Non solo Udine. Ripartire da Vito d’Asio

 

Le elezioni comunali di inizio aprile in F-VG si sono svolte contemporaneamente alle regionali ma proprio nel doppio confronto sono emerse delle sorprese che meritano una riflessione. Come noto il caso Udine è diventato per la sinistra il fiore quasi imprevisto che riesce a sbocciare nel letame (citazione De Andrè, anche se De Toni non sembra una orchidea) suscitando l’immediato contro canto entusiastico dei neo melodici stonati Serracchiani, Schlein, Rosato.
Ma in realtà Udine è sempre stata refrattaria ad osannare i populismi e le deviazioni destrorse e di fatto solo nel 2018 negli ultimi 30 anni si è affidata a tali tendenze nell’amministrazione della città. Non che abbondino i manipoli rivoluzionari, ma un civico borghese buonsenso tende a premiare professionalità democratiche. E’ sostanzialmente quanto è successo con la affermazione recentissima di De Toni. E c’è da sperare che tra non molto possa accadere un qualcosa di analogo anche a Trieste, pur in un ambiente totalmente diverso.
Ma la politica regionale non si gioca nelle città. Alla base della vittoria indiscutibile di Fedriga alle elezioni regionali, ma identico quanto è successo alle politiche di settembre (con diversa preferenza di messaggi), ci sono gli spazi dei tanti piccoli paesi e cittadine che traggono nella loro dispersione territoriale un “imprinting” politico-culturale che connette le disillusioni della post modernità con marchi conservativi di richiami percepiti come familiari. A settembre scorso fino al “dio, patria e famiglia”.
E’ dentro queste realtà che i messaggi politici vengono filtrati da una storia sociale ed economica che ha visto ritmi di cambiamento e di miglioramento forti in alcuni decenni del passato e che oggi trova continue nuove incertezze all’orizzonte. C’è una paura diffusa che sembra poter essere esorcizzata solo da promesse di conservazione possibilmente accompagnate da distribuzione di bonus clientelari.
In alcuni comuni marginali, particolarmente montani e pedemontani, le percentuali di consenso a Fedriga hanno raggiunto la quasi unanimità e mi hanno fatto ricordare scene cinematografiche di quando ci si recava in corteo ad elezioni e plebisciti accompagnati dalla banda musicale oltreché dai maggiorenti del paese. Forni di Sopra, Sappada, Taipana tanto per citare qualche luogo dove Fedriga è andato oltre l’85% dei consensi.
Aree interne e rurali mandano quindi segnali precisi. L’orizzonte è buio quindi per qualsiasi prospettiva di democrazia basata su aggiornamento della cittadinanza e su idee e valori innovativi? Non proprio.
Certo quando si tratta di confrontarsi con gli esorcismi della paura, da invasione di immigrati, da incertezza di genere e di sesso, da calamità “naturali” climatiche e da epidemie, con i loro cerimonieri rassicuranti, è facile cadere nella “vuate” (“colà te vuate” – cadere nella trappola – locuzione friulana). Ma quando si tratta di dare una valutazione di persone a cui affidarsi nelle logiche di vicinato concretamente misurabili, ecco che i giudizi cambiano e talvolta premiano richieste di cambiamento e innovazione in contrasto con quanto il sentimento di paura ha precedentemente indicato.
Non so i particolari ma il caso Udine non è il solo in una pluralità di esempi inversi. A Vito d’Asio, ampia striscia di territorio della Val d’Arzino con poche centinaia di abitanti il tentativo precedente di elezione comunale era andato a vuoto. E qui, in totale contro tendenza tra voto regionale e comunale, nel primo caso si sceglie Fedriga (al 62% rispetto al 27% di Moretuzzo) e nell’altro si premia una proposta di sindaco del tutto nuova, non sicuramente congrua al voto regionale, sulla base di una pura scommessa di persone e forse di idee di cui sono portatrici, in contrasto quindi con una stasi apparente.
Per la non-destra che germoglia negli spazi regionali c’è quindi qualcosa in più che Udine, i prossimi cinque anni di amministrazione diranno se ne è valsa la pena, ma con Vito d’Asio si apre un capitolo che forse sposta l’attenzione su quella che dovrebbe essere una chiave fondamentale per leggere il futuro nel profondo del territorio.
Oltre che da Udine allora è ancora più utile ripartire, e verificare cosa succede, da Vito d’Asio.

Giorgio Cavallo