Noi inquiniamo…. nostro malgrado o per scelta. Ma comunque qualcuno ci guadagna

Intendiamoci, che le “giovani generazioni” stiano prendendo coscienza dei rischi per la stessa sopravvivenza del genere umano provocati dalle attività umane stesse è cosa buona e giusta, ed è comunque una scintilla importante che potrebbe dare l’avvio ad un fuoco virtuoso di cambiamento, ma in realtà allo stato pare  insufficiente perchè vi è una possibilità di strumentalizzazione molto concreta. Una strumentalizzazione non di natura politica, contro la quale, nel bene e nel male, ormai vi sono anticorpi diffusi, ma la possibilità che le buone intenzioni vengano riassorbite in logiche capitalistiche che non possono prescindere dal profitto a tutti i costi. Infatti l’idea che si possa contrastare il cambiamento climatico solo cambiando le nostre abitudini di vita, con le borraccette anzichè le bottigliette usa e getta o chiudendo il flusso dell’acqua quando ci si lava i denti, è ingenua quanto risibile, non basta infatti l’impegno individuale, è necessario avere una idea più complessiva della natura dei problemi. Insomma non basta non assistere immobili al tracollo provocato dall’incuria dell’uomo e reagire soltanto attraverso l’educazione ambientale e civica, certo è un parametro fondamentale, ma assolutamente insufficiente. Solo avendo la consapevolezza della complessità della sfida che deve diventare alternativa contro un sistema economico potente e consolidato il movimento neo ambientalista potrà sperare in un successo. Questo movimento divenuto spontaneo è stato ingigantito se non innestato in maniera artificiale. Del resto sarebbe stupido nascondere e negare che permangono dubbi sulla genuinità, non di Greta Thunberg , che dal basso dei suoi 15 ora 16 anni non è certo implicata in trame oscure dei poteri forti, ma di una parte di quanti l’hanno favorita mediaticamente a livello globale si.
Pare ragionevole sospettare che dietro alla adolescente front woman ci siano burattinai che vogliono persuaderci che i danni prodotti dalle produzioni industriale e dal mercato si sanino con strumenti di mercato e non con un cambio vero ed epocale degli stessi meccanismi di approccio alla produzione, partendo magari dal venir meno dello sfruttamento dell’uomo sull’uomo. Insomma non basteranno trattati commerciali tra privati e Stati e privati, non basteranno le firme in accordi internazionali che prevedono l’impossibile unanimità per renderli sostenzialmente inapplicati, non basteranno perchè la realtà è che i grandi inquinatori potranno continuare ad emettere Co2 semplicemente delocalizzando le proprie produzioni in paesi terzi, spostando solo le fonti di inquinamento e liberando teoricamente e temporaneamente il ricco occidente dall’inquinamento visibile perchè comunque alla fine la natura presenterà il conto globalmente. Fra l’altro la sottoscrizione degli accordi internazionali, quando viene firmata resta spesso carta straccia in quanto i paesi emergenti non sono spesso in grado per volontà o impossibilità di rispettare gli accordi e di imporre alle industrie alcunchè.
Così il grande capitale, i poteri forti, che in questo caso esistono eccome, si comprano le opportunità di far rotolare il mondo nel precipizio in nome del profitto e lo fanno sfruttando ogni opportunità, da un lato modificheranno effettivamente alcune produzioni rendendo l’ecologia una cosa da ricchi, basti pensare alla mobilità elettrica, con auto non certo alla portata dei più ai quali non resta che inquinare sopportando probabile aumenti di prezzi alla pompa o accettare la logica folle della rottamazione delle auto con in cambio il ridicolo bonus di 1500 euro per l’acquisto di abbonamenti ai mezzi pubblici. Insomma si allarga ancora di più la forbice fra ricchi, elettricamente motorizzati o ai quali 20 centesimi litro di costo carburante in più non cambiano la vita e poveri vecchi e nuovi, accalcati su bus e treni per pendolari. Ma è questa l’idea di società che hanno i giovani che ieri affollavano le piazze italiane? Non è che invece tutto possa diventare funzionale alla convinzione quasi scaramantica che sia decisivo contribuire alla declinazione “morale” del capitalismo che invece diventa capace di trasformare perfino la responsabilità sociale ed ecologica in nuova fonte di profitto. Così perfino un movimento genuino rischia di diventare valore aggiunto propagandistico, strumento di mercato “ecologico” dispiegato a risolvere i problemi che lo stesso mercato ha creato facendoci ampi e lucrosi guadagni. Il dubbio è atroce e diventa pesante quando scopriamo che spin doctor e organizzazioni di sostegno a Greta & c sono probabilmente finanziate in maniera più o meno opaca proprio dai maggiori inquinatori mondiali che elargiscono fondi con la scusa di lavarsi la coscienza e che invece sono fondi in investimento. Sul tema ambientale in sostanza si sono avuti nel recente passato tre passaggi di base: il primo tendente a negare il problema (vede Trump, Bolzonaro & c), il secondo ad ammetterlo per inventare false ricette, il terzo, il più bieco ed efficace, è quello di porsi surrettiziamente alla testa dell’ambientalismo, guidandolo verso una sorta di autoflagellazione individuale privo di qualunque spirito critico. Insomma il dubbio che il sistema sia in grado di controllare e a volte di creare l’opposizione a se stesso per trarne maggiore profitto, diventa molto concreto, anzi una realtà.

Fabio Folisi