano insultati sino al giorno prima, mediato da uno che si credeva più furbo degli altri. La sinistra che litigava sulla chiusura o meno dei negozi alla vigilia di Natale. Un decreto immigrazione che bloccava ogni ulteriore arrivo di immigrati, perlopiù ebrei. L’odio verso i nuovi cittadini combinato con l’odio per le elite. L’abuso della parola “popolo”. La gestione demagogica e irresponsabile delle finanze. L’ascesa dei nuovi padroni accompagnata da un “Vaffa” continuo, ripetuto, scandito all’infinito, studiato, voluto, recitato. Così si presentava il mondo, anzi la Germania, nel 1933, l’anno dell’ascesa al potere di Hitler”. Il nostro mondo è molto diverso da quello di allora, ma Siegmud Ginzberg  storico e giornalista  – nel suo libro “Sindrome 1933”  Feltrinelli– ci fa notare che molti sintomi, segnali, processi, atteggiamenti di oggi e di allora si assomigliano. Magari non saranno identici, non ci saranno corrispondenze precise e speculari tra questo o quel personaggio di allora e i personaggi di oggi, ma le analogie tra gli umori sociali, i metodi di persuasione nella comunicazione (pur cambiando i mezzi), i linguaggi violenti e gli inganni (che oggi chiamiamo fake news) sono comunque impressionanti. Ginzberg spiega così la genesi del suo prezioso libro: “Leggo la stampa, vedo i telegiornali, faccio talvolta zapping nei talk-show, ascolto quel che dice la gente al bar o sull’autobus, e ho l’impressione di aver già letto, già visto, già ascoltato. Ma in tutt’altra epoca e altro luogo”. Appunto. Nel 1933 a Berlino.
“L’anno si presentava banale. I partiti litigavano come al solito. Sulle solite cose. Nessuno aveva la maggioranza. Proseguivano frenetiche le consultazioni. Tra polemiche, veti incrociati, incontri segreti e manovre sottobanco. Fino al giorno prima, anzi fino a qualche minuto prima, nessuno avrebbe scommesso che l’anziano presidente della Repubblica stava per nominare cancelliere Adolf Hitler. Sia pure alla testa di un governo di compromesso, tra partiti che sino a poco prima erano ai ferri corti, si insultavano a vicenda. La convergenza tra il vecchio centro-destra del magnate dei media Alfred Hugenberg e il nuovo aggressivo populismo dei nazionalsocialisti di Hítler era nell’aria da tempo. In effetti avevano già provato a mettersi d’accordo. Ma non ci erano riusciti. Il centro-destra aveva troppi galli nel pollaio, industriali ed élite non si fidavano dei nuovi populisti. Sembrava che quel matrimonio non s’avesse da fare. E invece…”
L’epilogo lo conosciamo ed il mondo ne paga ancora le conseguenze. Ed allora non la sospensione dall’insegnamento ma forse lo scranno di chi ha mandato gli ispettori spetterebbe di diritto all’insegnante di Palermo che ha l’enorme merito di aver fatto capire ai suo ragazzi che non solo bisogna ragionare con la propria testa, ma che il futuro nasce dalla storia e non dalla cancellazione del passato. Un paese maturo può e dovrebbe fare i conti con una memoria divisa ma dove prevalere la verità che alla fine è una sola e non può essere liquidata con la favoletta della crisi delle ideologie, favoletta che essa stessa diventa ideologia. In realtà la cosiddetta crisi delle ideologie, non totale cancellazione, non deve significare la rinuncia a distinguere precisamente fatti e misfatti storici, usi e abusi dell’antifascismo e del fascismo, con una differenza che il fascismo non è più una ideologia è un reato, mentre l’antifascismo resta un merito. È responsabilità nostra non permettere che la storia del Novecento anneghi nel mare dell’indistinzione. Come anche dire oggi in questi tormentati inizi del terzo millennio che sinistra e destra non esistono più o peggio che fascismo e antifascismo non dovessero più riguardare i nostri tempi e le nuove generazioni è violentare la storia ma anche negare l’evidenza, come ci segnala Siegmud Ginzberg nel suo libro pubblicato da Feltrinelli con il titolo “Sindrome 1933” e che vale la pena di essere letto integralmente.

Fabio Folisi