Mattarella. Lavorare non è morire: “I morti di queste settimane ci dicono che quello che stiamo facendo non è abbastanza”

Con una media di tre morti al giorno quello degli incidenti sul lavoro non si può considerare un fattore casuale. Se ne è accorto anche il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella  che ha inviato un messaggio al Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali, Marina Elvira Calderone, in occasione dell’avvio del corso di formazione in materia di salute e sicurezza sul lavoro.
“La cultura della sicurezza deve permeare le Istituzioni, le parti sociali, i luoghi di lavoro” afferma il Presidente della Repubblica. “Le morti sul lavoro feriscono il nostro animo. Feriscono le persone nel valore massimo dell’esistenza, il diritto alla vita. Feriscono le loro famiglie. Feriscono la società nella sua interezza”, scrive Mattarella. “Lavorare non è morire”.
“Il nostro Paese – aggiunge il Presidente – colloca il diritto al lavoro e il diritto alla salute tra i principi fondanti della Repubblica. Non è tollerabile perdere una lavoratrice o un lavoratore a causa della disapplicazione delle norme che ne dovrebbero garantire la sicurezza sul lavoro. I morti di queste settimane ci dicono che quello che stiamo facendo non è abbastanza”.
“La cultura della sicurezza deve permeare le Istituzioni, le parti sociali, i luoghi di lavoro. A voi, ispettori tecnici, spetta un ruolo attivo in questo processo di garanzia e di prevenzione”, osserva il Capo dello Stato, che aggiunge: “faccio appello alle vostre intelligenze e al vostro impegno per contrastare una deriva che causa troppe vittime. Anche da voi e dalla vostra attività dipende la vita di madri, padri, figli, lavoratrici e lavoratori che, finito il proprio turno, hanno il diritto di poter tornare alle loro famiglie”.
“Mentre rivolgo ai nuovi ispettori tecnici il mio incoraggiamento, – conclude Mattarella – ringrazio gli ispettori già in servizio – che ogni giorno si spendono per intercettare le irregolarità in materia di sicurezza e garantire l’applicazione delle regole – e formulo a tutti i migliori auguri di buon lavoro”. Parole sempre sagge e precise quelle del Presidente ma che temiamo cadano per l’ennesima volta nel vuoto. La politica italiana infatti, nonostante le dichiarazioni a caldo a seguito di eclatanti fatti di cronaca, come l’incredibile morte degli operari sulla ferrovia in Piemonte, riesce sempre ad assorbire le contraddizioni con la sua indifferenza di fondo, usando il tempo. Dimenticare rapidamente fino alla tragedia successiva con la connivenza della stampa che tratta le questioni in maniera sensazionalista per poi dimenticarsi rapidamente del sangue e del dolore versato. In Italia si continua ad ammalarsi e a morire sul lavoro. Sono infatti in crescita anche le malattie professionali, le denunce di malattia professionale protocollate dall’Inail nel 2022 sono state 60.774, in aumento di 5.486 casi (+9,9) rispetto al 2021 (15.751 casi in più, per un incremento percentuale del 35,0% rispetto al 2020, e 536 casi in meno, con una riduzione dello 0,9%, rispetto al 2019). Un aumento delle denunce si registra in tutti i comparti, anche rispetto agli anni precovid. Intanto l’amianto, a distanza di 30 anni dalla legge che lo ha messo al bando, continua a mietere vittime. L’edilizia è il settore più esposto a casi di mesotelioma, con il 16,2% del totale.

La situazione, insomma, non tende a migliorare, anzi.  E non è che in tema  morti bianche la situazione in Fvg sia migliore, anzi quest’anno sono triplicate. Se ne contano infatti 15 da gennaio a luglio, quando nello stesso periodo dello scorso anno erano 5. Il dato  è stato  al centro del forum sulla prevenzione organizzato nella sede della prefettura di Trieste, un evento che in 23 tappe sta attraversando l’intero paese ed è arrivato ora in FVG.   Del resto nell’ultimo decennio si è assistito nel nostro Paese ad una ricomposizione dell’occupazione verso il lavoro dipendente ma  con una crescita dei rapporti di lavoro a tempo determinato, una notevole espansione degli impieghi a tempo parziale e una maggior flessibilità e variabilità dei contratti di lavoro. Questi trend sono connessi allo sviluppo di molte attività nel terziario e di professioni a bassa qualifica, il risultato è una precarietà sempre più consistente e precarietà vuol dire quasi automaticamente meno tutele e preparazione sul fronte della sicurezza. Sicurezza e regolarità, come ancora questi dati confermano, sono un binomio imprescindibile, ancor più importante in un settore fatto di imprese piccole e piccolissime e con un sistema di appalti e subappalti senza limiti.  Qualcosa quindi si potrebbe fare, ma ci vorrebbe una volontà politica che rivoluzioni il sistema del lavoro, ma da un governo come quello che ci troviamo potrebbe farlo? A giudicare dai provvedimenti fin qui  attuati (voucher, subappalti a cascata ecc. ecc.) c’è da pensare che al di là del “cordoglio” per le morti la politica  vada nella direzione di consentire un precariato sempre più legalizzato.