Non lasciamo soli coloro che combattono per i propri diritti

Martedì 9 aprile si è ricordato il primo anniversario dell’uccisione di Matteo Vinci, giovane biologo di Limbadi, in Calabria, fatto saltare da una bomba situata sotto la sua auto. Un delitto di chiara impronta mafiosa per cui sono stati condannati alcuni esponenti del clan dei Mancuso, confinanti con il terreno dei Vinci.
L’anniversario è stato ricordato dal concerto dell’ Orchestra Falcone Borsellino, composta dai bambini e ragazzi dell’associazione “La città invisibile di Catania”, che hanno suonato nel luogo in cui è stato ucciso Matteo Vinci e nel giardino della casa dei genitori. Era stato chiesto di eseguire il concerto in chiesa, ma il parroco ha rifiutato con la motivazione che la chiesa è un luogo di culto, dove non si tengono eventi politici. In Municipio è stato organizzato un incontro pubblico con l’introduzione del prefetto Antonio Reppucci , presidente della commissione straordinaria nominata alla guida del Municipio, che ha partecipato indossando la fascia di primo cittadino in quanto il Comune è stato commissariato per mafia.È intervenuto il sacerdote don Fiorillo, in rappresentanza dell’associazione Libera e di un gruppo di iscritti presenti, che ha proposto un incontro operativo da tenersi in paese, appello ripreso da Salvatore Borsellino, che si è collegato via Skype con l’assemblea. I rappresentanti del Governo, del Parlamento, della Regione, della Provincia erano assenti, nonostante fossero stati invitati.
Qualche osservazione sulla vicenda: il parroco delle tre chiese di Limbadi non ha permesso che il concerto si tenesse in chiesa, come era stato richiesto. Si trattava di musica classica eseguita da ragazzi, forse il sacerdote non sa che esiste la musica sacra, la Messa cantata, i cori da chiesa? Avrebbe potuto, in alternativa proporre una preghiera, una Messa, un Rosario per ricordare Matteo, ma non lo ha fatto, cosi come non ha salutato i genitori ed ha partecipato solo in parte alla giornata. Non ha voluto schierarsi contro la famiglia Mancuso, cioè la mafia. Si sa, faceva dire Sciascia al padrino de Il giorno della civetta, ” La chiesa è grande e c’è posto per tutti”. Eravamo negli anni sessanta, non è cambiato niente, anzi la situazione è peggiorata. Bisognerebbe uscire da questa ipocrisia maleodorante, dalla fetente ambiguità che consente la compresenza di un don Puglisi e di pochi altri e di questi poveri don Abbondio.
Altra considerazione: l’assenza delle istituzioni, tutte. Come si interpreta questa latitanza? Da che parte sta lo stato? Non con la vittima certamente, con gli assassini? Semplicemente non c’è.
C’era però La città invisibile con la sua orchestra che da Catania si è spinta a Limbadi ed ha permesso così di ricordare Matteo e soprattutto non ha lasciati soli i genitori. La solitudine è il peggio per chi è minacciato, perseguitato, intimorito. Alcuni cittadini di Limbiate, non pochi, data la situazione, hanno partecipato alla cerimonia, probabilmente pagando poi un prezzo. La paura fa meno paura se si è in compagnia. La solidarietà e l’empatia sono un bene raro, proprio per questo sono un valore.
La Calabria è lontana , ma la criminalità organizzata e le varie mafie sono vicine. Come riportava ieri Friulisera, anche nella nostra regione si sono verificate intimidazioni e minacce ai danni dei giornalisti, che onestamente fanno il loro lavoro per informare così come prevede la Costituzione.
La situazione è grave, non possiamo aspettare che dai proiettili in busta si passi ai proiettili in canna per uccidere chi è scomodo, non lasciamo sole le persone che difendono i loro diritti, sia quelli della proprietà della terra che della libertà di stampa, la libertà di avere diritti.